Sarà probabilmente una battaglia all’ultimo voto, quella che si apre il 14 aprile e si concluderà il 16, data in cui si terranno le elezioni per le Rsu del pubblico impiego, unico esempio di election day mondo del lavoro. Per legge, ogni tre anni in una data fissa tutti i comparti pubblici contrattualizzati con l’Aran rinnovano i propri rappresentanti sindacali.
I settori che andranno al voto tra lunedì e mercoledì prossimi sono quattro: le funzioni locali (comuni, province, regioni), le funzioni centrali (ministeri, agenzie), la sanità e infine l’istruzione scuola e ricerca. A questi quattro comparti si aggiunge anche la presidenza del Consiglio, che fa capitolo a sé. In totale, ad avere il titolo di ‘’elettore’’ sono circa 2 milioni duecentomila di dipendenti pubblici, ma a differenza che nelle elezioni politiche vanno quasi tutti ad esercitare il proprio diritto: l’affluenza ai seggi posti nei luoghi di lavoro è mediamente attorno all’80%, con punte del 90% in alcuni settori (per esempio nei piccoli enti locali) e un po’ più bassa nella sanità. I risultati del voto arriveranno tra mesi, perché il processo di certificazione, che spetta all’Aran, è lungo e complesso. Ma subito dopo la chiusura delle urne si terranno gli scrutini delle schede e ogni sindacato sarà abbastanza rapidamente in grado di fornire i propri risultati.
Quello che rende particolare rispetto al solito questa tornata elettorale è il clima complicato nel settore pubblico. In ballo, c’è infatti la questione dei contratti firmati o non firmati, a causa della spaccatura tra Cgil e Uil da un lato e Cisl dall’altro. Il settore pubblico è anche il solo ad avere una certificazione della rappresentanza, indispensabile sia per l’agibilità sindacale sia per firmare i contratti che, per essere validi, devono essere sottoscritti da una maggioranza del 50% più uno, calcolata in base alla rappresentatività. Nei mesi scorsi, in base a questa regola, il contratto delle Funzioni centrali è stato sottoscritto contro la volontà della Cgil e della Uil, ottenendo la maggioranza grazie all’alleanza della Cisl con Ugl e Cisal, mentre il contratto della Sanità non è stato firmato perché, senza la Cgil e la Uil, nell’occasione alleate con Usb, non era possibile avere la maggioranza. Nelle Funzioni Centrali, invece, Cgil e Uil hanno, da sole, la maggioranza.
È proprio questa situazione di sostanziale impasse che accende la curiosità: se potrà avere ripercussioni sul voto, ed eventualmente di che tipo; se potrebbe penalizzare i sindacati firmatari, o piuttosto quelli che non firmano, se aumenterà l’afflusso alle urne o lo diminuirà, eccetera. Non ci si aspettano particolari rivoluzioni negli attuali equilibri ( e se anche ci fossero, non avrebbero influenza sugli attuali rinnovi ma sul prossimo triennio) ma sarà interessante, nel caso, constatare come i diretti interessati, cioè i lavoratori, hanno vissuto le tormentate vicende relative ai loro contratti, e come queste si rifletteranno o meno nelle urne.