Queste righe intendono offrire una riflessione sui risvolti etici della rappresentanza sindacale, cercando di esprimere inizialmente un concetto che reputo fondamentale e che pensiamo possa costituire una solida base da cui avviare il nostro ragionamento: lo stato di salute di una democrazia è strettamente collegato allo stato di salute dei corpi intermedi.
A nostro avviso questi ultimi, fra cui sono ricomprese le associazioni sindacali, costituiscono un baluardo a difesa della centralità e dignità della persona, aggrediti da due rischi, oggi più che attuali: l’egemonia del mercato e quella dello Stato.
Non è infatti un mistero che nella contemporaneità si affrontino due concezioni filosofico – politiche. Da una parte le tendenze liberiste che vogliono l’individuo al centro, depurato da ogni vincolo sociale, e che nella loro declinazione economica, richiamandosi alla famosa mano invisibile di Adam Smith, confidano nell’egoismo degli individui stessi, dotati di una autonoma capacità di ricomporre gli interessi in nome della collettività. Dall’altra quelle stataliste che riducono la persona in un ruolo marginale, alla mercé dello Stato, che decide da solo e invade dimensioni proprie della società civile; la massima espressione oggi è visibile nelle autocrazie, con marcate evidenze anche per noi del perimetro occidentale del mondo, a tal punto che non possiamo considerarci del tutto immuni, almeno per alcune manifestazioni.
Noi pensiamo, invece, che i principi di sussidiarietà verticale e orizzontale debbano essere valorizzati in contro tendenza alle situazioni descritte, in quanto maggiormente capaci di sostenere concezioni fondate sulla centralità della persona, pur con limiti correlati ad ogni iniziativa umana e da qui proveremo ad indicare qualche esemplificazione, attinente, ad esempio, alla rappresentanza sindacale.
La FeLSA Cisl (operante nella rappresentanza dei lavoratori somministrati, collaboratori, Partite Iva e del lavoro non standard, non ultimo coloro che operano in contatto con le piattaforme digitali) si misura con alcuni segmenti del mercato del lavoro fisiologicamente flessibile, quello del lavoro “atipico” e temporaneo. L’esperienza di costruzione di una rappresentanza ha significato e significa tutt’ora innanzitutto “esserci”. Quell’ “esserci” che la CISL ha voluto porre come una delle parole chiave del proprio ultimo Congresso; quell’esserci che si adopera incontrando lo sguardo delle persone, ascoltandole, cercando di trovare risposte ai loro bisogni attraverso quella che a nostro avviso è il primo grado della declinazione etica della azione sindacale, che possiamo tradurre in una parola: prossimità.
L’esperienza dei delegati di base ci ha mostrato che oltre ad esserci per dare risposta ad un bisogno, questi hanno generato un desiderio di risposta sociale e comunitaria a questioni che interessano più individui. E non solo. È sorto anche un desiderio di giustizia sociale e di solidarietà, di fronte a situazioni di penalizzazione presenti in tante fasce di lavoratori. È in questa fase che matura quella consapevolezza che va oltre l’interesse individuale, che lo ricomprende in una logica solidaristica, nella ricerca di legittimazione di una risposta adeguata al bisogno, proiettata in una dimensione relazionale in un orizzonte di comunità. E’ in questo passaggio di consapevolezza che si concretizza l’idea di sindacato, un pezzo di società civile che si organizza in incontri, assemblee, contrattazione tra le parti, bilateralità et similia che, nascendo da un interesse individuale, assumono una portata collettiva.
Lo sviluppo di questa particolarissima forma di sindacalizzazione è ancor più degna di valore se si considera che i delegati della Felsa Cisl si sono misurati con un mercato del lavoro temporaneo e flessibile, dove, è inutile negarlo, il lavoratore rischia di vivere l’esperienza della precarietà. La precarietà è uno dei fattori di rischio dell’attecchimento dell’individualismo nel mercato del lavoro, generato spesso da irragionevoli spinte datoriali. Lo stress ed il timore che ne consegue, si traduce in atteggiamenti di disincanto, sfiducia, competitività verso i colleghi, rischiando di ostacolare la nascita di quel desiderio di solidarietà e giustizia sociale che costituisce uno dei momenti necessari perché si realizzi una comunità del lavoro, come dovrebbero essere oggi le imprese efficienti e performanti nei loro prodotti/servizi.
Ne viene da sé che questo protagonismo dell’azione sindacale, che si concretizza nella costituzione di una rappresentanza, vede il pericolo presente in quelle tendenze pan-stataliste, in parte presenti, che intraprendono incursioni normative in ambiti tradizionalmente afferenti al ruolo e all’azione sindacale. Ci riferiamo al tema del salario minimo e della rappresentanza che la Cisl giustamente rivendica come prerogative delle Organizzazioni Sindacali, con cui esprimere il proprio protagonismo fondato sulla libertà e sull’autonomia privata collettiva.
La dimensione etica deve essere sempre riproposta come fondamento della nostra azione sindacale. Il fare sindacato e la dimensione etica sono inscindibilmente collegati, e la Cisl ne è profondamente convinta al punto che su questo principio ha fondato il proprio Codice Etico, che coinvolge i propri dirigenti, operatori ed associati. Autonomia, indipendenza, centralità della persona, fiducia sono principi con cui permeare le relazioni fra strutture, dirigenti, delegati ed iscritti.
Infine, una considerazione finale sulla proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori nella gestione delle imprese. Non intendiamo dilungarci sulla proposta di cui già è stato molto scritto, ci preme in questa sede evidenziare come quello della partecipazione sia un tema in cui possono trovare una sintesi tutti quegli elementi di eticità che abbiamo visto connaturati all’azione sindacale ed alla costituzione di una rappresentanza. Intravediamo infatti, nella partecipazione, un ulteriore grado di eticità, per sostenere un rinnovato protagonismo dei corpi intermedi e un riorientarsi in una nuova visione delle dinamiche dialettiche fra capitale e lavoro, che vadano oltre il conflitto e che, con la corresponsabilità introdotta dalle diverse forme partecipative, possono costituire un impulso decisivo verso l’idea (e la pratica) delle imprese pensate e vissute come comunità del lavoro.
Daniel Zanda – Segretario Generale FeLSA-Cisl