“Cambiare il piano, no ai licenziamenti”: questo è il titolo del comunicato unitario diffuso dai sindacati al termine dell’incontro svoltosi oggi al Ministero dello sviluppo economico sulla prospettata acquisizione del gruppo Ilva da parte di AM Investco Italy, la cordata capeggiata da Arcelor-Mittal, il colosso franco-indiano dell’acciaio.
Rispetto al primo incontro svoltosi sullo stesso tema nella mattinata di martedì 30 maggio, l’appuntamento odierno ha registrato solo un paio di novità. Ciò, in primo luogo, anche perché, come vedremo, entrambi gli appuntamenti hanno avuto un carattere prevalentemente informativo, più che negoziale.
Gli interlocutori erano gli stessi: per il Governo, il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e il sottosegretario Teresa Bellanova, appena eletta a far parte della segreteria del Pd. Come rappresentanti dei lavoratori, i sindacati dei metalmeccanici, ovvero Fim, Fiom, Uilm, e le confederazioni Cgil, Cisl Uil. Presenti anche dirigenti di Ugl e Usb. Infine, o forse in primo luogo, i Commissari cui, nel gennaio 2015, è stata assegnata l’amministrazione straordinaria dell’Ilva, e cioè Corrado Carrubba, Piero Gnudi ed Emilio Laghi.
Simile anche la miscela di insoddisfazione e preoccupazione cui si sono improntate, al termine dei due incontri, le dichiarazioni rilasciate dai leader dei sindacati confederali dei metalmeccanici, Bentivogli (Fim), Landini (Fiom) e Palombella (Uilm). Insoddisfazione perché, come ha dichiarato oggi Rocco Palombella ai cronisti presenti fuori dall’ingresso del Ministero in via Veneto, “non ci hanno fornito né i piani di investimento, né i dettagli relativi ai piani produttivi, e quindi alle loro conseguenze occupazionali, stabilimento per stabilimento”. Intendendo con ciò che, così come accaduto nell’incontro preliminare di martedì scorso, sia i commissari che il Governo sarebbero stati troppo avari di informazioni sui contenuti dei piani elaborati dalla cordata vincente.
Ma anche preoccupazione perché, da quanto reso noto nel corso dei due incontri, è emerso che, come ha detto ancora Palombella, in base al piano di AM Investco tra il 2018 e il 2023 “la produzione è destinata a salire, mentre l’organico dovrebbe scendere di 900 unità”. Il che, rispetto ai 14.200 addetti oggi in forza al gruppo Ilva, finirebbe per generare un esubero di circa 6.000 lavoratori. Senza contare ciò che ha ricordato Maurizio Landini. Ovvero che “oltre ai 14mila dipendenti dell’Ilva, fra Taranto e gli altri stabilimenti ci sono migliaia di lavoratori dell’indotto”. Lavoratori della cui sorte ancora nulla si sa.
E veniamo alle novità odierne. La prima, trapelata via agenzie di stampa già durante l’incontro odierno, e poi ribadita dai sindacalisti al termine della riunione, è che lunedì 5 giugno è la data entro cui il Governo dovrebbe emettere il decreto di aggiudicazione dell’Ilva alla cordata che è stata giudicata preferibile dai commissari straordinari, e cioè, come detto, AM Investco Italy, formata da Arcelor-Mittal, Marcegaglia e Intesa San Paolo. Da ciò deriva che dopo questa data, e quindi a breve, potrà partire il confronto a tre fra Governo, gruppo aggiudicatario e sindacati.
La seconda è che, mentre al termine del primo incontro ognuna delle tre maggiori confederazioni sindacali aveva emesso un comunicato congiunto con la propria federazione dei metalmeccanici (e quindi Cgil e Fiom, Cisl e Fim, Uilm e Uil), oggi è stato diffuso un comunicato stampa unitario che reca in calce tutte e sei le firme delle organizzazioni citate. Come a palesare una salda unità in vista dell’apertura di un negoziato che si annuncia, da un lato, come imminente, e, dall’altro, come particolarmente complesso.
