Confindustria e sindacati stanno trattando, ma curiosamente non viene affrontato il tema che doveva essere centrale in questo confronto, quello di un nuovo sistema contrattuale. I sindacati hanno già raggiunto in merito accordi con piccole imprese, commercianti e artigiani, ma con gli industriali il discorso è difficile. Per diversi motivi. Tiziana Bocchi, segretaria confederale della Uil, che tratta per la confederazione con gli industriali, crede che presto si arriverà a parlare anche del modello di contrattazione. Ma, intanto, si sta trattando anche un sistema per calcolare la rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali, cosi come gia’ definito per quelle sindacali.
Tiziana Bocchi, come procede il dialogo tra i sindacati confederali e Confindustria?
Stiamo portando avanti incontri tecnici su diversi argomenti.
Quali argomenti?
Quelli legati alla nostra contingenza difficile, il progetto Industry 4.0, la formazione, la riqualificazione professionale, il welfare, la bilateralità. Ma certamente la nostra attenzione va al tema, mai abbandonato, di un nuovo modello contrattuale.
Ma su questo tema specifico, il nuovo sistema di contrattazione, il confronto è in corso o no?
In realtà non stiamo facendo passi in avanti. Ma si deve considerare anche il fatto che in questi mesi sono successe molte cose. Da quando Cgil, Cisl e Uil hanno messo a punto il loro documento, nel gennaio dello scorso anno, abbiamo raggiunto importanti accordi interconfederali con piccole imprese, commercianti e artigiani.
Perché non con Confindustria?
Per diversi motivi. Soprattutto perché in questi mesi abbiamo raggiunto accordi per il rinnovo di una lunga serie di contratti collettivi scaduti. Sono stati rinnovati 37 contratti nazionali di categoria, per oltre cinque milioni di lavoratori.
Ma proprio perché sono stati rinnovati tutti questi contratti, diversi tra loro, sarebbe il caso di arrivare adesso a mettere a fuoco un modello di contrattazione che vada bene per tutti.
Certo, e infatti noi siamo intenzionati a raggiungere questo risultato.
Però non ne state parlando.
Per ora nel confronto che stiamo portando avanti abbiamo affrontato temi urgenti, legati appunto alla crisi produttiva, economica e occupazionale che stiamo vivendo. Le ristrutturazioni, industriali, le riorganizzazioni, temi difficili che non possono essere trascurati.
Ma Confindustria vuole davvero parlare del nuovo modello contrattuale?
Non ha mai negato di volere un accordo, quindi noi ci speriamo altrettanto seriamente.
Tanti accordi di rinnovi di contratti, tutti importanti, ma anche tutti molto diversi tra loro. Questa diversità può rappresentare un freno per l’accordo su un modello unico per tutti?
Tutti i contratti hanno ribadito la centralità del contratto nazionale e sono riusciti a far crescere i minimi salariali. Certo, le differenze ci sono perché ogni categoria ha trovato gli aggiustamenti adatti alle loro esigenze. Ma non vedo distinguo pregiudiziali, ideologici.
Quindi un accordo può essere trovato ?
Per noi sì, e per questo ci battiamo. Dobbiamo partire da queste differenze e trovare una sintesi unitaria. Questo è il modo di procedere.
Confindustria si rende conto che, proprio per il fatto che sono stati già raggiunti importanti accordi interconfederali su questi argomenti centrali, e tutti di grande qualità, può essere in dubbio la sua leadership, mai messa in forse in tanti decenni?
Non è una questione di leadership, ma certo Confindustria deve tener conto di questi accordi, devono essere un punto di partenza del loro stesso ragionamento. Altrimenti non si va da nessuna parte.
Con Confindustria state parlando anche di rappresentanza?
Sì, in maniera molto concreta.
Ma non avete già trovato un accordo in merito con gli industriali?
Sì nel gennaio del 2014, ma l’attuazione è lunga.
Un po’ troppo lunga.
Non è stato facile mettere a punto questo sistema, che vede un monitoraggio di tutta la sindacalizzazione in tutta l’industria. Ci stiamo avvicinando alla conclusione di questo iter. Ma il nostro confronto mira a un altro risultato.
Cosa cercate?
Vogliamo mettere a punto un sistema di valutazione della rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali. Ci contiamo noi, si devono contare anche loro.
E Confindustria è d’accordo?
Hanno detto di essere disponibili. Del resto, gli altri accordi interconfederali si sono espressi positivamente anche su questo tema. Tutti vogliono contarsi, non fosse che per evitare la realtà dei contratti pirata.
Sarà difficile arrivare a un accordo su questo?
Speriamo proprio di no.
E poi una legge di sostegno?
E’ quello che chiediamo noi.
Massimo Mascini