Abbiamo chiesto al segretario generale della Fit-Cisl, Antonio Piras di illustrarci la situazione del trasporto pubblico nazionale, della vertenza Alitalia e della possibile privatizzazione di Frecce -Trenitalia.
Prima di affrontare il caso Alitalia e la possibilità che il Governo privatizzi una parte di Ferrovie Italiane, le chiedo di illustrarci la situazione dei trasporti pubblici nazionali
Abbiamo tante eccellenze e altrettante criticità gravi. È un quadro a macchia di leopardo come molti altri ambiti economici del nostro Paese. Passiamo da realtà come Ferrovie dello Stato Italiane, che macinano utili e si espandono all’estero acquisendo società ovunque, dal Regno Unito alla Grecia, a settori come quello del trasporto pubblico locale, dove molte aziende hanno i conti in rosso o sono a un passo dal fallimento.
Anche i settori del trasporto aereo e della logistica sono in grave crisi, a causa di una liberalizzazione mal riuscita e mai governata. In particolare nella logistica, in alcuni centri si registrano situazioni di caporalato talvolta peggiore di quello che vi è in agricoltura.Invece il trasporto marittimo e i porti hanno resistito bene alla crisi economica e ora hanno bisogno di essere rilanciati: aspettiamo di vedere gli effetti della recente riforma della portualità, che non è ancora completamente operativa.
Diverso è il discorso per le autostrade e per Anas. Le prime sono un monopolio di fatto, che quindi si è arricchito nonostante la recessione economica; la nostra azione è orientata a far diventare i pedaggi non tasse, come sono ora di fatto, ma il corrispettivo del servizio erogato e degli investimenti realizzati. Anas invece è un’azienda con un grande potenziale di investimenti, ma è bloccata dai lacci e lacciuoli della Pubblica Amministrazione: auspichiamo che vengano accelerate le “nozze” di Anas con Fs, così che la società che nascerà possa essere davvero un player internazionale in grado ancora di più di investire e creare nuovi posti di lavoro.
Quando è iniziata la crisi di Alitalia e per quale motivo?
Non solo non lo sappiamo noi che siamo il sindacato, ma sembra che non ne siano a conoscenza nemmeno i vertici e questo è uno dei tanti aspetti inaccettabili di questa vertenza. Nel 2014 con responsabilità e sacrifici da parte di lavoratori e organizzazioni sindacali, abbiamo consegnato alla nuova proprietà di Alitalia una compagnia aerea risanata pronta per essere rilanciata sul mercato. Stiamo ancora aspettando che la società spieghi a noi e ai lavoratori come ha dilapidato gli sforzi fatti. Una cosa è certa: la responsabilità non può essere imputata ai dipendenti, perché il costo del lavoro in Alitalia è più basso che nelle altre grandi compagnie europee come Lufthansa ed Air France. È ovvio che qualsiasi vettore “tradizionale” non può essere paragonato al modello di business delle low cost.
Il prossimo 23 febbraio ci sarà uno sciopero contro le inadempienze della dirigenza Alitalia che non ha saputo mettere in campo un piano industriale adeguato che non debba prevedere ulteriori esuberi. Quali sono le richieste della Fit-Cisl?
Che l’azienda smetta con le azioni unilaterali e si sieda al tavolo di trattativa. È inaccettabile che lo scorso 15 dicembre abbia disdetto il ccnl quando in tutto il settore del trasporto aereo stiamo iniziando le trattative per il suo rinnovo. E questo è solo l’ultimo atto di una serie di scelte che Alitalia ha compiuto senza consultarci. Non è così che si risolleva un’azienda in crisi: occorrono partecipazione e contrattazione. Ma soprattutto è necessario partire dal piano industriale: come immaginano i dirigenti il rilancio della compagnia? Che senso ha chiedere sacrifici al buio ai lavoratori? In cambio di cosa?
