Un Disegno di legge in materia di tutela, razionalizzazione ed efficientamento delle risorse idriche è stato approvato dal CNEL, nell’Assemblea del 18 dicembre. L’iniziativa, volta a riordinare il quadro normativo relativo alla pianificazione e alla gestione delle acque, nasce dalla consapevolezza che i cambiamenti climatici, l’inquinamento e la crescente domanda di acqua rischiano di mettere in crisi la sicurezza dei territori e al tempo stesso la competitività e la coesione sociale delle comunità, ponendo l’esigenza di intervenire non solo sulle infrastrutture idriche, ma anche sull’organizzazione dei relativi servizi. L’obiettivo è quello di garantire che anche nel futuro ci sia abbastanza acqua per tutti gli utenti e per tutti gli usi, tutelando al contempo l’ambiente e la natura. Il testo di legge introduce una serie di modifiche al D.lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambiente), per favorire un migliore coordinamento degli usi delle acque e rafforzare la governance del servizio idrico integrato. È anche prevista l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una apposita cabina di regia, con una segreteria tecnica partecipata dai soggetti pubblici e privati coinvolti nella gestione della risorsa idrica.
Nello specifico, il Ddl – senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – punta ad assicurare un controllo più stringente da parte delle Autorità di Bacino sulla coerenza tra i vari strumenti di pianificazione in materia di acqua e i Piani di Bacino, che a loro volta dovranno includere gli interventi necessari al raggiungimento degli standard di qualità del servizio idrico, fissati dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). È poi prevista l’istituzione in ciascuna Regione di un ambito territoriale ottimale di livello regionale, con un unico Ente di Governo, per superare la frammentazione gestionale. Il Ddl estende i poteri sostitutivi del Presidente del Consiglio dei ministri, rafforza il controllo esercitato dall’ARERA, declina in maniera analitica le attività di vigilanza sulla gestione del servizio idrico integrato, getta le basi per la razionalizzazione del quadro dei corrispettivi applicati all’utenza del servizio idrico, in vista di un passaggio graduale ad una tariffa unitaria per tipologia di utenza identica a livello regionale. Il testo di legge approvato dal CNEL è volto a garantire una maggiore efficienza gestionale e una migliore qualità del servizio all’utenza, escludendo in ogni caso la possibilità di gestire il servizio idrico integrato in economia o attraverso azienda speciale.
Paolo Pirani, consigliere del Cnel e relatore del Ddl, ha evidenziato che “gli effetti del cambiamento climatico sul nostro sistema idrologico e l’importanza di introdurre nuove tecnologie, rendono sempre più necessaria una revisione delle normative che ne regolano il sistema nel nostro Paese, ai fini di renderlo più efficiente, salvaguardare l’ambiente e proteggere la risorsa più preziosa, prevendendo garanzie per la sostenibilità delle infrastrutture idriche e l’accessibilità del bene acqua a tutta la popolazione, sulla base del principio come bene di civiltà, così come auspicato dall’ONU e dall’Unione Europea. Su queste basi si è sviluppato un confronto nella stesura della Relazione CNEL sui Servizi Pubblici 2024 con un focus specifico sui Servizi Idrici anche con lo scopo di non accumulare una quota di debito infrastrutturale a carico delle generazioni future per l’accesso e per l’uso dell’acqua. Su questa base si è definito un documento, con la collaborazione della Fondazione Utilitatis, da cui è scaturito uno dei primi disegni di legge presentati dal CNEL in questa Consiliatura, secondo quanto previsto dall’articolo 99 della Costituzione”.
L’Italia, del resto, necessita di maggiori investimenti infrastrutturali e di un miglioramento dei servizi per affrontare la crisi idrica, come evidenzia il Cnel nella Relazione 2024 sui servizi pubblici. Il nostro rischia di essere tra i Paesi più colpiti dalla siccità. Se la temperatura dovesse aumentare di 1.5° C avremmo un calo delle precipitazioni pari al 10-20%. Già oggi l’Italia sconta un sostanziale dimezzamento della disponibilità idrica storica, passata da 138 km³ a 67 km³. Il fenomeno è legato ai cambiamenti climatici ma anche alla gestione frammentata delle risorse, soprattutto nelle regioni meridionali e insulari, dove l’80% dei Comuni gestisce il servizio in economia, senza operatori specializzati. Negli ultimi dieci anni si è avuta un’impennata negli investimenti pro capite per le infrastrutture idriche, da 33 a 70 euro, ma, ciò nonostante, restano insufficienti e comunque segnati da forti disparità territoriali: le regioni settentrionali investono in media 82 euro per abitante, contro i soli 11 euro del Mezzogiorno, con conseguenti disservizi e infrastrutture obsolete.
In Italia – sottolinea ancora il CNEL nella Relazione– le perdite della rete idrica ammontano al 42%, con marcate variazioni geografiche: nel Nord- Est ammontano in media al 38%, nel Nord-Ovest al 32%, nel Centro al 43% e nel Sud e Isole al 50%. Le perdite corrispondono a 15,8 metri cubi per chilometro al giorno. Significativo anche il dato relativo al valore medio di interruzioni del servizio idrico per utente. Nell’area meridionale e insulare è pari a 204 ore l’anno, lontanissimo dai valori medi registrati al Nord dove le interruzioni del servizio per utente si aggirano tra le 0,66 e 0,88 ore l’anno.
Redazione