Si è tenuto in questi giorni il congresso della Cisl del Piemonte, che ha rieletto segretario generale Alessio Ferraris, che due anni fa aveva sostituito Giovanna Ventura, chiamata in segreteria confederale. Con il segretario abbiamo ripercorso questi due anni, molto difficili per la Cisl Piemonte per i problemi che sono stati affrontati, ma consolanti per i risultati che è stato possibile ottenere.
Ferraris, è stato un congresso difficile?
Difficile no, diciamo però che è stato un bel congresso. I problemi erano tanti, io ero al vertice dell’organizzazione da due soli anni, abbiamo lavorato bene, abbiamo preso, credo, le decisioni giuste per andare avanti spediti, così come ci chiede l’urgenza dei problemi da risolvere.
Quali erano le complicazioni che avete dovuto affrontare?
Quelle legate a una crisi che dura da dieci anni e non ci lascia vivere. Il Piemonte segue il destino del paese, in buona parte lo determina. Eravamo a fare i conti con una produttività in difficoltà, erano esauriti gli effetti di un modello contrattuale e dovevamo rinnovare tutti i contratti nazionali di lavoro. E poi dovevamo fare i conti con la fine degli ammortizzatori fiscali e parallelamente, con la non partenza delle politiche attive del lavoro.
Ce n’era da far tremare i polsi.
Sì, la situazione era molto seria. Siamo stati fortunati perché abbiamo potuto appoggiarci in questo difficile lavoro sulle decisioni che come Cisl nazionale abbiamo preso a novembre 2016 alla Conferenza programmatica a Riccione.
Cosa avete deciso in quella occasione?
Due cose che convergono. Abbiamo deciso di dare maggiore spazio e ruolo ai territori. E lo abbiamo fatto ampliando la partecipazione, nelle liste congressuali negli organismi del dopo congresso, di donne, giovani, immigrati, delegati. E abbiamo deciso di attuare un monitoraggio più ferreo sulla distribuzione delle risorse convogliate sul territorio. Abbiamo riordinato una materia e valorizzato il settore ispettivo, abbiamo agito sempre cercando una massima condivisione democratica. Non è stata una cosa d’imperio, tutti noi l’abbiamo voluta
Questo vi ha aiutato?
Sì, anche perché tutto questo lavoro, interno ed esterno, è stato attuato in un tempo molto breve. Quello che potevamo fare noi, l’abbiamo fatto. Adesso altre decisioni verranno prese al congresso nazionale. C’è da tener presente che in questi anni sono stati affrontati i grandi temi della contrattazione, cosa che per fortuna è stata portata avanti unitariamente dalle tre confederazioni sindacali.
La contrattazione in Piemonte gode di buona salute?
Nonostante la crisi, siamo riusciti a portare avanti la contrattazione, quando era possibile. Certo, se un’azienda chiude, c’è poco da discutere. Ma dove era possibile si è sempre contrattato. Per i rinnovi contrattuali, ma anche in vertenze di secondo livello. Non è stato facile, perché all’inizio i rapporti tra le tre centrali sindacali non erano caratterizzati da una forte spinta unitaria. Tanto è vero che la Cisl da sola ha raccolto 500mila firme per dare il via a una legge di iniziativa popolare sul fisco.
Poi queste difficoltà sono rientrate?
Per fortuna sì, grazie anche all’impegno di Annamaria Furlan. E così è partita anche la contrattazione sui posti di lavoro, così importante per far ripartire la produzione e quindi l’occupazione.
Come va l’occupazione in Piemonte?
La crisi ci ha lasciato un surplus di 60mila disoccupati. La media della nostra regione è due punti al di sopra della media del Nord. Se in tutte le regioni settentrionali è al 7,6%, in Piemonte è al 9,3%. Un dato che è di sprone per un lavoro intenso, che abbiamo portato avanti assieme alla Regione Piemonte.
Con buoni risultati?
Solo in parte, perché quando la Giunta Chiamparino si è insediata, ha trovato un buco di bilancio, nel 2015 pari a 10,2 miliardi di euro. Dal 2000 in poi le giunte regionali che si erano succedute avevano accumulato questa voragine. Dentro la quale almeno 2 miliardi afferivano al tema della sanità e della socioassistenza. Temi per i quali ovviamente la Giunta si è dovuta impegnare. C’era un piano di rientro, è stato mantenuto e portato avanti, tanto è vero che a fine 2016 la regione è rientrata nel piano previsto.
Non sarà stato facile.
No, anche perché la regione, per mancanza di sufficienti risorse, aveva difficoltà a portare avanti allo stesso tempo, come noi chiedevamo, da un lato il riordino della rete ospedaliera, quindi la riduzione delle unità di cura complesse, poi l’implementazione della rete dei servizi territoriali. Ma ci siamo riusciti, adesso si tratta di verificare l’attuazione degli impegni presi.
Con la Regione Piemonte avete trattato anche per la formazione?
Sì, perché la mancata partenza delle politiche attive del lavoro è un tema fondamentale per superare la crisi della disoccupazione. Abbiamo lavorato a lungo per la revisione della legge regionale sull’accreditamento degli enti che erogano formazione, perché i criteri per l’accreditamento tengano conto anche dei risultati ottenuti in termini di ricollocazione dei soggetti che seguono corsi di formazione professionale. Questo anche guardando alle esigenze che si porranno alle aziende con la quarta rivoluzione industriale.
Quali altre materia avete trattato con la Regione in questo periodo?
Due i temi su cui ci siamo impegnati. Il recupero dei dipendenti delle province, tutti sistemati. E un accordo per gli appalti, per il quale abbiamo recuperato tutte quelle indicazioni, a nostro avviso molto positive, che erano presenti nella bozza ultime del provvedimento nazionale, ma che all’ultimo momento erano state fatte cadere. Noi le abbiamo recuperate e siamo molto fieri di questo risultato.
Che rapporti avete avuto in questi due anni con Cgil e Uil?
All’inizio, l’ho già detto, non c’erano rapporti molto stretti. Poi per fortuna la situazione è cambiata e tutte le trattative con la Giunta regionale le abbiamo fatte in unità con Cgil e Uil. Un lavoro comune che ha dato buoni frutti.
Come ci siete riusciti?
Rispettando le differenze, ma minimizzandole. Sia chiaro, la crisi morde e morderà ancora, le difficoltà restano enormi, ma noi abbiamo dimostrato di saper lavorare bene. Due anni intensi, in cui non abbiamo toccato terra. Ma ne è valsa la pena.
Massimo Mascini