“Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora. (..) Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire”. Nel discorso di fine anno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva esortato la società tutta a farsi carico della piaga delle morti sul lavoro. Il nuovo anno, tuttavia, non si è aperto con i migliori auspici. Tra le prime vittime del 2025 ci sono Francesco Stella, operaio di Lamezia Terme, deceduto dopo essere precipitato da un’impalcatura o Carmelo Longhitano, morto cadendo dal tetto di una carrozzeria a Trescore Cremasco. Ma anche l’anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato contraddistinto da una lunga scia di sangue.
Nella geografia delle morti bianche, con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale, che si attesta a 31 infortuni mortali ogni milione di lavoratori, nella zona rossa ci sono Basilicata, Valle d’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige, Campania, Sardegna e Sicilia. In quella arancione Molise, Puglia, Emilia-Romagna e Calabria. In zona gialla Liguria, Abruzzo, Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Toscana, mentre Veneto e Marche sono le regioni più sicure. È questa la fotografia scattata dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega di Mestre.
Se guardiamo i numeri assoluti, è ancora in Lombardia che si rileva il maggior numero di vittime in occasione di lavoro (121). Seguono Campania (73), Emilia-Romagna (68), Lazio (67), Sicilia (57), Veneto (49), Piemonte (48), Puglia (44), Toscana (39), Sardegna (24), Trentino-Alto Adige (23), Liguria (19), Calabria (18) Umbria (17), Abruzzo e Basilicata (15), Friuli-Venezia Giulia (14), Marche (12), Valle d’Aosta e Molise (4).
Il settore delle costruzioni è ancora il più pericoloso. I decessi registrati sono 147, 99 nei trasporti e nel magazzinaggio, 94 nelle attività manifatturiere e 51 nel commercio. Mentre per quanto riguarda le denunce di infortunio, il numero più alto si segnala nella manifattura, 65.777. Seguono le costruzioni, 34.414, la sanità 33.660, il trasporto e il magazzinaggio, 31.958 e il commercio 30.385.
E a morire sono soprattutto i lavoratori stranieri, dove le barriere linguistiche e il diverso background culturale sono degli ostacoli alla sicurezza. Infatti gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 164 su 731, e 45 quelli in itinere. Il rischio di morte, inoltre, è più del doppio rispetto agli italiani, 69,1 morti ogni milione di occupati contro i 26,7. Per quanto riguarda le fasce d’età, il tasso di mortalità si conferma più alto tra i lavoratori anziani. Tra gli ultrasessantacinquenni si attesta al 131,5, e scende al 49,7 tra i 55 e i 64 anni. Proprio questa fascia è quella numericamente più colpita dagli infortuni durante lo svolgimento del lavoro, 254. Tra le donne, 50 hanno perso la vita in costanza di lavoro, 30 nel tragitto casa-lavoro.
Nel complesso sono 1.000 le vittime sul lavoro da inizio 2024 a fine novembre. I numeri parlano di un incremento rispetto allo stesso periodo del 2023, quando gli incidenti mortali sono stati 968. Nello specifico i decessi in occasione di lavoro sono stati 731, 14 in meno rispetto a novembre 2023, e 269 in itinere, 46 in più sullo stesso periodo.
Tommaso Nutarelli