“Quello delle aggressioni è un fenomeno molto complesso che si inserisce nel quadro di profonda debolezza che sta vivendo il Sistema Sanitario Nazionale. Ogni giorno si contano 50 aggressioni, ed è una stima al ribasso. È una situazione che non possiamo più accettare in uno stato di diritto”. Così Filippo Anelli, presidente Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a fronte dell’ondata di aggressioni all’Ospedale riuniti di Foggia.
Presidente Anelli di che debolezze stiamo parlando?
I lunghi tempi delle liste di attesa, la carenza del personale, lo scarso appeal del lavorare in ospedale e personale sotto stress e demotivato. Ovviamente la violenza c’è sempre stata ma ultimamente sta assumendo numeri sempre più spaventosi che non sono accettabili. In uno stato di diritto non si può non garantire la sicurezza di persone che lavorano. Medici e infermieri non possono uscire di casa la mattina non sapendo se rientreranno a casa la sera. E operare in un clima dove ci sono forti pressioni, e per di più non sicuro, aumenta la possibilità di commettere errori da parte del personale sanitario.
L’invio dell’esercito è una soluzione?
Quando lo stato invia l’esercito, come fatto nelle ambasciate, nelle stazioni e negli aeroporti, afferma la sua incapacità di presidiare il territorio con forze di polizia adeguate. Ma se questo serve per garantire la sicurezza e la vicinanza dello stato ai professionisti della sanità ben venga.
Paventare la chiusura degli ospedali sarebbe un segnale?
Sarebbe un segnale che decreta il fallimento dello stato al pari delle aggressioni. Quella della chiusura va letta come una provocazione, un modo per scuotere e riaccendere un po’ di orgoglio.
Questi episodi denotano anche una certa facilità di ingresso agli ospedali.
C’è una visione romantica del SSN, un luogo nel quale ci sono persone che fanno del bene agli altri e che quindi non possono essere oggetto di gesti violenti. Purtroppo la realtà smentisce tutto questo. Negli altri uffici del pubblico ci sono dei sistemi che in qualche modo controllano gli accessi, come gli scanner o l’obbligo a identificarsi o entrare uno alla volta. Dovremmo pensare a modalità simili anche per gli ospedali.
Cosa si può fare all’interno dei nosocomi e cosa deve fare la politica per fermare questa piaga?
Si potrebbe pensare a sistemi di video sorveglianza. Grazie a questi introdurre anche l’arresto in flagranza di reato per chi commette atti violenti contro il personale e la proprietà, un po’ come avviene negli stadi. Allo stato chiediamo che le risorse destinate alle strutture ospedaliere siano usate per rafforzarne la sicurezza di chi vi opera.
Tommaso Nutarelli