Chi lo dice che le ragazze non sono portate per la tecnologia? Il pregiudizio, che però si smonta con la statistica. Secondo una rilevazione Eurostat, nel 2023 il 68% delle ragazze di età compresa tra i 16 e i 19 anni nell’UE possedeva competenze digitali di base o superiori, superando notevolmente la quota della popolazione generale (dai 16 ai 74 anni) ferma al 56%.
Ma cosa sono le competenze digitali? Associate principalmente alle caratteristiche socioculturali della popolazione, si riferiscono a 5 settori: competenze in materia di alfabetizzazione all’informazione e ai dati, capacità di comunicazione e collaborazione, capacità di creazione di contenuti digitali, competenze in materia di sicurezza e capacità di risoluzione dei problemi. Per avere almeno competenze digitali generali di base, le persone devono sapere come svolgere almeno un’attività relativa a ciascun settore.
La percentuale di ragazzi della stessa fascia di età con almeno le competenze digitali di base era leggermente inferiore (65%) a quella delle loro colleghe. Tra i gruppi di età, solo le donne o gli uomini di età compresa tra 20-24 e 25-34 hanno dimostrato quote più elevate (fino al 75%).
La disaggregazione dei dati a livello territoriale, invece, mostra che le percentuali più elevate di ragazze con competenze digitali di base o superiori sono state registrate in Finlandia e Croazia (96% ciascuna!) e Repubblica Ceca (95%). In Italia la quota si ferma poco sotto il 60%, mentre la popolazione generale viaggia intorno al 45%.
Al contrario, le quote più basse sono state segnalate in Romania (44%) e Bulgaria (54%). Ma, sorpresa delle sorprese, non fa troppo bene anche l’avanzatissima Germania, l’unico paese in cui le ragazze non hanno sovraperformato e dove la percentuale di ragazze con competenze digitali è stata inferiore di 6 punti percentuali rispetto alla popolazione generale (46% rispetto al 52%). Al contrario, in Croazia la percentuale di ragazze con almeno le competenze digitali di base era superiore di 37 punti percentuali rispetto alla popolazione generale, con discrepanze analoghe registrate in Lituania (33 punti percentuali) e a Malta (30 punti percentuali).
Meno ottimista è l’Istat. Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto “Decennio digitale e capitale umano: il ritardo dell’Italia nelle competenze” , posto che nel 2023 il divario nelle competenze digitali tra i Paesi dell’Ue27 è elevato, l’Italia si colloca in 23esima posizione, circa 10 punti sotto la media. In generale, in Italia ha competenze almeno di base nei cinque domini il 59,1% dei giovani tra 16 e 24 anni, contro appena il 19,4% degli adulti tra 65 e 74 anni. La distanza intercorrente tra i più giovani e i più anziani è in linea con quella media europea, ma i valori sono nettamente inferiori all’Ue27 in tutte le classi d’età. A pesare è anche la disparità di genere, a favore degli uomini in quasi tutti i Paesi europei e che in Italia è pari a 3,1 punti percentuali. Tuttavia lo svantaggio femminile è presente solamente a partire dai 45 anni, mentre fino ai 44 anni le donne risultano possedere maggiori competenze digitali rispetto agli uomini.
Il principale fattore discriminante insieme all’età è il grado di istruzione: in Italia, tra le persone con titolo di studio di livello universitario. il 74,1% ha competenze digitali almeno di base e per questo segmento di popolazione il divario con la media Ue27 si riduce a -5,7 punti percentuali, mentre tra le persone con un titolo di studio basso, almeno la licenza media (il 22,6%) la distanza con la media Ue27 è di 11 punti percentuali.
Va da sé che nell’epoca della transizione digitale, traiettoria fondamentale da perseguire in ottica di innovazione competitiva, l’avere competenze digitali adeguate è un prerequisito per l’accesso al lavoro e per la riqualificazione delle persone in cerca di lavoro. In Italia nel 2023 i disoccupati in possesso di competenze digitali almeno di base in tutti e cinque i domini sono il 38,7% rispetto al 47,7% della media Ue27. Significativamente la percentuale cresce tra gli occupati: in Italia, il 56,9% raggiunge un livello almeno di base nei cinque domini, ma anche in questo caso permane un ampio divario con la media dell’Ue27 (il 64,7%). Un dato, questo, che dimostra la maggiore dipendenza delle imprese italiane rispetto a quelle europee verso fornitori esterni di servizi e conoscenze specialistiche come, ad esempio, la sicurezza informatica e le vendite via web.
