Avere 20 anni e pensare al futuro: ma il futuro dei ventenni, oggi, e’ cupo assai. Soprattutto, e’ un futuro in cui le parole ‘’diritti’’ e ‘’contratto’’ non fanno piu’ rima con la parola ‘’lavoro’’. A dimostrarlo e’ una indagine condotta dalla Cisl capitolina e dalle Acli, su un campione di ragazzi romani, ma la valenza puo’ essere considerata nazionale. Il dato piu’ sconcertante e’ che il 65% del campione intervistato si dichiara disposto a rinunciare a contratti regolari e diritti del lavoro in cambio di una qualunque occupazione. Cresciuti nello scenario della crisi, i Millenials si sono convinti (o li abbiamo convinti?) che la precarieta’ sia la regola, e di conseguenza la parola “lavoro” assume significati completamente diversi da quelli delle generazioni precedenti.
L’indagine, dal titolo ”Avere vent’anni e pensare al futuro”, è stata realizzata nell’ambito del progetto “Job to Go, il lavoro svolta!” realizzato dalle Acli di Roma e dalla Cisl di Roma Capitale e Rieti, su oltre 1000 partecipanti, con un’età compresa fra i 16 e i 29 anni, residenti a Roma e nella provincia.
I sentimenti che i giovani intervistati associano al futuro sono la confusione (36%), la precarietà (26,6%) e l’angoscia (26,3%) ma per fortuna anche tanta speranza (per il 61,3%). Proprio per questa profonda insicurezza legata al proprio futuro, molti sono disposti a rinunciare anche a diritti fondamentali pur di avere o mantenere un lavoro: il 28,2% direbbe addio ai giorni di malattia, il 26,6% alle ferie, l’11,1% alla maternità. Il 30,3%, poi, non avrebbe difficoltà ad accettare un impiego che non corrisponda al proprio corso di studi.
Le prime problematiche vengono riscontrare già in ambito scolastico: il 46,3% dice di essere abbastanza o molto in disaccordo sul fatto che la scuola fornisca strumenti per inserirsi nel mondo del lavoro. Soltanto il 23,3% dice di essere abbastanza o molto d’accordo. Inoltre, per accelerare il passaggio dalla formazione al lavoro, per il 57,1% sarebbe necessario incentivare le forme di alternanza tra scuola e lavoro e per il 39,6% bisognerebbe coinvolgere le imprese nella definizione di programmi d’istruzione. Diverso il discorso legato all’università: le motivazioni di chi sceglie di frequentarla sono da ricercare nella possibilità di trovare un impiego coerente con i propri interessi (41,8%), la difficoltà di trovare occupazione senza un titolo universitario (36,9%) e l’opportunità di trovare un lavoro redditizio (34,2%).
Nonostante, però, questa sostanziale sfiducia nei confronti del mondo del lavoro, i giovani romani hanno fiducia nei propri mezzi e si vedono come soggetti adattabili, in grado di leggere le situazioni, tenere il comportamento più consono, offrendo il contributo richiesto in un dato momento. Il 27,5% ritiene che l’affidabilità sia la propria caratteristica rappresentativa, il 23% dice la capacità di apprendere, mentre il 19,1% la creatività. Per quanto riguarda invece i propri punti di forza, il 45,8% sostiene sia il risolvere problemi, l’organizzare situazioni per il 42,6%, l’essere motivato per il 38,6% e il saper lavorare in modo autonomo per il 34,3%.
Infine, emerge dalla ricerca come, per i giovani romani, sia determinante il ruolo della dimensione economica anche nella scelta di costituire una famiglia propria. Tra gli intervistati il 77,6% si dichiara molto d’accordo nel riconoscere la necessità di un lavoro stabile per mettere su famiglia. In merito a quali siano gli ambiti di intervento suggeriti dai giovani romani per supportare i progetti familiari, si delineano due posizioni: una maggioritaria che vede nel lavoro (65,9%) e nella casa (10,1%) i settori dove concentrare gli interventi; l’altra, abbracciata da circa un intervistato su quattro, che propone di intervenire su servizi per le famiglie (12%) e credito (12%).