Non sarà una strada in discesa per l’economia. È questo il giudizio della vicepresidente di Confcommercio, Donatella Prampolini. Il costo dell’energia, pochi strumenti di accesso al credito e una domanda interna ancora zoppicante e la carenza di manodopera, con 260mila lavoratori mancanti, rendono incerto il futuro per le imprese del commercio e del terziario. Sui dazi di Trump, afferma Prampolini, serve una risposta europea e al governo chiediamo di andare fino in fondo con la riforma fiscale.
Prampolini quali sono le prospettive per il 2025?
Siamo davanti a uno scenario incerto. I segnali sono spesso contrastanti. Insomma non ci aspettiamo un 2025 in discesa. Nel IV trimestre del 2024 il Pil si è attestato un + 0,4% e per quest’anno non ci attendiamo grandi scossoni per la crescita. C’è incertezza tra gli imprenditori, che magari indugiano prima di fare degli investimenti. Ugualmente la capacità di spesa delle famiglie è molto altalenante e l’andamento della domanda interna non dà garanzie.
Eppure i mesi passati hanno registrato una crescita dell’occupazione senza precedenti.
È vero ma il dato che mi preoccupa maggiormente è il numero degli inattivi che non tende a scendere. Un problema sul quale prima o poi dovremmo mettere mano.
In che modo?
Guardi non è facile dare un’unica soluzione. Credo che, prima di tutto, sia un fattore culturale, direi sociologico sul quale bisogna intervenire a partire dalla scuola e dalla famiglia. Oggi non è vero che manca il lavoro. Interi settori, il nostro, nel quale secondo le nostre stime non si trovano 260mila addetti, ma anche quello manifatturiero, sono alla continua ricerca di personale. C’è, forse, una distanza tra le aspettative e le priorità delle generazioni più giovani e il mondo del lavoro. Trovare un’occupazione non è più un’urgenza.
Guardando ai settori che rappresentate quali sono gli ostacoli principali per una piena ripresa?
Prima di tutto il caro energia. Oggi è un tema scomparso dal dibattito pubblico ma che è sempre molto vivo per le nostre imprese. Dal 2022 ad ora la componente energia è salita del 50% e per il gas anche del 70%. Per quanto riguarda il trasporto, che impatta per un 25%, per un po’ di tempo lo stato se ne è fatto carico, ma ora non è più. Il nostro Centro Studi ha calcolato che dal 2019 il rincaro per la luce è stato del 52% e per il gas dell’80%. Un altro tema dimenticato è la possibilità di accesso al credito per le imprese. È vero che la Bce ha tagliato i tassi ma è altrettanto vero che durante la pandemia c’erano molti più strumenti per garantire la liquidità alle aziende, strumenti che oggi sono assenti. Non dobbiamo, inoltre, dimenticarci la questione dell’inflazione e infrastrutturale.
Quanto vi preoccupano i dazi minacciati da Trump?
Il mondo che rappresentiamo vive, principalmente, di consumi interni ma questo non vuol dire che i dazi non ci interessano. L’effetto che potrebbero avere andrebbe a colpire tutti a catena. La difficoltà di settori votati all’export si potrebbe tradurre in un maggior costo dei prodotti o in una riduzione dei posti di lavoro e questo fiaccherebbe ulteriormente la domanda interna colpendo anche le nostre imprese. Bisogna essere consapevoli che questo problema richiede una risposta non delle singole associazioni o dei singoli paesi ma europea.
Secondo lei c’è questa consapevolezza? E come vede il fatto che la premier Meloni si ponga come intermediaria nei confronti di Trump?
In Europa la consapevolezza c’è. Il punto è passare dalle parole all’azione. E in questo non sempre siamo bravi. Sul fatto che ci sia un politico che si propone come intermediario con un personaggio diciamo particolare come il presidente Trump non lo vedo come un problema. Il punto è che questa intermediazione si deve muovere all’interno di una cornice condivisa in Europa.
Come giudica sin qui l’operato del governo?
Con l’esecutivo abbiamo avuto un dialogo costante e questo è un elemento positivo. Sappiamo che la coperta è corta e le risorse non sono illimitate. Alcune delle nostre istanze sono state accolte altre no perché si è dato ascolto ai bisogni di altri comparti che non sempre sono sovrapponibili. Quello che chiediamo è un aiuto dalla politica sul fisco. Noi abbiamo fatto la nostra parte rinnovando i contratti e mettendo più soldi in tasca. Ora chiediamo un’accelerata sulla riforma fiscale. Bene la riduzione delle aliquote a tre ma ora queste devono essere abbassate.
Tommaso Nutarelli