L’accordo Confindustria -sindacati sul nuovo modello contrattuale e’ ormai una sorta di telenovela brasiliana, con tanto di “macumbe” maledette a renderne impervio il cammino. Sembra quasi che un destino avverso si accanisca contro la buona volonta’ di chi questo accordo ritiene importante per rinnovare le relazioni industriali. L’ultima prova e’ arrivata il 7 dicembre, con l’attesissimo incontro tra i leader di Cgil, Cisl e Uil e il presidente degli industriali Vincenzo Boccia.
Le dichiarazioni dei protagonisti, alla vigilia dell’incontro, lo davano come ‘’inizio’’ (l’ennesimo) di una trattativa sul nuovo modello contrattuale; il comunicato congiunto finale, invece, lo ribattezzava, o derubricava, come prima seduta esplorativa di un non meglio precisato ‘’patto della fabbrica’’, slogan lanciato in ottobre dallo stesso Boccia. E i contratti? ‘’Di contratti non si e’ parlato’’, tagliava corto Susanna Camusso al termine dell’incontro. Non certo per mancanza di tempo: la riunione e’ durata circa quattro ore. E seppure una parte saranno certamente trascorse in convenevoli e cortesie varie, il tempo rimasto sarebbe stato sufficiente per, almeno, gettare le basi del confronto. Invece niente. Al termine, le parti si date un vago appuntamento in una data ancora da definire, orientativamente nella seconda meta’ di gennaio.
Le ragioni del rinvio, per una volta, non sono a carico dei sindacati: stavolta e’ la Confindustria ad avere problemi. Ed e’ stato infatti Boccia a chiedere di soprassedere, almeno per il momento. Chiedendo, addirittura, che non si usasse più il termine ‘’modello contrattuale’’ ma ‘’assetti contrattuali’’. Sembra una variazione lessicale da poco, ma e’ invece di assoluta sostanza. Intanto, la parola ‘’modello’’ implica un sistema valido per tutti: e già questo innervosisce il clima nella base degli associati a Confindustria, preoccupati e infastiditi dall’idea di dover applicare tutti un unico schema di contratti, mentre i fatti provano che i meccanismi possono essere differenti per ciascuna categoria: i metalmeccanici, per esempio, hanno fatto un contratto innovativo, molto applaudito sui media, ma molto meno in casa confindustriale, dove non tutti intendono seguire le orme di Federmeccanica, anzi.
La prova, e che il contratto del Legno, firmato pochi giorni dopo i meccanici, delinea un ‘’modello’’ del tutto differente: tanto che, a quanto si dice, il rappresentante della Confindustria nella delegazione alla trattativa non lo ha sottoscritto, limitandosi a ‘’prendere atto’’.
Insomma: ogni categoria, settore, ci tiene innanzi tutto ad avere mani libere, a non essere imprigionato in uno schema calato dall’alto. Il che, ovviamente, complica parecchio la vita di Boccia, nel momento in cui si avvia ad aprire un confronto con i sindacati. Di qui, la richiesta del presidente degli industriali a Cgil, Cisl e Uil: lasciamo perdere il termine ‘’modello contrattuale’’, d’oggi in avanti chiamiamolo ‘’assetto della contrattazione’’, piu’ ampio e vago, cosi si evita di urtare suscettibilita’ varie. E poi, meglio ancora, lasciamo decantare il clima, parliamo d’altro, che argomenti non ne mancano. Prendiamola, insomma, alla lontana. Poi, si vedra’.
Ma non e’ tutto. C’e’ infatti anche un altro grosso problema che rende teso il clima in Viale dell’Astronomia, e sono gli accordi sulle nuove relazioni industriali che i sindacati hanno gia’ firmato con Artigiani e Commercianti. Nelle intese, infatti, entrambe le categorie allargano il proprio campo oltre i limiti tradizionali del commercio e dell’artigianato, spingendosi in quel terreno estremamente ‘’redditizio’’ che e’ oggi il comparto dei servizi. Gli Artigiani dedicano a questo settore una delle quattro nuove aree contrattuali definite nell’accordo con Cgil, Cisl e Uil, mentre la Confcommercio, a sua volta, rivendica la rappresentanza di quasi tutto il mondo dei servizi. Un mondo dal quale, a questo punto, la Confindustria rischia di restare tagliata fuori. Di qui, un’altra ragione di forte fibrillazione nel sistema. Per questo, nel comunicato congiunto del 7 dicembre Boccia ha voluto inserire un passaggio che mettesse al centro dell’agenda futura la definizione dei ‘’perimetri contrattuali’’: un segnale al proprio interno, ma anche all’esterno. Qui un aiuto potrebbe arrivare dalla ‘’misurazione’’ della rappresentanza anche del mondo delle imprese, cosi’ come gia’ avviene per i sindacati: un accenno in questa direzione, il 7 dicembre, e’ stato fatto, e Boccia non ha ‘’chiuso’’. La partita però e’ complicatissima, e non si risolverà in un paio di sedute.
Sia come sia, presi i dovuti accordi, i leader sindacali e la Confindustria si sono salutati e dati un appuntamento, con comodo, dopo le feste.
Ma chissa’ se si terra’ mai, questo incontro. Non bisogna dimenticare, infatti, che tutto questo avveniva il 7 dicembre: data dopo la quale si sono succeduti un paio di eventi che hanno cambiato drasticamente il gia’ complicatissimo quadro. Il primo evento e’ la vittoria del no al referendum, che ha causato la fine del governo Renzi: Boccia ha cosi’ perso il suo migliore alleato, mentre i sindacati si sono liberati del loro piu’ ostinato oppositore. Confindustria, tra l’altro, ulteriormente indebolita dall’aver strenuamente sostenuto il Si, si e’ trovata sbattuta nelle schiere degli sconfitti ( a differenza di Cisl e Uil, che pur favorevoli alle riforme, avevano tenuto un profilo assai basso), mentre la Cgil, che ha combattuto altrettanto strenuamente per il No, si e’ potuta fregiare della vittoria.
E qui veniamo al secondo terremoto, causato, per l’appunto, dalla Cgil, o meglio dai suoi referendum anti Jobs Act. I tre quesiti, com’e’ noto, riguardano voucher, appalti e, soprattutto, ripristino dell’articolo 18 in chiave ancor piu’ stringente rispetto alla stessa Legge 300. La Cassazione ha gia’ convalidato le firme, manca solo il via libera della Consulta, atteso per l’11 gennaio. Boccia non l’ha presa bene: il suo commento, molto vicino a una minaccia, e’ stato che ‘’ a questo punto, nessun imprenditore assumera’ piu’, in attesa di capire come va a finire il referendum’’. La Cgil, probabilmente, non ci tiene davvero ad andare alle urne: piu’ interessata, caso mai, a portare all’attenzione del parlamento la sua proposta di legge organica di riforma, la Carta dei diritti del lavoro. Ma se la Consulta l’11 gennaio dovesse dare il via libera, la confederazione sarebbe comunque costretta a buttarsi nella nuova mischia elettorale. In qualche modo, vittima del suo stesso successo. E a questo punto, l’accordo sul nuovo modello contrattuale a chi mai importerebbe piu’?
Nunzia Penelope