“Papa Francesco è tornato alla casa del padre”. Con queste parole il cardinale Farrell ha annunciato al mondo la morte di Jorge Maria Bergoglio. Ma anche nel giorno della sua dipartita, la voce di uno dei suoi più acerrimi oppositori continua a tuonare contro il defunto pontefice.
Carlo Maria Viganò, l’arcivescovo condannato per scisma dal Vaticano, su X ha scritto che Bergoglio, definito un “non-papa e anti-papa”, “non potrà più nuocere al Corpo Mistico, nondimeno rimangono i suoi eredi, gli eversori che egli ha invalidamente creato “cardinali” e che da tempo si organizzano per assicurare un continuatore della rivoluzione sinodale e della destrutturazione del Papato”.
Nel suo post Viganò si rifà a un colloquio avvenuto nel 2018 tra Eugenio Scalfari e Bergoglio. “Le anime peccatrici non vengono punite: quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”.
“Questi farneticamenti ereticali – ha scritto Viganò – si oppongono direttamente alla Fede cattolica, la quale ci insegna che esiste per tutti un Giudizio particolare, cui Bergoglio non ha potuto sottrarsi. La sua anima non è dunque scomparsa, né si è dissolta: egli dovrà rendere conto dei crimini di cui si è macchiato, primo fra tutti l’aver usurpato il soglio di Pietro per distruggere la Chiesa Cattolica e perdere tante anime”.
Il prelato ultra conservatore e vicino a posizioni di estrema destra si è sempre contraddistinto per affermazioni sopra le righe. Durante il covid non poteva mancare la sua benedizione su tutti i convegni che vedevano nei vaccini l’incarnazione del male e nel virus un grande inganno per portare al compimento il Great Reset e assoggettarci tutti. I suoi strali si sono abbattuti anche contro l’apertura di Francesco nei confronti delle coppie gay concedendo loro la benedizione. Ma i suoi attacchi non hanno risparmiato né i migranti né le attenzioni di Francesco nei confronti dell’ambiente e nella difesa della nostra casa comune.
Un volto della Chiesa duro e arcigno, nella quale non sembra esserci posto per le sofferenze degli ultimi. Un volto che non vogliamo. La morte di Francesco cade in un momento terribile per il mondo, dilaniato a ogni latitudine da guerre e violenze.
“Vorrei che tornassimo a sperare che la pace è possibile!”, aveva scritto nel suo ultimo discorso Urbi et Orbi in occasione della Pasqua. Un discorso nel quale Bergoglio aveva ricordato tutti i conflitti in corso. “Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano. Davanti alla crudeltà di conflitti che coinvolgono civili inermi, attaccano scuole e ospedali e operatori umanitari, non possiamo permetterci di dimenticare che non vengono colpiti bersagli, ma persone con un’anima e una dignità” si legge ancora nelle parole del defunto Papa.
Un massaggio che non possiamo non fare nostro. L’auspicio è che il prossimo successore al soglio di Pietro porti avanti l’eredità di Francesco. La speranza è che ci sia ancora una voce che guardi agli ultimi e agli indifesi, che non ci faccia distogliere dal dramma dei migranti, che si spenda senza sosta per la pace.
Tommaso Nutarelli