Il problema non è Zelensky, di cui il mondo può fare tranquillamente a meno. Il problema ha un altro nome, anzi due: Trump e Putin. E’ con loro che il mondo dovrà fare i conti, e non saranno conti semplici da chiudere con un risultato positivo per tutti coloro che non sono d’accordo con le politiche e il modo di comportarsi dei due superpotenti della Terra. Può darsi che questi due uomini riusciranno a trovare un accordo per far cessare la guerra in Ucraina, magari un’intesa che si poteva trovare anche molto tempo fa risparmiando la vita di un milione di persone tra ucraini e russi, ma in ogni caso meglio tardi che mai. Tuttavia, per quanto si possa essere soddisfatti per la fine della guerra (quando e se questa fine arriverà), non si può certamente essere fiduciosi nel futuro. Un futuro che sarà determinato da questi personaggi, con gli annessi e i connessi che li circondano e li consigliano (a cominciare da Elon Musk, ormai diventato il presidente-ombra degli Stati Uniti).
La prima e principale vittima di questa nuova diarchia mondiale è l’Europa, cioè tutti noi che viviamo nel vecchio continente. Il nostro ruolo sarà sempre più eterodiretto da Washington e Mosca, in pratica non avremo voce in capitolo sulle scelte geopolitiche e geoeconomiche che prenderanno i due tiranni del mondo. Potremo solo obbedire oppure anche dissentire appena appena, senza però ottenere quasi nulla: sostanzialmente saremo in balìa della corrente. Oltretutto l’Europa non è mai stata così debole e divisa come adesso, dopo essersi dissanguata di risorse elargite all’Ucraina e condite con l’annuncio roboante di Ursula von der Leyen: “Con Kiev fino alla vittoria”. Ora che è evidente che l’Ucraina non vincerà la guerra, cosa si inventerà Bruxelles? Come farà a rimettersi in gioco evitando di diventare un satellite degli Usa con i quali però dovrà trattare, sia sui dazi che rischiano di strozzare l’economia sia sulle spese militari che Trump pretende siano più alte ma che l’Europa non potrà permettersi vista la sua precaria situazione economica?
Inoltre, mettiamoci le imminenti elezioni in Germania che rischiano di sancire una forte avanzata dei neonazisti benedetti da Musk, quindi da Trump, e pure da Putin; mettiamoci Macron che in Francia è ormai agli sgoccioli e quindi conta sempre meno (anche per colpa sua); la Spagna per ora si salva ma da sola non può andare da nessuna parte; i Paesi dell’est sono spaccati tra putinismo (l’Ungheria di Orban) e atlantismo disperato (la Polonia e gli altri paesi ex socialisti), che però non potranno più contare sulla protezione americana e si troveranno di conseguenza sotto la minaccia russa. Questa è la fotografia del nostro continente, non certo una bella visione, tanto meno tranquillizzante.
Se poi ci aggiungiamo l’Italia, ecco che l’immagine diventa ancora più opaca: Giorgia Meloni, che sugli aiuti all’Ucraina è sempre stata la più decisa al fianco di Jo Biden, che l’aveva addirittura baciata sulla fronte, ora che gli Stati uniti sono governati da Trump, suo amico e politicamente affine, che sull’Ucraina la pensa all’opposto da lei, si trova in evidente imbarazzo (per usare un eufemismo). E non solo su Kiev, visto che i dazi americani colpiranno anche noi italiani. E soprattutto la nostra premier dovrà prima o poi (più prima che poi) scegliere da che parte stare: con l’Europa o con Trump? Con la libertà, la democrazia e i principi occidentali o con Putin che in Italia si chiama Salvini (e Conte)?
Non le sarà facile uscire da questo vicolo cieco in cui si è ficcata da sola, propagandando l’idea che sul piano internazionale lei si era accreditata come una grande statista, capace di discutere a viso aperto e di piacere a tutti i potenti del mondo. Ora quei potenti sono cambiati e rischiano di diventare rapidamente ostacoli alla sua resistibile ascesa. Anche perché non saranno pochi i problemi che le creerà Salvini (già lo sta facendo), mettendosi in primissima fila tra i trumpiani d’Italia: lui può permetterselo, non essendo capo del governo e non dovendo fare i conti con gli altri leader europei, tanto che è arrivato a sostenere che il Presidente americano dovrebbe essere insignito del Nobel per la pace. Ecco, Meloni una cosa del genere non può dirla anche se magari la pensa: dovrà mordersi la lingua fino a farla sanguinare. Peccato che con lei sanguinerà anche tutta l’Italia.
Riccardo Barenghi