L’Annuario del lavoro 2016 ha riportato tra le altre cose un lungo articolo del professor Tiziano Treu, che ha fatto il punto delle diverse riforme del lavoro che si sono succedute in questi ultimi anni, facendo il punto argomento per argomento. Un lavoro importante, per l’autorevolezza di chi lo ha redatto, soprattutto perché l’affastellarsi dei diversi interventi ha causato molta incertezza. Una voce chiara che spieghi nei dettagli, per ciascun istituto cosa è accaduto e indichi anche cosa sarebbe bene fare, rappresenta un aiuto importante per chi si aggira nel vasto mondo del lavoro.
E’ nella considerazione della rilevanza di questo lavoro che abbiamo deciso di farlo conoscere a tutti i lettori de Il diario del lavoro che non sempre si identificano con quelli dell’Annuario del lavoro. Pubblicheremo così i diversi paragrafi del lavoro del professor Treu che ringraziamo per la disponibilità che ci ha dimostrato.
Le riforme del lavoro degli ultimi anni (quarta puntata)
5. La ridefinizione dei confini fra lavoro dipendente e autonomo: il criterio della etero direzione
L’art.2 del dlg 81/2015 è fra le norme più discusse del decreto, perché non si limita ad abolire il contratto a progetto bensì interviene nella ultradecennale querelle qualificatoria riguardante la distinzione fra rapporto di lavoro subordinato e lavoro autonomo.
L’innovazione centrale del decreto discende dalla scelta di sostituire al criterio della etero direzione, tradizionalmente utilizzato per identificare la subordinazione di cui all’art. 2094, il diverso criterio dell’etero organizzazione.
Sul significato di questo criterio, su cui anche io mi sono espresso, esistono posizioni diverse12. E’ indubbio che la nuova norma ha comportato uno spostamento dei confini fra lavoro subordinato e autonomo, con un ampliamento dell’ambito del lavoro subordinato a scapito di quello autonomo, e specificamente di quell’“area grigia” costituita dalla cd. parasubordinazione. La indicazione legislativa è più netta di quella proveniente dai precedenti tentativi di regolazione, che erano diretti a colpire i casi di abuso nella scelta del tipo con il ricorso alle presunzioni, variamente configurate. La tecnica delle presunzioni si è rivelata alquanto contrastata e di incerto utilizzo per motivi largamente condivisi; sono alla base del cambio di approccio del Jobs Act.
La riduzione delle collaborazioni è il risultato delle modifiche legislative culminate nel Jobs Act, cui hanno peraltro contribuito fattori diversi, economici e normativi: anzitutto l’aumento progressivo dei costi di questi rapporti che ne ha ridotto la distanza da quelli del lavoro subordinato, poi la maggiore attrattività sia economica sia normativa del nuovo contratto di lavoro subordinato a tutele crescenti, infine la ridefinizione dei confini fra i due tipi con l’allargamento della fattispecie, (o, secondo altre interpretazioni, dell’ambito di applicazione della disciplina) del lavoro dipendente.
E’ prevedibile, ma andrebbe verificato con verifiche di dettaglio, che le convenienze economiche introdotte dal legislatore, favoriscano l’attrazione nell’ambito del lavoro subordinato specie di quelle di collaborazione caratterizzate da forme di svolgimento e di organizzazione vicine a quelle tipiche della subordinazione. Una evoluzione in tal senso sarebbe coerente con l’adozione del nuovo criterio della etero organizzazione al posto di quella tradizionale e ne rafforzerebbe la fragile tenuta qualificatoria.
Il monitoraggio del ministero del Lavoro segnala alcuni cambiamenti nella composizione dei lavoratori parasubordinati esclusivi, che possono essere indicativi in questo senso. Il rapporto rileva come sia scesa in particolare la quota dei giovani fino a 34 anni, mentre è aumentata quella degli over 35. Così pure si è alquanto ridotto il numero dei collaboratori esclusivi in monocommittenza, un’altra categoria vulnerabile e provvista di redditi particolarmente bassi.
Ho già rilevato che l’allargamento dell’area della subordinazione è sollecitato dalle modifiche intervenute nei sistemi produttivi e nelle modalità del lavoro, già colte da parte della giurisprudenza. Le implicazioni future di questa scelta dipenderanno da come la nuova normativa influenzerà le decisioni dei giudici, e per altro verso dalla evoluzione delle modalità concrete del lavoro, specie nel confine mobile fra autonomia e organizzazione.