In Italia le donne disoccupate sono poco meno di un milione e quelle “di lunga durata”, cioè in cerca di lavoro da un anno o più, corrispondono al 54,3%. Le inattive sono oltre 7,8 milioni e per un terzo a causa di motivazioni familiari. Quasi 600mila non cercano lavoro perché scoraggiate, in quanto convinte di non riuscire a trovare un impiego.ti. È quanto emerge dal Rapporto Cnel-Istat “Il lavoro delle donne tra ostacoli e opportunità”, presentato a Villa Lubin.
Permane, nel complesso, l`ampio divario con l`Europa: il tasso di occupazione femminile risulta inferiore di 12,6 punti alla media Ue ed è il valore più basso tra i 27 paesi dell`Unione. Pur avendo raggiunto il suo massimo livello, il tasso di occupazione femminile è cresciuto in Italia meno rispetto alla media Ue: 6 punti dal 2008 al 2024 in confronto a 8,6 punti in Europa. Il gap di genere nel tasso di occupazione è quasi il doppio della media Ue: 17,4 punti contro 9,1 punti. Ad ampliare ulteriormente i divari con l`Ue si aggiungono le marcate disparità territoriali: mentre tutte le regioni del Nord e del Centro, tranne il Lazio, hanno raggiunto l`obiettivo previsto dalla Strategia di Lisbona 2010, pari al 60%, nessuna regione meridionale ha raggiunto il target europeo.
La diffusione di contratti non standard nella componente femminile del mercato del lavoro è la principale causa di livelli retributivi individuali insufficienti. Nonostante dal 2015 al 2022 il monte retributivo annuo delle donne occupate sia cresciuto in termini reali del 5% (contro il 3,2% degli uomini), il differenziale di genere tra le retribuzioni medie resta piuttosto marcato, superiore ai 6 mila euro su base annua a vantaggio dei dipendenti maschi.
Anche la segregazione verticale (“tetto di cristallo”) continua ad essere una realtà. In Italia, le parlamentari donna – sottolinea lo studio Cnel-Istat – sono il 33,6%. La quota di donne elette nei consigli regionali si ferma al 24,5%. Per quel che riguarda le imprese, solo il 28,8% è a conduzione femminile. La quota di imprenditrici è comunque in crescita, in tutte le classi di età, ma soprattutto tra le under 35 (+2,3 punti).
Grazie al maggiore investimento in formazione, le donne in Italia sono mediamente più istruite degli uomini. Il 68% delle 25-64enni ha almeno un diploma o una qualifica, contro il 62,9% degli uomini. Il 24,9% è in possesso di un titolo terziario, contro il 18,3% degli uomini. Ma questo non si traduce in un vantaggio lavorativo. Permane una marcata segregazione orizzontale: circa la metà dell’occupazione femminile risulta concentrata in sole 21 professioni, mentre per gli uomini questo valore raggiunge ben 53.
l 69,3% delle donne che vivono da sole ha un impiego, percentuale che scende al 62,9% tra le madri sole e al 57,2% tra le madri in coppia. Viceversa, tra gli uomini il tasso di occupazione per i single è di circa il 77% e arriva all`86,3% per i padri in coppia. Tra i 25 e i 34 anni meno della metà delle madri risulta occupata. Le disparità a livello territoriale appaiono molto importanti, legandosi anche alla diversa disponibilità di servizi per la prima infanzia: mentre nelle regioni del Nord e del Centro il tasso di occupazione delle madri supera o sfiora il 70%, nel Mezzogiorno si attesta poco sopra il 40%.
Prosegue comunque la dinamica positiva del mercato del lavoro per la componente femminile. Dal 2008 al 2024 l`incremento del tasso di occupazione delle donne è di 6,4 punti. Una crescita dovuta soprattutto al segmento delle ultracinquantenni: mentre l`aumento per le over50 raggiunge i 20 punti, per le 25-34enni si ferma a 1,4 punti.
Quanto al divario di genere, in questo caso si accentua a sfavore delle donne nelle classi di età più avanzate, attestandosi a 12,1 punti per i più giovani e a 22,9 punti nella fascia più adulta.
Le differenze si accentuano ulteriormente nel Mezzogiorno, dove la distanza tra i tassi di occupazione femminile e maschile passa da 14,2 punti per classe 15-34 anni a quasi il triplo per le 50-64enni (33,1 punti in meno rispetto agli uomini).
Mentre tra gli uomini – evidenzia il rapporto – circa sette occupati su dieci possono contare su un lavoro standard (dipendente a tempo indeterminato o autonomo con dipendenti), tra le donne sono in questa situazione poco più della metà delle occupate (53,9%). Quasi un quarto delle donne che lavora presenta uno o più elementi di vulnerabilità (dipendente a tempo determinato, part time involontario, ecc.), contro il 13,8% gli uomini. Risultano più spesso vulnerabili le lavoratrici giovani (38,7%), residenti nel Sud (31,2%), con bassa istruzione (31,7% per le donne che hanno fino alla licenza media) e straniere (36,5%).
Tra il 2008 e il 2023 è calata di oltre sei punti la quota di coppie in cui solo l`uomo lavora, provvedendo alle necessità finanziarie della famiglia (dal 33,5 al 25,2%). Nel confronto europeo l`Italia si colloca al terzo posto (dopo Grecia e Romania) per diffusione del modello monoreddito maschile e comunque lontana dalla media Ue del 16,1%. Risultano invece in aumento nel nostro paese le coppie paritarie, in cui entrambi i partner lavorano e hanno redditi da lavoro di livello simile (dal 27,8 al 29,8%).