Per comprendere la particolarità di questo prossimo negoziato, bisogna avere presente il percorso entro cui esso potrà svolgersi. La prima tappa è stata quella di cui si è avuta notizia alla fine della scorsa settimana, ovvero la conclusione di una parte del lavoro dei tre commissari, quella consistente nel giudizio sulle proposte di acquisto del gruppo Ilva loro pervenute. Giudizio che ha visto la proposta di AM Investco Italy prevalere su quella della cordata denominata Acciaitalia e composta dall’indiana Jindal South West, nonché da Arvedi, Delfin e Cassa Depositi e Prestiti.
La seconda tappa, conseguente alla prima, consisterà, come detto, nel decreto di aggiudicazione dell’Ilva alla cordata vincente. La quarta tappa, in una data al momento non definibile, consisterà invece nell’acquisto vero e proprio dell’Ilva. In mezzo fra seconda e quarta tappa si svolgerà la tappa che si prospetta come quella di gran lunga temporalmente più lunga, ovvero, appunto, il negoziato.
Secondo quanto sottolineato in particolare da Maurizio Landini, il Governo ha detto martedì, e ripetuto oggi, che l’accordo col sindacato sarà vincolante per poter procedere alla vendita del gruppo Ilva alla cordata aggiudicataria. Ora, in base a quanto spiegato al Diario del lavoro da una fonte sindacale, ciò dipende dal fatto che le leggi vigenti prevedono che l’accordo con i sindacati sia auspicabile ma non necessario solo qualora l’aggiudicatario dell’acquisto di un’azienda in amministrazione straordinaria si impegni a mantenere invariati l’organico dei dipendenti e i loro livelli retributivi. Qualora, invece, l’acquirente intenda ridurre il numero degli addetti e/o le loro retribuzioni, l’accordo con i sindacati è necessario per poter perfezionare l’acquisto.
Nell’affermazione del Governo i sindacati vedono, quindi, un’arma a doppio taglio. Perché, da un lato, riconosce in termini formali il ruolo dei sindacati. Però, dall’altro, rischia di scaricare sugli stessi sindacati le responsabilità di un eventuale mancato accordo. Di qui l’invito al Governo, lanciato anche dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a “fare il suo mestiere”, ovvero ad assumersi nel negoziato le responsabilità che gli competono per favorire il raggiungimento di un accordo che possa essere soddisfacente anche per i rappresentanti dei lavoratori.
Da questo punto di vista, va detto che per i sindacati non è importante solo il tema dell’occupazione. Uscendo dal ministero di via Veneto, Marco Bentivogli ha infattti scandito: “Dal Governo vogliamo rassicurazioni che quello di AM Investco sia un piano di rilancio vero dell’Ilva, e non un piano volto solamente ad assicurarsi delle quote di mercato detenute, in passato, da un suo concorrente”. Ciò che allarma i sindacati, infatti, è la notizia secondo cui AM Investco intenderebbe alimentare parte della produzione che dovrebbe svolgersi nello stabilimento di Taranto con delle bramme sfornate, è il caso di dirlo, da altre acciaierie possedute da Arcelor Mittal in Europa. Il che comporterebbe la riduzione della produzione di acciaio da altoforno a Taranto, concentrando principalmente nello stabilimento pugliese quantità, anche rilevanti, di cosiddette seconde lavorazioni. In pratica, produzione di laminati piani, i famosi coils, a partire da barre di acciaio prodotte altrove. Il che, necessariamente, ridurrebbe il grado di indipendenza produttiva di quella che è stata, in questi anni, la più grande acciaieria d’Europa.
In vista del negoziato, peraltro, i sindacati non si sono limitati a stendere un comunicato unitario. Oggi c’è stato un primo sciopero a Taranto. Lunedì 5 giugno, l’iniziativa di lotta sarà replicata a Genova e a Novi Ligure.
@Fernando_Liuzzi