La Cgil boccia il Def che prevede da una parte stime sulla crescita “ottimistiche” e dall’altra previsioni di “mantenimento di tassi disoccupazione che arrivano all’11,8%” e che “non scendono mai neanche sotto il 10%, quindi una distanza molto significativa di quello che dovrebbe essere la priorità del Paese”. Così in audizione davanti alle commissione Bilancio di Camera e Senato la segretaria generale Susanna Camusso.
Per la Cgil il documento di economia e finanza ripropone “una serie di politiche già viste in anni precedenti che ci pare determinino una politica dell’austerità e che non intervengano sulla creazione di lavoro”.Le stime sulla disoccupazione, ha fatto notare Camusso, sono accompagnate poi “purtroppo da un’idea che il tasso di occupazione generale rimanga sempre attorno al 60%, non approfondisco qui ma – ha sottolineato – dentro questi numeri è chiaro che rimane un’urgenza di occupazione femminile e giovanile” con la “quota di disoccupazione giovanile straordinariamente alta”. Per la segretaria della Cgil, inoltre, ci sono forti preoccupazioni per la sorte del Servizio Sanitario nazionale, per il quale, sottolinea Camusso, “ci pare nel Def si confermi la politica di taglio proprio nel momento in cui avremmo invece bisogno di una sua espansione”: i numeri, infatti, dimostrano che “una quota consistente che rinuncia a ricorrere al servizio sanitario con un aggravio progressivo sui bilanci delle famiglie”. Infine, Camusso ha definito ‘’indeterminata’’ la formulazione del governo rispetto al rinnovo dei contratti pubblici.
Per Carmelo Barbagallo, leader della Uil, nel Def ‘’serviva piu’ coraggio’’: a lavoratori e imprese, ha spiegato, “interessa la riduzione strutturale del cuneo fiscale, e non uno scambio tra aumento dell’Iva e taglio del cuneo”. “In sostanza –prosegue Barbagallo- nel DEF non vediamo l’indicazione chiara per ridurre il carico fiscale sul lavoro”. Peraltro, ha osservato, senza il recupero del potere di acquisto dei salari e delle pensioni, l’economia rischia di non ripartire, “dal momento che la grande maggioranza del nostro sistema produttivo e industriale si rivolge alla domanda interna”.
Giudizio positivo, invece, sulla contrattazione di secondo livello a proposito “dell’implementazione delle quote di salario di produttività che possono essere soggette alla detassazione, così come l’incremento della platea dei beneficiari. Allo stesso modo –ha affermato Barbagallo- ci appare efficace la decisione di incentivare il coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro”.
“Riteniamo, inoltre – ha aggiunto – che, pur riconoscendo l’importanza del welfare aziendale è indispensabile che continui a essere incentivata soprattutto la quota propriamente salariale del premio. In quest’ottica, è fondamentale ribadire il valore e la funzione del primo livello di contrattazione, come strumento efficace per tutelare il reddito delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Per quanto riguarda la Cisl, il segretario confederale Maurizio Petriccioli ha innanzi tutto ribadito che “Il governo deve dare piena attuazione agli impegni assunti con l`intesa sulla previdenza e con l`accordo sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, così come è opportuno avviare, nello scampolo di legislazione che resta, un confronto con le parti sociali, per la riforma dell`Irpef”.
“Pure nell`attuale situazione che costringe l`Italia a fare i conti con i rigidi paramenti del fiscal compact, imposti da Bruxelles – secondo Petriccioli – è possibile adottare una strategia di politica economica e sociale maggiormente espansiva, in grado di rafforzare la domanda interna per consumi ed investimenti, con misure che incentivino la produttività, nel settore pubblico ed in quello privato e che riducano il costo del lavoro in modo selettivo, a beneficio delle sole imprese che incrementano la base occupazionale”.
“L`Italia deve farsi portatrice in Europa di un cambiamento delle regole del gioco – ha concluso – quanto mai necessario nei prossimi mesi, quando il programma di acquisto dei titoli pubblici della BCE verrà meno, attraverso il rilancio degli investimenti pubblici. E` l`unica strada per sconfiggere il sentimento di sfiducia dei cittadini europei, che mina la coesione sociale e minaccia il completamento del processo di integrazione politica ed economica”.