Fondamentale in questo senso è la formazione nei luoghi di lavoro e il programma strategico “decennio digitale 2030” della Commissione europea – articolato in quattro assi d’intervento: capitale umano, imprese, Pubblica Amministrazione, infrastrutture – prevede il monitoraggio anche della quota di imprese con almeno 10 addetti che erogano formazione al personale per sviluppare competenze ICT. Nel 2022 il 19,3% delle imprese italiane con almeno 10 addetti ha realizzato, nel corso dell’anno precedente, attività formative in quest’ambito: si tratta di un valore in forte crescita rispetto al 2017 (+6,4 punti percentuali), anche se inferiore rispetto al 22,4% per l’insieme dell’Ue27 dove, tuttavia, l’aumento è stato molto minore (+1,7 punti).
Il secondo obiettivo concreto del programma strategico è quello di arrivare a 20 milioni di specialisti ICT e a una maggiore presenza di donne in tali professioni. In Italia, stando alla Rilevazione sulle forze di lavoro, nel 2023 sono 970mila persone impiegate in occupazioni che rientrano nell’aggregato degli specialisti ICT . L’obiettivo è arrivare a 1,7 milioni entro il 2030. Rispetto al 2022 gli specialisti ICT sono cresciuti dell’8,0%, contro il 2,1% dell’occupazione complessiva. Il progresso in atto negli anni più recenti è stato notevole (155mila unità, +19% rispetto al 2019), ma inferiore rispetto all’insieme dell’Ue27 (+24,1%) e alla maggioranza degli Stati membri. L’Italia, pertanto, in quattro anni scende dalla 17esima alla 24esima posizione nell’Unione per incidenza di specialisti ICT sul totale degli occupati, nonostante questa sia aumentata dal 3,5 al 4,1% .
Diversi gli elementi che contribuiscono a definire questo quadro di debolezza della posizione italiana – tra cui la bassa diffusione degli specialisti ICT nelle imprese; una quota ridotta di specialisti con titolo universitario, per cui l’Italia è ultima nell’Ue, e nettamente staccata dagli altri Paesi; relativamente pochi specialisti ICT di età inferiore ai 35 anni, il 29,3% contro il 37,3% della media Ue27 e anche in questo caso, l’Italia è ultima tra i Paesi Ue27. Ma anche – ed ecco che torniamo al punto – una presenza femminile persistentemente modesta, in un contesto occupazionale comunque caratterizzato da una prevalenza maschile: nel 2023, le donne erano il 15,7%, contro il 19,4% della media Ue27. In questo caso, il progresso rispetto al 2019 è stato di 0,6 punti in Italia e di 1,6 punti nell’Ue27, allargando il divario.
Innanzitutto, la raccomandazione della Commissione europea presente nella prima relazione sul decennio digitale è quella di intensificare la quota di laureati nelle discipline STEM. Nel 2022, secondo il Ministero dell’Istruzione e della Ricerca, i laureati in Italia sono 468mila, di cui 288mila appartengo all’aggregato delle discipline STEM (il 23,4% del totale).
Ma anche di raggiungere una convergenza di genere nei percorsi formativi delle discipline scientifiche, in particolare per quelle di informatica e tecnologie ICT. Nel 2022, in Italia solo lo 0,3% delle donne ha conseguito una laurea in tale ambito contro l’1,2% degli uomini. Tale disparità si riscontra anche a livello Ue27: 1% delle donne contro il 3,6% degli uomini. Va però segnalato che in Italia, come nella media dei Paesi Ue27 nelle discipline del gruppo Scientifico e Matematico, si registra un vantaggio femminile che nel nostro paese è di 1,3 punti percentuali. Infatti sono il 4,5% le donne residenti in Italia laureate in Scienze naturali, Fisica, Matematica, Statistica, contro il 3,2% degli uomini
Complessivamente, dal 2019 in Italia vi è aumento dei laureati nel complesso molto più accentuato rispetto all’insieme dell’Ue27 (il 12,4% contro il 4,7%). Questo riguarda anche i laureati in discipline STEM (+7,4% rispetto al +6,9%) e, in particolare, nelle ICT (+28,8% in Italia, +22,8% nell’Ue27).
Elettra Raffaela Melucci