Cgil e Uil hanno proclamato 8 ore di sciopero generale, con manifestazioni territoriali, per la giornata di venerdì 29 novembre. Lo hanno reso noto, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta a Roma il 30 ottobre, i segretari generali delle due confederazioni, Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri.
La mobilitazione è stata indetta per chiedere di cambiare la legge di bilancio, che i sindacati di Corso d’Italia e via Lucullo ritengono del tutto inadeguata per risolvere i problemi del paese, e per rivendicare l’aumento del poter di acquisto di salari e pensioni, e garantire il giusto finanziamento a istruzione, sanità, sevizi pubblici e politiche industriali. Ma anche per contrastare altre leggi, come il collegato sul lavoro o i decreti sicurezza. Con il primo “si liberalizza la precarietà – spiega il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini – mentre avremo bisogno di accrescere le ore di lavoro dei 4 milioni di lavoratori che sono in part time e che sicuramento non lo hanno scelto. Con i decreti sicurezza si mette poi a repentaglio anche la libertà di poter manifestare perché la propria azienda sta chiudendo”.
“Abbiamo analizzato la manovra e deciso per lo sciopero. Siamo stati convocati dalla premier Meloni il prossimo 4 novembre, con una legge di bilancio che è già stata mandate alle camere e sulla quale ci sono pochi margini per intervenire. Se il governo dovesse accettare le nostre richieste siamo anche pronti a rivedere lo sciopero”. Lo ha detto il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Una linea che anche il numero uno della Cgil sposa appieno. “Convocarci quando la legge di bilancio è già stata definita non ha senso. Noi chiediamo un cambiamento di fondo, e non semplici aggiustamenti”, ha precisato.
Ed è proprio sul giudizio dato alla manovra che si registra la distanza più forte con la Cisl. “Loro hanno detto che la manovra va bene. Ci sono valutazioni diverse”, si è limitato a dire Landini, mentre Bombardieri ha precisato come “i colleghi della Cisl non siano neanche consultati per la proclamazione dello sciopero perché i loro documenti danno una valutazione positiva della finanziaria”.
Venendo ai contenuti, entrambi i leader sindacali hanno riconosciuto l’importanza di rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale. “E’ una misura che da tempo chiedevamo” ha spiegato il numero uno della Uil, “e per la quale siamo scesi in piazza già con il governo Draghi” ha aggiunto Landini. Ma al di là di questo risultato, Cgil e Uil hanno espresso un forte malumore per il fatto che la misura non andrà a incidere positivamente sulle tasche dei lavoratori. “Una misura – afferma Landini – che costerà 12 miliardi, ma che i dipendenti e i pensionati si sono autofinanziati con il maggior gettito dell’Irpef, che nel 2024 aumenterà di 15 miliardi. Quindi non solo se la sono pagati da soli, ma i 3 miliardi avanzati non saranno neanche utilizzati per aumentare i salari o sostenere i servizi pubblici essenziali per la collettività”. Su questi i sindacati di Corso d’Italia e via Lucullo denunciano il blocco del turn over, un drastico taglio del personale e delle risorse, con i fondi che in tre anni si ridurranno fino al 5,91% del Pil.
Rimane aperta ancora la partita dei rinnovi contrattuali, soprattutto nel pubblico. “Piuttosto che intervenire sui fringe benefit – ha detto Bombardieri – abbiamo chiesto al governo di detassare i rinnovi contrattuali. In questo modo si sarebbe potuto dare una mano al buon esito delle trattative. Riguardo al pubblico dei 5 miliardi stanziati sono rimasti solo 700 milioni. E se poi, come dicono, ci sono già le risorse per i prossimi anni, perché non usarle subito per chiudere il contratto. In aggiunta il governo sottrae non solo l’aspetto economico ma anche qualsiasi discussione sulla parte normativa alla contrattazione. Non è un caso – continua il segretario generale della Uil – che il governo voglia delegittimare una parte del mondo sindacale. Il ministro del Lavoro presenzia a contratti pirata, che non solo operano in dumping sul salario ma anche sui diritti e le tutele. Ma così facendo si svilisce non solo il sindacato ma anche le rappresentanze datoriali”.
“Per fare tutto questo non è vero che non ci sono i soldi – hanno detto Landini e Bombardieri -. Più volte abbiamo detto dove andarli a prendere. Se non si vuole farlo è perché c’è una precisa volontà. Sicuramente la politica fiscale del governo, che ha messo a segno ben 20 condoni, non va verso quella progressività sancita dalla Costituzione”.
Ma a preoccupare Cgil e Uil è anche la totale assenza di politiche industriali da parte del governo e il pensiero va subito al settore dell’auto e alla situazione di Stellantis. “Il taglio di 4,6 miliardi del fondo per l’automotive grida vendetta. Questo non è uno sgarbo a Tavares – afferma Landini – ma a un settore che occupa oltre 300mila lavoratori. Per questo abbiamo chiesto che Palazzo Chigi convochi l’azienda, le confederazioni sindacali, le categorie, le associazioni datoriali e l’indotto, perché la situazione di Stellantis non è riconducibile a una semplice crisi aziendale. La promessa di arrivare a produrre 1 milioni di auto ancora è lettera morta, e un’azienda che avrebbe la capacità di arrivare a questi numeri si è fermata a soli 300mila esemplari, ossia a quanto si produceva negli anni Cinquanta. In gioco c’è il futuro industriale del paese, ed è per questo che occorre la presenza dello stato” ha concluso Landini.
Tommaso Nutarelli