L’allarme desertificazione delle sale cinematografiche di Roma esploso con la norma regionale sui cinema trova uno sbocco positivo questa mattina con la notizia della riapertura, per il 2006, del cinema Fiamma, sala storica di via Bissolati, nei pressi di piazza Barberini e via Veneto, che ospitò la prima proiezione de La dolce vita nel 1960 e di 8 e ½ nel 1963. L’acquirente è il gruppo Caroli, attivo nei settori commerciale e turistico, che ha affidato la gestione a PlaytownRoma, associazione che da anni si occupa di cinema e audiovisivo nella Capitale in capo a Gianluca Giannelli e Fabia Bettini, storici direttori della sezione spin off della Festa del cinema di Roma Alice nella Città. Secondo la proposta di norma regionale, il cinema Fiamma, che fu chiuso nel 2017, rischiava il cambio di destinazione d’uso, ma l’acquisizione del gruppo Caroli salva un presidio di storia del cinema italiano: non esclusivamente sala, ma anche spazio aperto di confronto e studio.
“Non possiamo che accogliere con favore, oltre che con sollievo, una notizia come questa, soprattutto alla luce di una proposta di legge regionale che vorrebbe convertire i cinema in disuso in attività commerciali – scrive in una nota, la Cgil di Roma e del Lazio e la Slc-Cgil di Roma e del Lazio -. È inaccettabile, oltre che pericoloso, agevolare una deriva speculativa che comprometterebbe un sano investimento negli spazi culturali e di aggregazione (perché questo sono innanzitutto i cinema) a Roma”.
Ma una buona notizia di certo non attenua la preoccupazione per tutte le altre sale ancora in bilico “e la lista è lunga – continuano -, che non sono altrettanto visibili, che magari si trovano nelle periferie della nostra città, e che non vedono ancora concretizzarsi un futuro di ripresa delle loro attività. Spesso questi spazi sono gli unici presidi culturali di territori disagiati, le uniche realtà in grado di costruire arte, cultura, dibattito all’interno di una comunità”.
Il problema, dunque, non è solo di speculazione edilizia e depauperamento culturale, ma è strettamente connesso alla qualità del tessuto sociale e al mantenimento dei livelli occupazionali tout court: “Vogliamo ribadire con forza la nostra posizione di difesa della Settima Arte, che resta la più popolare ed accessibile, anche in virtù dei finanziamenti pubblici che riceve. Proprio il cinema in sala per noi resta un patrimonio da difendere e tutelare, così come restano da tutelare i diritti di chi in quel mondo lavora, che sia un attore/attrice, un tecnico di troupe, un generico o un lavoratore/lavoratrice delle sale”.
Infine, Cgil di Roma e del Lazio e la Slc-Cgil di Roma sottolineano l’importanza di una discussione pubblica e partecipata “attraverso il coinvolgimento, nel dibattito legato alla proposta di legge regionale, della Commissione Cultura, delle parti sociali e delle molteplici associazioni, produttori ed esercenti che nel Cinema operano e producono importanti progetti culturali. Siamo disponibili ad avviare un dibattito concreto con tutti gli attori coinvolti e a dare il nostro contributo affinché il cinema nelle sale venga difeso e rilanciato e in questo modo diventi anche occasione di sviluppo e crescita professionale per i tanti giovani autori che nel cinema vedono il proprio avvenire professionale”.
Intanto ieri si è segnato un primo passo avanti nell’aggiustamento della norma regionale, per cui per le sale chiuse successivamente al 31 dicembre 2024 non ci sarà alcun cambio di destinazione d’uso. La decisione arriva al termine di un incontro tra il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, le associazioni di categoria Anec e Anica, la produttice Federica Lucisano, il presidente della Commissione Cultura Luciano Crea e Laura Corrotti, che guida la commissione urbanistica. Sul resto dell’impianto della normativa si continuerà a discutere (e a polemizzare) nei prossimi incontri calendarizzati fino alla fine del mese di febbraio.
e.m.