Bene, ci siamo: ecco le Olimpiadi di Parigi 2024. E no, qui non ci soffermeremo sulla presunta (pretestuosa e presuntuosa) lesa maestà di alcune persone per la messa in scena molto camp della cerimonia di apertura. È molto più interessante, invece, notare che questa edizione si contraddistingue per l’assoluta parità numerica tra atlete e atleti: 5.250 e 5.250. Ancora più interessante, però, è rilevare che questi giochi olimpici e paralimpici fioriscono sotto il segno femminile e a certificarlo c’è il logo che raffigura il volto stilizzato della Marianne, simbolo della Francia e dei valori repubblicani di eguaglianza, libertà e fraternità. Così il comunicato del Comitato alla presentazione del logo: “Finalmente, Marianne. Con i suoi tratti femminili, l’emblema di Parigi 2024 rende omaggio a una donna che è un simbolo nazionale francese conosciuto in tutto il mondo. Incarna lo spirito rivoluzionario che infonde i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi. Incapsula il desiderio di portare le competizioni fuori dallo stadio e nel cuore della città. Una figura familiare che è ovunque nella vita quotidiana dei francesi, inoltre ricorda che questi Giochi saranno Giochi per tutti, Giochi che apparterranno alla gente. Il suo viso è anche un omaggio alle atlete e un cenno alla storia, come è stato nel 1900 ai Giochi Olimpici di Parigi che le donne hanno avuto il permesso di competere”.
Al di là del fatto che la stilizzazione potrebbe ricordare un’insegna di parrucchiere, questa virata “femminista” dell’edizione 2024 dei giochi era attesa tanto quanto è stata tardiva nella sua progressione. Così al quotidiano la Repubblica la direttrice della parità di genere del Comitato internazionale olimpico, Marie Sallois: “Ci è voluto molto tempo per raggiungere il 44 per cento di donne a Londra nel 2012, la prima edizione in cui potevano partecipare a tutti gli sport, e poi il 48 per cento a Tokyo nel 2021”.
Significativi passi avanti – simbolici e materiali – sono stati compiuti, dai quali non si può più tornare indietro: dall’intitolazione di impianti sportivi a donne che hanno fatto la storia “affrontando l’attuale disparità che vede solo l’uno per cento degli impianti in Francia intitolati a donne”, alle 22 competizioni di squadre miste (quattro in più rispetto alla precedente edizione di Tokyo 2020), fino alle 30 donne in più nei ruoli di commento della OBS (Olympic Brodcasting Services), che produce i contenuti TV, radio e digitali di Olimpiadi e Paralimpipadi e più donne nei team di produzione e nelle posizioni dirigenziali Inoltre, nel villaggio olimpico sono stati predisposti spazi affinché le atlete possano trascorrere tempo con i loro figli e il Coni ha predisposto una borsa di studio per figure di cura che seguiranno questi bambini.
Complessivamente, a essere capziosi, ci sono voluti 128 anni per segnare il punto sulla parità di genere: nella prima Olimpiade dell’era moderna del 1896 potevano competere solo atleti, perché la presenza delle donne era definita dallo stesso fondatore Pierre De Coubertin “impraticabile, antiestetica, non interessante”. Nel 1900, poi, proprio a Parigi si apre alle donne ma solo in alcune discipline consone (tennis, golf, vela, equitazione, croquet). Il confronto resta impietoso: se a Parigi 1900 avevano partecipato 22 donne (2%), a Tokyo 2020 avevano raggiunto il 48,7%, come rilevato dal progetto #100esperte promosso da Gi.U.Li.A. Giornaliste e dall’Osservatorio di Pavia con il sostegno di Fondazione Bracco, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo (Almed) dell’Università Cattolica e Fondazione Milano Cortina 2026. Progressi si segnalano anche anche nelle Paralimpiadi: a Roma 1960 avevano partecipato 37 donne e 161 uomini (19%); in quelle del 2024, ci saranno 235 eventi medaglia per donne (43%, su un totale di 549).
C’è però ancora un divario di genere tra tutti i ruoli di leadership ai Giochi Olimpici, come quelli di Chef de Mission, Technical Official e coach. Nel Comitato Olimpico le donne sono il 50% nelle Commissioni, ma nel board esecutivo solo il 33%. Mai, invece, una donna presidente.
Più complesso il rapporto tra sportive e media. Monia Azzalini, Responsabile del settore media e genere dell’Osservatorio di Pavia, riporta il dato della sesta edizione del Rapporto del Global Media Monitoring Project (GMMP), il più ampio progetto di ricerca internazionale sulle donne nell’informazione, secondo cui le notizie di sport focalizzate sulle figure femminili sono solo il 4%. Fra i professionisti dello sport, le donne hanno visibilità pari solo al 14% rispetto all’86% degli uomini, ma non sono quasi mai interpellate a titolo di esperte. Infine, il Rapporto GMMP, che nel 2020 ha raccolto i dati relativi a 5 diversi tipi di media in 116 paesi del mondo analizzando 30.172 notizie, ha evidenziato che i servizi sportivi dedicati ai problemi di uguaglianza e di disuguaglianza di genere sono solo l’1%, benché lo sport sia il quinto argomento più trattato a livello mondiale.
Rispetto al tema della comunicazione e della responsabilità dei media nel racconto dello sport, Paola Abbiezzi, Direttrice didattica del Master Comunicare lo sport e coordinatrice della didattica della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica, ha richiamato l’attenzione su un passaggio chiave delle Linee Guida CIO Portrayal: “Lo sport è una delle piattaforme più potenti per promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione di donne e ragazze, e la copertura dello sport è molto influente nel plasmare norme e stereotipi di genere”.
Elettra Raffaela Melucci