“Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?” è il focus Censis-Confcooperative dedicato all’impatto che l’intelligenza artificiale può avere sul nostro Paese da cui emerge un quadro in chiaroscuro. Se da una parte, infatti, l’IA porterà entro il 2035 a una crescita del Pil fino a 38 miliardi, pari al +1,8%, dall’altra 6 milioni di lavoratori sono a rischio sostituzione e 9 milioni potrebbero vedere l’IA integrarsi con le loro mansioni, per un totale di circa 15 milioni di lavoratori sul totale esposti agli effetti dell’IA.
Secondo lo studio, le professioni più esposte alla sostituzione sono quelle intellettuali automatizzabili – come contabili e tecnici bancari – e le professioni ad alta complementarità – che includono avvocati, magistrati e dirigenti. Il grado di esposizione alla sostituzione o complementarità aumenta con l’aumentare del livello di istruzione, come dimostra il dato secondo cui nella classe dei lavoratori a basso rischio il 64% non raggiunge il grado superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea.
Per quanto riguarda le professioni ad alta esposizione di sostituzione, la maggior parte dei lavoratori (54%) hanno un’istruzione superiore e il 33% un diploma di laurea. Inversamente, i lavoratori che più vedranno l’ingresso complementare delle IA nei processi produttivi posseggono una laurea (59%) mentre sono il 29% quelli con un diploma superiore.
E se il livello di esposizione all’IA aumenta con il grado di istruzione, le donne risultano più esposte rispetto agli uomini dacché sono più istruite: rappresentano, infatti, il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità.
Ma il gap non è solo di genere: nel confronto tra i sistemi imprenditoriali dei paesi europei, nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’IA contro il 19,7% della Germania e la media UE del 13,5%. Il divario è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove l’Italia registra tassi di adozione inferiori alla media europea.
Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in beni e servizi legati all’IA, con percentuali più alte nel settore informatico (55%) e più basse nella ristorazione (1,4%). Le grandi imprese mostrano una maggiore propensione all’investimento rispetto alle PMI.
Secondo una recente rilevazione Censis, il 20/25% dei lavoratori utilizza strumenti IA sul luogo di lavoro. Più nel dettaglio il 23,3% utilizza IA per la scrittura di mail, il 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum. I numeri salgono al diminuire dell’età, come dimostra il 35,8% tra i 18-34 anni che utilizza IA per la stesura di rapporti contro il 23,5% tra chi ha più di 45 anni o il 28,8% dei più giovani che utilizzano per la scrittura di mail, a fronte di un 21,9% della fascia di popolazione che ha più di 45 anni. Non emergono, invece, vistose differenze tra i vari livelli di istruzione.
Sul fronte occupazionale, si stima che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno impattati sono la sanità e il management. L’Italia mostra un ritardo significativo nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale rispetto ad altri paesi europei. Secondo il Government AI Readiness Index 2024, l’Italia si posiziona al 25° posto, dietro a 13 paesi europei.
Complessivamente, avverte il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, “questi dati dimostrano come il paradigma vada subito corretto. La persona va messa al centro del modello di sviluppo con l’intelligenza artificiale al servizio dei lavoratori e non viceversa”. In questo senso il primo inderogabile obiettivo è investire in ricerca sviluppo: attualmente l’Italia investe l’1,33% del PIL rispetto alla media europea del 2,33%. L’obiettivo UE è arrivare a una media del 3% per il 2030, soglia già superata dalla Germania che investe il 3,15%, mentre la Francia investe il 2,18%, più di noi ma lontana dall’obiettivo fissato per il 2030.