Pier Fausto Buccellato, nostro nuovo e gradito collaboratore, ci ha richiamati alla necessità di prestare maggiore attenzione alle parole che usiamo noi e i nostri interlocutori, perché è facile sbagliare e cadere in equivoci che falsano la realtà alimentando i problemi. In questi giorni sta accadendo proprio questo, c’è un ricorso a frasi fatte, a riferimenti storici inesatti, a ricostruzioni improbabili che causano incomprensione e risentimento. Il caso più evidente è la polemica che in questi giorni ha investito Maurizio Landini, accusato di istigare le folle a gesti estremi, pericolosi, in quanto tali da stigmatizzare. Il segretario generale della Cgil si è infatti permesso di affermare che “è venuto il momento di una vera rivolta sociale, perché avanti così non si può andare”.
Non l’avesse mai detto. Gli è stato detto di tutto e di più, molto di più. Che era un irresponsabile, che le sue parole potevano fare molto danno, che era un cattivo maestro. Che con quelle parole aveva commesso un reato, probabilmente punibile con il carcere. Un nuovo Masaniello, da eliminare. Commenti durissimi, estremi, questi sì, tali da far perdere di vista quello che effettivamente il sindacalista ha voluto dire. Forse l’insulto più grave è stato proprio quello del “cattivo maestro”, perché con questo termine si indicavano gli ideologi dell’eversione negli anni di piombo, qualcosa di profondamente lontano da un sindacalista come Landini.
Il segretario della Cgil ha espresso un concetto molto differente da quello che gli hanno attribuito. La Cgil, con i suoi quattro referendum abrogativi e con le leggi di iniziativa popolare per le quali ha raccolto le firme, si è proposta di modificare alcune parti della legislazione ritenute lesive degli interessi dei lavoratori. Il leader della confederazione sa bene che non si tratta di un compito facile, perché in Italia vota ormai stabilmente la metà degli elettori e arrivare al quorum richiesto appare una missione impossibile. Di qui la sollecitazione, più volte ripetuta, per un movimento ideale che parta dal basso e convinca i cittadini che è loro interesse andare a votare. Per un convincimento interiore che li coinvolga a guardare con attenzione alla realtà e a comportarsi di conseguenza.
Giusta o sbagliata che sia la diagnosi, la ricetta indicata da Landini è quella di riportare le persone a votare e magari a farle votare bene. Non appare come un atto eversivo, non si riscontrano i termini di un reato punibile dai tribunali. È una battaglia politica. E anche qui troviamo un altro classico errore delle destre e di chi si contrappone al segretario della Cgil. Il quale viene spesso accusato di fare politica piuttosto che il sindacalista. Un caso perfetto di malinteso e di approssimazione linguistica. Landini, e con lui tutti i sindacalisti, non hanno mai dichiarato di non fare politica, al contrario, hanno sempre rivendicato la loro azione nell’agone politico. Il governo di centrodestra porta avanti una politica che il sindacato ritiene lesiva degli interessi dei lavoratori e, per opporsi alle sue decisioni, il sindacato ricorre allo strumento di cui dispone, che è sempre e solo lo sciopero, generale o no. Nessuna traccia di eversione, non si abbandona il terreno del confronto, si fa politica sindacale.
Una maggiore attenzione alle parole che si pronunciano, una più attenta valutazione delle parole degli altri consentirebbe uno svolgimento più ordinato della nostra vita, personale e civile.
Massimo Mascini