Da Milano Maurizio Landini parla con i giornalisti e si richiama alla piazza: “è arrivato il momento di una vera rivolta sociale, perché avanti cosi non si può andare”, ha detto nel corso dell’assemblea che ha riunito 1500 delegati di tutta Italia, “la politica non ci ascolta e noi non abbiamo altro strumento che chiedere alle persone di scendere in piazza con noi e di battersi, rinunciando a una giornata di stipendio per dire basta a questa situazione”.
Sono, queste, parole e frasi che chi segue abitualmente il segretario della Cgil ha sentito molte volte, e tanto più se la platea e’ tipo quella milanese, piena di delegati arrivati dalle fabbriche di tutta Italia per fare il punto sulla crisi che investe l’industria e la manifattura, ormai non solo auto, ma anche moda, chimica, eccetera. E tanto più se all’orizzonte c’e’ uno sciopero generale già proclamato, e dunque la necessita di motivare la base, di incitare alla partecipazione, anche alzando un po’ i toni.
Pero’ il mondo della politica di destra non e’ un habitué delle assemblee Cgil, e dunque, davanti alle frasi di Landini rilanciate dalle agenzie, si e’ stranito. Apriti cielo, si sono mobilitati i vertici parlamentari di Fratelli d’ Italia, a partire dal capogruppo Foti, arrivando praticamente a un passo dall’accusare Landini di cospirazione contro lo stato, e comunque additandolo come eversore e cattivo maestro.
Ora, tutto si può dire di Landini tranne che non sia una persona rigorosamente rispettosa della legalità (oltre che assai beneducata e gentile), ma vabbè. Sta di fatto che, pochi minuti dopo aver letto, nuovamente via agenzie, le accuse lanciategli da Fratelli d’Italia, e alquanto stupito lui stesso per il clamore provocato, il leader Cgil ha ripetuto la stessa “frase incriminata” davanti alla platea del teatro Gaber: “ho detto poco fa, qui fuori, ai giornalisti, che stiamo lavorando per una rivolta sociale: ma adesso vedo che c’e’ di dice che queste mie parole sarebbero reato, che sarei un cattivo maestro”, ha scandito tra gli applausi, ricordando poi, uno per uno, i motivi che, secondo la Cgil, rendono necessario lo sciopero generale del 29, e chiosando: “Sarebbe utile che anche la politica si occupasse di questi temi, della condizioni materiali e di vita delle persone, perché i bisogni dei cittadini, il salario, la sanità, lo studio, la stabilità devono tornare al centro. Noi non vogliamo solo cambiare la manovra, noi vogliamo cambiare e migliorare la condizione delle persone. Ma poiché’ la politica non ci ascolta, non abbiamo altro strumento che chiedere alle persone di scendere in piazza, di fare sciopero”.
Quanto agli attacchi ricevuti dalla destra, il segretario afferma che “c’è un limite alla delegittimazione e alle balle: quello che si vuole far passare è che il sindacato è inutile. Ma l’attacco a una organizzazione come la nostra vuol dire mettere in discussione anche la democrazia. E a chi ci accusati fare politica, rispondo che si, facciamo politica, per cambiare le condizioni di vita delle persone”.
Un ”fare politica” che Landini riassume in poche parole: “la nostra lotta è per la pace, per il lavoro, la libertà e la democrazia”, ha scandito. Ma, nello stesso tempo, ha anche ammesso di non poter dare ai lavoratori la certezza che le battaglie sindacali avranno un esito positivo: “non so se riusciremo a portare a casa tutto, ma ci sono dei momenti nei quali devi avere il coraggio di osare, di fare una battaglia anche se non hai la certezza di vincerla. Ma sai che se non la combatti è già persa”. Dunque, ha concluso, “è il momento di far vedere la forza della Cgil, il momento di riprenderci la scena”.
Intanto, sul palco milanese si sono avvicendati per una intera giornata i delegati da tutta Italia, raccontando la crisi che si sta estendendo a sempre diversi settori, e sempre nella sostanziale indifferenza del governo. La politica industriale era, e resta, la grande assente, ma forse lo si capirà quando sarà troppo tardi per tutto, ammesso che ci sia qualcuno in grado di declinare una politica industriale, cosa di cui si dubita parecchio.
Nunzia Penelope