Forse non sarà il candidato perfetto, anzi la candidata, forse sarebbe servito qualcuno più conosciuto nel mondo della politica americana, qualcuno che negli ultimi anni avesse fatto parlare di sé stesso di più e meglio, qualcuno cioè che avesse perso iniziative capaci di dimostrare di essere adatto – anzi, adatta – a fare il Presidente degli Stati uniti. Forse, forse, forse…
Ma ormai il tempo del “forse” è scaduto, magari bisognava pensarci prima, un paio d’anni fa l’attuale Presidente Joe Biden avrebbe dovuto dichiarare che lui non si sarebbe ricandidato vista la sua età avanzata e la sua condizione fisica più che precaria. Ma non l’ha fatto, sbagliando per presunzione e per aver creduto che solo lui avrebbe potuto sconfiggere Donald Trump.
Invece non era così, e alla fine anche Biden ha dovuto
ritirarsi dalla corsa alla Casa bianca, indicando la sua sua vice Kamala Harris come la candidata a sostituirlo nella battaglia che da qui a novembre vedrà fronteggiarsi due Americhe. Quella reazionaria, razzista, suprematista e tendenzialmente fascista incarnata da Trump e quella progressista, attenta ai diritti civili e a chi ha meno degli altri, dalla sanità ai salari, rappresentata da Harris. Alla quale però resta poco, pochissimo tempo per convincere la maggioranza degli americani – quelli che votano ovviamente, circa la metà degli aventi diritto – a schierarsi con lei. Ce la farà, oppure gli Stati uniti e il resto del mondo dovranno rassegnarsi a sopravvivere nelle mani di Trump per i prossimi quattro anni?
Lei ha almeno un paio di frecce nel suo arco, il fatto che sia una donna – e se vincesse sarebbe la prima presidente americana, e non è poco – e la sua età, che vista quella del suo antagonista ormai prossimo agli ottant’anni non è irrilevante. Di contro, dovrà vedersela con la macchina da guerra che Trump ha avuto modo di allestire da quando ha perso le ultime elezioni, a cominciare dai finanziamenti che malgrado le stiano arrivando copiosi sono sempre molto al di sotto di quelli del Tycoon.
Ma insomma la partita è aperta e il suo esito non è affatto scontato, anche perché ora Trump dovrà cambiare completamente la sua strategia, finora basata sull’incapacità di Biden di intendere e di volere. Adesso ha di fronte a sé una donna, e già questa è una novità che non aveva previsto, per di più una donna molto più giovane di lui e piuttosto agguerrita e motivata, che potrebbe attirare parecchi voti femminili e pure maschili e soprattutto di giovani americani. Non resta che aspettare il 6 novembre per sapere se gli Stati uniti saranno di nuovo all’avanguardia del mondo occidentale oppure se ripiomberanno nell’oscurantismo.
Questione che ovviamente riguarda anche il resto del mondo, l’Europa e pure l’Italia. In Europa la maggioranza composta da Popolari, Socialisti e Verdi riceverebbe una nuova spinta propulsiva dall’eventuale vittoria de Harris, potrebbe per esempio chiudere definitivamente i conti con quei gruppi di estrema destra capeggiati da Orban, Salvini, Vox e la stessa Giorgia Meloni. I quali, peraltro già divisi nell’Europarlamento, dovranno rassegnarsi a un’opposizione tutto sommato sterile, qualche protesta, qualche strillo, qualche sparata improbabile ma niente di più.
In Italia invece l’opposizione di centrosinistra avrebbe un’occasione storica da cogliere, quella cioè di potersi appoggiare al nuovo governo americano senza temere le incursioni ipocrite della nostra premier che si faceva baciare da Biden sulla fronte. Tanto più che la sconfitta di Trump sarebbe una sconfitta politica anche per la destra italiana che l’ha appoggiato senza pensarci due volte (tranne Antonio Tajani). Il governo guidato da Meloni ne uscirebbe indebolito sul piano internazionale e interno, così come la Lega di Salvini riceverebbe un duro colpo alla sua immagine sovranista che ha costruito in tutti questi anni. Talmente indeboliti sarebbero Fratelli d’Italia e i leghisti, che non si possono escludere contraccolpi sulla tenuta della loro maggioranza. Non a caso già si parla di possibili elezioni anticipate.
Ecco perché l’eventuale vittoria di Harris negli Usa sarebbe un’occasione d’oro per l’opposizione italiana, che a quel punto dovrebbe accelerare al massimo il processo unitario per potersi presentare pronta all’eventuale voto politico. Sempre che Trump perdesse, altrimenti i giochi sarebbero tutti da rifare. E a quel punto per il centrosinistra italiano sarebbe un lavoro, lungo e molto, molto faticoso.
Riccardo Barenghi