Sinceramente non so dire se la pugile algerina, Imane Khelif, avrebbe potuto gareggiare o meno. Il Cio, il comitato olimpico, effettua sugli atleti controlli e analisi per capire se tutto e a posto e non ci sono situazione al limite. Come prima cosa dovremmo affidarci alla competenza e all’onestà di chi esegue questi test. E non so neanche dire se e come andrebbero cambiate le regole, nel momento in cui queste non fossero più adatte. E non conosco neanche le motivazioni più profonde che hanno spinto la nostra Angela Carini ad abbandonare il ring dopo 46 secondi, a parte quello che lei ha detto e quello che è stato scritto sui giornali.
La mia impressione è che il primo pugno, e forse quello più forte e difficile da assorbire, a Carini sia arrivato dalla nostra politica, caricandola di tensioni inutili e soprattutto tossiche. Da quella che dice di voler tutelare l’onore e l’interesse della nazione in tutti i loro aspetti ma che, alla fine, fa più male che bene. Una destra che non esita a diffondere parole false, dicendo che Khelif è un’atleta transgender, cosa del tutto infondata. In questi tempi in cui l’odio e il sospetto verso l’altro sono ormai diventanti la cifra distintiva delle nostre relazioni, e si versa sangue come se fosse la cosa più normale del mondo, lo spirto olimpico dovrebbe puntare su tutt’altri valori. Una fiaccola di speranza in un momento non facile per l’umanità.
Tommaso Nutarelli