Un mezzo passo avanti. Sia pure in salita. Può forse essere questa la sintesi dei risultati dell’incontro sull’ex Ilva che si è svolto oggi a Roma, a Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Presenti, da una parte, i Segretari generali dei sindacati dei metalmeccanici e, tra questi, Michele De Palma (Fiom-Cgil), Rocco Palombella (Uilm-Uil) e Ferdinando Uliano (Fim-Cisl). E, dall’altra, una folta delegazione governativa, guidata da Alfredo Mantovano, sottosegretario alla stessa Presidenza del Consiglio, e composta dai Ministri Marina Calderone (Lavoro e Previdenza), Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente e Energia) e Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy), nonché, in una posizione più defilata, Raffaele Fitto (Affari europei, Politiche di coesione e Pnrr). All’incontro hanno partecipato anche i Commissari incaricati della gestione di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria.
Un mezzo passo avanti, dunque. E ciò non tanto per le cose che sono state dette oggi al tavolo dell’incontro, quanto per il fatto stesso che l’incontro c’è stato. E ciò perché questo appuntamento, di per sé, rappresenta una tappa necessaria dell’ormai lunghissima storia della crisi Ilva. Una storia incominciata nell’agosto del 2012 col memorabile intervento della Procura della Repubblica di Taranto che dispose il sequestro di quello che era allora, e si spera torni a essere, il più grande impianto siderurgico d’Europa. Ma, tornando all’inizio del nostro ragionamento, quella di oggi è stata una tappa vera, e non uno degli ennesimi rinvii di cui, in una certa fase, è stata costellata la storia dell’ex Ilva.
A che punto siamo, allora, di questa lunghissima storia? Cominciamo col dire che siamo all’interno di una nuova fase, quella avviata all’inizio di quest’anno con l’ammissione di Acciaierie d’Italia, la società pubblico-privata che aveva ereditato la gestione degli impianti della ex Ilva, all’Amministrazione straordinaria. Per tornare a dare un futuro al gruppo siderurgico, il compito principale dei Commissari – via, via nominati dall’attuale Governo – era quello di indire una gara internazionale con cui trovare un protagonista del mondo dell’acciaio che si dichiarasse disponibile ad assumere la proprietà di una quota almeno maggioritaria del gruppo stesso.
Ebbene, è questo il punto cui siamo arrivati. Nel senso che, come ha spiegato il ministro Urso nel corso dell’incontro odierno, sono state fin qui espresse sei manifestazioni di interesse da parte di altrettanti “operatori” del settore: due italiani e due indiani, oltre a un’impresa ucraina e a un’altra impresa canadese.
Entro la fine del corrente mese di luglio, dovrebbe quindi essere pubblicato il bando pubblico per la vendita degli impianti della ex Ilva. Da quel momento, le imprese pretendenti avranno tempo fino alla fine di settembre per presentare le loro offerte vincolanti.
Ecco dunque spiegate la collocazione temporale e le motivazioni dell’incontro odierno. I sindacati confederali dei metalmeccanici volevano ricevere dal Governo informazioni dirette sulle sue attuali intenzioni, nonché chiarire al Governo stesso ciò che loro pensano su tre questioni: quali vincoli il bando deve contenere in materia occupazionale e quali prospettive deve delineare in materia industriale e ambientale.
Rispetto all’occupazione, sarà forse utile ricordare che, per ciò che riguarda il solo sito tarantino, si sta parlando di più di 12.000 persone. Per essere precisi, 10.400 lavoratori dipendenti di Acciaierie d’Italia in Amministrazione straordinaria, più 1.800 lavoratori dipendenti da Ilva in Amministrazione straordinaria. E i sindacati non accettano ipotesi di esuberi strutturali.
Ebbene, al di là delle prospettive relative al sito tarantino e agli altri siti produttivi ricompresi all’interno di AdI in Amministrazione straordinaria, già oggi si è cominciato a discutere di Cassa integrazione. È emerso, infatti, che inizialmente, nell’ambito della gestione Commissariale, si era pensato a un totale di 5.200 lavoratori in Cassa integrazione, una cifra giudicata ingiustificata dai sindacati e che sarebbe poi scesa fino a 4.700 dipendenti. Ma va anche detto che questo tema specifico sarà affrontato domani, ovvero giovedì 25, in un apposito incontro già messo in calendario al Ministero del Lavoro.
A quanto si è appreso, va comunque detto che il Commissario Quaranta ha specificato che l’attuale piano di ricorso all’utilizzo della Cassa integrazione riguarda il periodo che va dal luglio 2024 fino alla fine di giugno 2026, ovvero un periodo in cui si prevede che vi sia una progressiva salita della capacità e quindi dell’attività produttiva del sito tarantino. Per il resto, dall’incontro odierno non sono emerse notizie particolarmente confortanti sullo stato degli impianti della ex Ilva. I Commissari straordinari, che hanno partecipato all’incontro, avrebbero anzi sottolineato la difficoltà di operare in un ambiente produttivo che, quando loro ne hanno preso in carico la gestione, lasciava già molto a desiderare.
Al momento, comunque, premesso che attualmente funziona uno solo – il cosiddetto Afo 4 – dei 4 altiforni attivi un tempo nell’impianto tarantino, i Commissari hanno esposto un piano in base al quale a metà del prossimo ottobre dovrebbe partire i lavori per rimettere in funzione anche un secondo altoforno (l’Afo 2), mentre, a cavallo tra dicembre 2024 e gennaio 2025, è prevista l’avvio di analoghi lavori relativi all’Afo 1 (il vecchio Afo 3 è stato smantellato da tempo). Ciò allo scopo di far sì che i tre altiforni siano tutti messi in funzione nel primo trimestre del 2026.
Insomma, le preoccupazioni dei sindacati sono ancora molte, anche perché non è ancora chiaro se, quando sarà raggiunto un eventuale accordo con uno dei candidati acquirenti, la mano pubblica continuerà ad avere un ruolo nella partita, come avviene oggi con AdI in Amministrazione straordinaria, oppure no.
@Fernando_Liuzzi