Mi si perdonerà se per una volta non scrivo di materie attinenti al mondo del lavoro, in senso stretto, ma in questo periodo, piuttosto tumultuoso e attraversato da molteplici conflitti (purtroppo non mi riferisco a quelli interni ad una società aperta e democratica), mi sono tornati alla memoria antichi studi e in particolare quelli riguardanti il conflitto tra Atene e Sparta che tanto dilaniò l’Ellade.
Due Stati, due regimi differenti, due modi di intendere la società: da una parte Atene, la democrazia per eccellenza, dall’altra Sparta, una autocrazia guerriera e aggressiva.
Mi sembra che qualcosa si stia ripetendo.
Ho letto, recentemente, che la maggioranza dei Paesi aderenti all’ONU, non sono democrazie.
In questi Paesi, vive la maggior parte dei popoli poveri della terra.
La democrazia (non solo quella occidentale) è in grave difficoltà.
Eppure c’è una specie di reticenza a difenderne i valori fondamentali a dichiararsi pronti a combattere (non ho paura ad usare questo verbo) per garantire la sopravvivenza di società aperte e libere. Le uniche nelle quali sia possibile pensare a qualsiasi forma di gestione democratica del conflitto sociale, le uniche nelle quali si possa davvero parlare di “Relazioni Industriali”.
Sono tornato a leggere il Discorso di Pericle agli Ateniesi, lo riporto senza alcun commento solo per ricordare che c’è sempre un tempo in cui bisogna scegliere tra “Atene o Sparta”
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, be’ tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in sé stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Roma 27 settembre 2024