Alessandro Genovesi e’ da pochi mesi segretario generale della Fillea, la categoria degli Edili della Cgil. Poco prima dell’estate, ha rilasciato al Diario un’intervista video nella quale, tra l’altro, sottolineava la necessità di mettere in sicurezza il territorio nazionale, strutturalmente esposto a tutti i rischi possibili. Oggi, nel pieno dell’ennesima emergenza causata dagli eventi sismici di agosto e ottobre, torniamo a chiedergli la sua opinione su come il governo sta affrontando il terremoto nel centro Italia. E il giudizio e’, in buona parte, positivo, ma con alcune incognite: “dopo il terremoto di Amatrice –spiega- il governo aveva impostato una strategia intelligente e da noi condivisa. Ma ora tutto andrà rivisto alla luce della nuova situazione dopo gli eventi di ottobre. E qui temiamo si possano verificare dei problemi”.
Cosa intende, esattamente?
Partiamo dall’inizio: col decreto di agosto l’esecutivo ha compiuto diverse scelte positive. La prima, quella di ricostruire anche le seconde case, quindi venendo incontro all’esigenza di rilancio delle attività economiche in zone che sostanzialmente vivono di turismo. Il tutto dentro
una visione che teneva insieme ricostruzione, miglioramento e politiche di sviluppo per quelle aree interne. La seconda, puntare sulla trasparenza e legalità per quanto riguarda la gestione degli appalti per la ricostruzione. La terza, considerare come denaro pubblico anche la ricostruzione privata, di conseguenza sottoposta ai medesimi controlli. Infine, e’ ovviamente positiva anche la decisione di dare un ruolo ai sindacati per quanto riguarda la ricostruzione: dal contrasto degli abusi e del lavoro nero, alla gestione degli operai, mense, alloggi, ecc. Qui manca solo un punto: utilizzare anche il Documento per la congruità, che vuol dire verificare che tra quantità di lavori e lavoratori vi sia una “congruità” appunto, per evitare lavoro grigio e sotto dichiarazioni.
E allora dov’e’ che potrebbero sorgere problemi?
Il decreto di agosto era uno strumento pensato per un’area contenuta: una quarantina di comuni e qualche migliaio di persone. Ma gli ultimi fatti costringono a superare questa impostazione: dopo i terremoti di ottobre il quadro e’ cambiato, l’area interessata si e’ ingigantita e le persone coinvolte sono un centinaio di migliaia. Dunque, occorreranno modifiche, giustamente. E pero’ occorre anche che siano salvaguardati gli elementi base del primo decreto, la filosofia che conteneva..
Cosa temete che cambi, in particolare?
Temiamo che a star dietro al mantra di questi giorni, al ‘’dobbiamo fare in fretta’’, si finisca per derogare dal codice degli appalti, per esempio. Non sappiamo se il governo si limiterà a varare un altro decreto di spesa, o un nuovo veicolo normativo, ma comunque stiamo all’erta perché il rischio, come ho detto, e’ che in nome della rapidità di azione si finisca per uscire dalle regole.
A parte la gestione dell’emergenza terremoto, cosa pensa di Casa Italia, il piano voluto da Renzi per la prevenzione e la messa in sicurezza del territorio? Lei aveva molto caldeggiato qualcosa di simile, nella nostra conversazione di luglio. La convince?
Si, nelle grandi linee, finora pero’ solo dichiarate. Ma e’ un progetto che partirà dal 2017, lo giudicheremo in corso d’opera. Il nostro e’ un paese strano: abbiamo la migliore protezione civile del mondo, ma un territorio fragilissimo che non e’ mai stato messo in sicurezza. Ora lo si vuole finalmente fare, ma bisogna partire da una lettura integrata del territorio, dal punto di vista energetico, idrogeologico, sismico. Bisogna avere consapevolezza che frane, alluvioni, terremoti, tutto si tiene: quindi, ci vuole una visione complessiva a sostegno di un piano che necessariamente sarà pluriennale, pluridecennale. E poi, occorre anche avere il coraggio di aggredire qualche potere forte.
Per esempio?
Si deve rendere finalmente obbligatorio il fascicolo del fabbricato: un certificato che dica con chiarezza in che condizioni si trova ogni singola abitazione, ogni singolo palazzo, dal punto di vista sismico.
Effettivamente, e’ strano che proprio da noi non sia un obbligo, mentre lo e’ in tutta Europa.
Appunto. Segno che ci sono resistenze forti. Per ora, da poco, e solo per le compravendite, l’unico obbligo e’ quello della certificazione energetica. La nostra richiesta e’ che si renda subito obbligatorio anche il fascicolo del fabbricato, in un primo momento almeno per chi vende o acquista una casa.
Questo comporterebbe però dei costi, che forse non tutti sarebbero in grado, o non avrebbero voglia, di accollarsi.
Intanto, la legge di bilancio già prevede che la certificazione antisismica sia detraibile fiscalmente: la ritengo una misura positiva e importante, anche culturalmente. Inoltre, si possono creare appositi veicoli finanziari per usare al meglio il sistema dei ‘’crediti’’ che danno diritto ai rimborsi, rendendoli ‘’bancabili’’. In pratica, un sistema di leva finanziaria, attraverso le banche che potrebbero anticipare i fondi, avendo la garanzia dello Stato come ultima istanza. Anche questo costituirebbe un salto di qualità nella scarsa cultura antisismica del paese.
Proprio le risorse finanziarie restano il problema numero uno. Basteranno gli stanziamenti previsti del governo?
Le stime per la messa in sicurezza parlano di una forbice tra i 100 e i 250 miliardi di costo, a seconda se si includa solo l’edilizia privata delle aree 1 e 2, o anche quella pubblica e le aree 3 e 4. Cifre enormi, certo: ma considerando che i danni dei precedenti terremoti, frane o alluvioni ci costano un esborso di 5 miliardi all’anno, che pagheremo ogni anno fino al 2040, direi che il gioco vale la candela. Invito a leggere il rapporto Ance-Cresme del 2012: contiene dati sconvolgenti, che dovrebbero rendere chiara a tutti la portata dei problemi di cui stiamo parlando, e di quanto sia urgentissimo risolverli, a qualunque costo. Ne beneficerebbe il Paese, si creerebbero migliaia di posti di lavoro, sarebbe un toccasana per i nostri conti pubblici.
Nunzia Penelope