Emmanuel Macron, il nuovo divo della politica europea, il più giovane presidente di Francia, ha dato mandato di formare il governo che guiderà la Francia e la condurrà alle temibili elezioni legislative a un suo compagno di studi, Edouard Philippe.
La scelta è caduta su un esponente della destra moderata, stretto collaboratore di Juppè, e attuale sindaco di Le Havre. Si inizia dunque a delineare la strategia con cui Macron cercherà di capitalizzare il suo successo, ponendosi come interlocutore unico ( una sorta di amministratore delegato) di quell’area indistinta che abbraccia destra e sinistra moderata. Un’ operazione resa sicuramente possibile, oggi, a seguito della avvenuta nientificazione del partito socialista e del partito conservatore guidato da Fillon.
Ancora una volta la scelta di condurre la Francia fuori dal guado, dopo la triste parentesi di Francois Hollande, è stata affidata a un tecnocrate che cercherà , secondo quanto da lui stesso dichiarato, di coniugare il liberalismo in economia come nei rapporti sociali, la difesa del ceto medio e della classi più povere che la globalizzazione ha duramente colpito.
Certo con questi buoni propositi mal si concilia la designazione a primo Ministro di un uomo di destra. Non aiuta in questo senso la riproposizione di uno schema ( di grandi alleanze trasversali) simile a quello che nel nostro paese ha caratterizzato il governo Monti. Un altro tecnocrate dedicatosi alla politica in una situazione di emergenza che con Macron, aldilà della lontananza anagrafica, condivide la comune impostazione ideologica e formazione professionale.
Macron dunque, nonostante le grandi aspettative in lui riposte da larga parte della stampa e dalla politica nostrana, in prima fila l’immancabile segretario del PD Renzi, non sembra andare verso quella direzione riformista che i supporters di casa nostra volevano a tutti i costi scorgere in lui.
Certo bisognerà attendere la composizione del governo e le riforme che Macron ha intenzione di approvare rapidamente. A partire da una nuova Loi travail, che modificherà ( ma in quale direzione?) il provvedimento che Francois Hollande aveva trasformato in legge, ricorrendo ai poteri speciali che la Costituzione francese attribuisce al presidente, e che gli aveva, per la sua natura impopolare, alienato gran parte dei consensi del suo elettorale.
Non si capisce dunque l’ostilità con cui è stata accolta la scelta di Melenchon di non dare indicazioni di voto per Macron. Non regge certo il paventato pericolo di vittoria della Le Pen, a cui non credeva nessuno. Come immaginare, infatti, che elettori che per anni e anni avevano votato per partiti moderati potessero di botto consegnare la Francia a un’estremista xenofoba, priva di un programma di governo credibile come la presidente frontista?
Non regge neanche il tanto osannato europeismo di Macron se prima non ne vengono delineati gli assi portanti e decriptato il contenuto. In quale direzione Il presidente della Francia vuole riformare i trattati? Vuole un europeismo a due partner ( Francia e Germania) trattando direttamente con la Merkel o un europeismo aperto a tutti gli altri membri, paesi canaglia compresi?
Differenza non da poco conto, perché nel primo caso i problemi del sud Europa, Italia compresa, lungi dal trovare una soluzione, potrebbero peggiorare; nel secondo caso, si potrebbero invece delineare una svolta, anche se la cattiva performance di Schultz nelle elezioni di Germania, non è un buon viatico per una Europa rinnovata.
La partita dunque è solo all’inizio e, come sempre, solo il tempo sarà galantuomo.
Alla luce di questo, comunque, bene ha fatto Melenchon a tenersi le mani libere. Potrà così presentarsi alle elezioni legislative p.v. come un uomo libero, portatore di un’idea di Europa e di Francia che nulla ha a che vedere con quella dei tecnocrati a cui la stessa Europa si è consegnata per una estrema debolezza della politica.
Se questo non fosse avvenuto, e Melenchon avesse ceduto agli insulti di quanti gli davano dello sfascia carrozze, oggi la sinistra sarebbe più debole non solo in Francia ma in tutto il continente europeo.
Roberto Polillo