Il Ministro dei trasporti e delle infrastrutture ha convocato i sindacati per un incontro. Cosa vi aspettate e quale è stato, fino ad ora, il contributo del Governo su Alitalia?
È stato importante: hanno fatto bene i ministri Delrio e Calenda a insistere che l’azienda presenti un piano industriale serio prima di aprire il discorso esuberi. Il 20 febbraio ci aspettiamo che i due Ministri, insieme a Poletti, ribadiscano la linea tenuta finora, cioè continuino a seguire da vicino la vertenza ponendo dei paletti inevitabili. Infatti gli eventuali esuberi sarebbero un ennesimo costo per la collettività, non solo economico, chiaramente: e allora in cambio di cosa dovrebbero essercene? In generale, però, auspichiamo che il Governo metta mano a una riforma del settore del trasporto aereo che, come dicevo all’inizio, è in crisi, deregolamentato, con le imprese che si auto-cannibalizzano nel tentativo di offrire il prezzo più basso e aziende low cost straniere che vengono qui in Italia a fare concorrenza sleale, macinando utili, pagando le tasse all’estero e sottopagando i lavoratori.
Sulla stampa è trapelata la notizia, mai smentita, della possibilità di privatizzare le Frecce di Ferrovie Italiane. Cosa ne pensa?
Da mesi ribadiamo che non intravediamo una ragione plausibile per privatizzare un segmento fortemente integrato nei processi industriali di Trenitalia. Lo scorporo delle Frecce vorrebbe dire duplicare tutta una serie di costi comuni e rinunciare alle economie di scala, alle razionalizzazione dei processi e agli efficientamenti realizzati negli ultimi anni che i lavoratori hanno pagato a caro prezzo. A valle di tale operazione si potrebbe determinare una crisi di Trenitalia che coinvolgerebbe anche altre società del gruppo Fs. Saremmo gli unici in Europa a farlo: e allora mi chiedo il perché. Quali sarebbero i vantaggi per il Paese e per i cittadini italiani? Abbiamo molte domande da porre all’Ad Mazzoncini su questo progetto di quotazione delle Frecce ma non siamo stati ancora ricevuti: tale atteggiamento di chiusura non può che portare a un inevitabile peggioramento delle relazioni industriali.
Data la crisi persistente di Alitalia lei crede che privatizzare i trasporti nazionali sia una strada percorribile?
Il problema non è la proprietà ma il modello industriale e la capacità professionale del management. I fatti dimostrano che le privatizzazioni nel nostro Paese non hanno portato i benefici attesi benché siano stati realizzati con obiettivi di razionalizzazione, rilancio e miglioramento dei servizi per i cittadini. Ci sono aziende pubbliche che sono finanziariamente sane, efficienti ed efficaci e aziende private o privatizzate che scaricano sui lavoratori e sulla collettività, attraverso il sistematico ricorso agli ammortizzatori sociali, le loro incapacità imprenditoriali.
Spesso la privatizzazione è stata presentata come una possibilità di efficienza contrapposta al pubblico degli sprechi e della burocrazia. Cosa pensano i lavoratori rispetto a questa questione e qual è la posizione del sindacato?
Il problema non è se sia meglio il pubblico o il privato, ma conta come si fanno le cose: Alitalia è privata eppure non funziona. Fs è pubblica eppure non solo produce centinaia di milioni di euro di utili, ma sta per fare più di mille assunzioni grazie a un accordo per il ricambio generazionale che abbiamo sottoscritto pochi giorni fa. Il sindacato fa la sua parte con la contrattazione dei ccnl, cioè dando regole comuni al lavoro nei vari settori dei trasporti, ma il resto deve farlo il Governo, mettendo paletti precisi, non consentendo degenerazioni come quelle della logistica, dove vige il caporalato e dove periodicamente deve intervenire il ministero dell’Interno a ristabilire l’ordine. Occorrono soluzioni definitive, ma soprattutto una visione di lungo periodo.
Alessia Pontoriero