La donna traballa sulla strada in discesa, aggrappata al suo bastone. La segue, passo passo, un gatto rosso. Il sole picchia, impietoso. Tutto deserto e immoto se non fosse per l’incedere faticoso ma coordinato della strana coppia. L’unico passante si ferma a guardare, stupito dalla sincronicità con la quale le zampe felpate del micio seguono i movimenti ondeggianti della signora, che dimostra un’ottantina d’anni, sobria e dignitosa. “Sembra attaccata a lei con un filo invisibile”, osserva l’interlocutore. “Sì, e pensi che non è mio. Lo hanno abbandonato qualche mese fa. Quando posso gli do qualcosa da mangiare e lui mi scorta, vigile, ogni volta. Lo prenderei con me ma devo operarmi all’anca e proprio non posso. Lo vuole adottare lei?”.
Ad una vile risposta negativa, replica con un sorriso comprensivo. “Capisco, capisco. Ognuno ha i propri problemi. I mascalzoni, le vere bestie, sono coloro che si disfanno di queste creature. O che le tengono in condizioni pietose. Come quello che abita sotto di me, il cui cane sta sempre sul balcone, da solo, con la porta chiusa. E guaisce tutto il tempo. Ho provato a dire qualcosa ma il proprietario mi ha risposto a brutto muso che lui sa come si trattano gli animali, ammonendomi, con durezza, a farmi gli affari miei. Credo sia una sorta di guardia giurata, gira sempre armato. Un tipaccio, c’è da avere paura”.
La signora ha voglia di parlare, di sfogarsi, ferma in mezzo alla viuzza, macchine non ne passano, sono tutti in vacanza. “Io ero professoressa in un liceo. Continuo ancora a dare lezioni di greco, a ragazzi che non sanno nemmeno dove sia la Grecia. Una fatica improba, ma la pensione da insegnante non basta per tutte le esigenze e così devo ancora darmi da fare. Aiuto anche mio figlio, che non ha ancora un lavoro stabile, però lo esorto ad andarsene, appena possibile, all’estero. Qui non si può più vivere. Mio padre ha fatto la guerra e questo mi rendeva orgogliosa. Ma ora, con tutto quello che sento e vedo, mi vergogno di essere italiana”. Una pausa. Poi, all’improvviso, senza minimamente conoscere le idee della persona con la quale sta colloquiando, quasi un grido, sommesso e dolente: “Sono fascisti”.
Non c’è tempo per altre parole. Riprende il claudicante incedere, affiancata dal rosso gatto. La frase resta sospesa nell’aria, trattenuta dalla calura estiva. “Sono fascisti”. Ammonimento, denuncia, esortazione.
Fa pensare a “Il canto del profeta”, romanzo distopico scritto da Paul Lynch e ambientato in un’Irlanda dove la Destra, National Alliance, arriva al governo e si arroga subito il potere di emanare leggi di emergenza, riducendo progressivamente gli spazi di libertà e i diritti individuali. Un’autocrazia che si insinua piano piano nella vita di tutti i giorni, un buco nero nel quale precipita la convivenza civile. Manifestazioni vietate, sindacalisti arrestati, intimidazioni, leva forzata per i ragazzi. Nei quartieri si spara, le scuole vengono chiuse, idem negozi e supermercati. Alla fine, i protagonisti del libro fuggono via mare, su dei barconi, come profughi dalla Siria o dalla Libia. È la guerra civile.
È stato Donald Trump a usare come minaccia questa terribile espressione. Se venisse sconfitto, riconoscerà la vittoria di Kamala Harris o chiamerà alla lotta i suoi sostenitori? C’è già un film, “Civil War”, dove si mostrano, come fosse un documentario, senza fare nomi o prendere posizione, gli Stati non più Uniti sconvolti dalla violenza, dalla ferocia, dal sangue. Quattro giornalisti cercano di raggiungere Washington per intervistare e fotografare il presidente assediato. Ma, quando arrivano, possono solo assistere alla sua esecuzione.
Anche Elon Musk ha parlato di “guerra civile inevitabile” quando in Gran Bretagna torme di estremisti hanno scatenato la caccia all’immigrato assaltando moschee, centri di ritrovo, negozi, bar, ristoranti. A incendiare l’intolleranza è bastata una falsa notizia diffusa da un pluripregiudicato per reati contro i rifugiati che da Cipro, dove è latitante, ha accusato un ghanese di essere l’assassino di tre bambine in un centro di danza. L’odio razziale dalla rete ha tracimato nelle piazze. Sono stati gli stessi cittadini inglesi democratici a mobilitarsi, in un forte empito di solidarietà, per fermare l’annunciato pogrom.
E qui in Italia? Quanti sono i potenziali seguaci del generale Roberto Vannacci? Mentre si chiede di sciogliere l’Anpi, Casapound, che dal 5 all’8 settembre organizza un raduno nazionale in quel di Grosseto, minaccia di scendere in piazza “per una dura opposizione” contro ogni ipotesi di ius soli o ius scholae che darebbe “il colpo di grazia alla nostra identità e alla nostra nazione”. “Non faremo passi indietro”, tuonano i camerati. Toni da guerra civile.
Per fugare ogni dubbio, noi saremo sempre dalla parte dell’anziana professoressa e del fedele randagio.
Marco Cianca