Il dossier “Poveri noi” di Openpolis, osservatorio civico della politica italiana, certifica come in Italia il tasso di povertà si raddoppiato negli ultimi dieci anni. Nel 2005 infatti circa 2 milioni di persone, il 3,3% della popolazione, vivevano in una situazione di povertà assoluta. Nel 2015 i numeri ci dicono come i poveri nel nostro paese siano raddoppiati, arrivando a 4,6 milioni di persone, il 7,6% dei residenti, con i giovani ad essere la fscia più a rischio. Si è assistito infatti, ad un vero e proprio ribaltone generazionale.
Dieci anni fa i più poveri erano gli over 65, con una percentuale che si aggirava al 4,5. Oggi questo dato è sceso al 4,1%, mentre è cresciuto nella popolazione più giovane: di oltre 3 volte tra i giovani adulti (18-34 anni) e di quasi 3 volte tra i minorenni. Una situazione di disagio che ha fatto esplodere il fenomeno dei neet, dove l’Italia conquista il triste primato nella fascia 15-24 anni, e la seconda piazza, dietro la Bulgaria, per i giovani tra i 15 e i 29 anni.
La perdita elevata di posti di lavoro e la difficoltà nel trovare un’occupazione sono le cause principali della povertà. L`incremento più drammatico si è avuto tra 2011 e 2013, quando i poveri assoluti sono passati dal 4,4 al 7,3% della popolazione, inoltre vivono in povertà assoluta circa il 20% delle famiglie nelle quali la persona di riferimento è in cerca di un lavoro. Anche i profondi mutamenti che la struttura del mercato del lavoro ha subito negli anni di crisi, hanno inciso sul benessere degli italiani. Nelle famiglie operaie il tasso di povertà assoluta è triplicato tra 2005 e 2015, passando dal 3,9 all`11,7%. Inoltre nel corso dei 10 anni è aumentato il numero di persone che lavorano con contratti di poche ore: +28,07% chi lavora tra 11 e 25 ore a settimana, +9,06% chi lavora anche meno di 10 ore a settimana.
Anche le donne, oltre i giovani, hanno risentito più di altri degli anni di recessione. La povertà femminile si è raddoppiata nel decennio 2005-2015, in linea con i numeri nazionali, ma a pesare è soprattutto il divario salariale coi colleghi maschi, (dal 5,1% del 2007 al 6,5% 2014). La povertà femminile è imputabile soprattutto alla difficoltà che le donne hanno di accedere al mercato del mercato del lavoro, specie dopo la maternità.
In questo contesto, continua il dossier, il welfare italiano non sembra capace di far fronte ai nuovi disagi. Il nostro paese spende in protezione sociale 21,4% del Pil, sopra alla media europea, senza però investire consistenti nel compattare il rischio di povertà ed esclusione sociale, con una spesa che si attesta al 6,5%, ben al di sotto di quella di molti altri paesi europei.