Quanto è lontano, oggi, Borgo Egnazia da Strasburgo? Migliaia e migliaia di chilometri, ma forse meglio dire: anni luce. Lontanissimo quel clima festoso in cui una Giorgia Meloni sprizzante orgoglio accoglieva i grandi del mondo nel G7 post elezioni europee. Quanti ricordi. Lo sguardo ostile con cui Giorgia a malapena salutava Emmanuel Macron, il maggiore sconfitto (all’epoca così sembrava) dalle urne. La dedizione quasi filiale con cui accudiva un Joe Biden già traballante. L’intimità complice con Rishi Sunak, ancora a capo del Regno unito. Le matte risate con Papa Francesco senza papalina, capelli al vento, come un ragazzino. Le passeggiate sui prati, fianco a fianco all’amica di sempre, my best friend, Ursula. E quella pizzica scatenata, ballata l’ultima sera del G7, di bianco vestita, quasi un rito liberatorio, trionfante e meritato: lei, la sola vincitrice d’Europa, lei che tutto ormai si poteva permettere.
All’epoca – sì, epoca: anche se è passato poco più di un mese siamo già in un altro tempo – di Giorgia Meloni si parlava soprattutto per mirabolarne il risultato elettorale, quel quasi 30% di percentuale, ma anche quegli oltre due milioni di voti personali che ne confermavano la leadership assoluta, in Italia e in Europa, quando praticamente tutti gli altri leader avevano perso. Una vittoria rafforzata dalle vittorie di altre destre europee: e già si favoleggiava di una Meloni incoronata reginetta del ballo di quello schieramento che nei prossimi cinque anni avrebbe tenuto in scacco Bruxelles e Strasburgo, dettando legge. “Cambiando l’Europa”, come da manifesti elettorali di Fratelli d’Italia, tutti con la sua luminosa effige bionda.
E invece.
E invece dopo giugno è arrivato luglio, e il quadro è cambiato drasticamente. Giorgia Meloni, contro ogni previsione e nello sbalordimento generale, non ha saputo cogliere nemmeno un frutto di quel successo. Non è solo colpa sua, certo: è anche che le cose le sono andate incredibilmente storte. L’odiato Macron ha imprevedibilmente recuperato potere. Lo zio Biden, quello dei bacetti in testa, è a un passo dal soccombere a Trump. L’amico del cuore Sunak: fuori pure lui. Quanto ai suoi alleati delle destre europee, l’amico Orban in testa, l’hanno immediatamente tradita, formando un gruppone per conto loro (e per conto del rivale Matteo Salvini) battezzandolo i Patrioti come ulteriore smacco e riducendo a poca cosa il suo Ecr, che da terzo gruppo nel parlamento europeo è scivolato di diverse posizioni, rischiando l’inconsistenza.
A Meloni rimaneva però ancora una carta eccellente da giocare, praticamente un jolly: quella dell’amica Ursula, la presidente che nessuno in realtà davvero voleva rieleggere a capo della Commissione Ue, esistendo molti concreti dubbi sulle sue qualità di leader europea, ma che tutti alla fine si sono rassegnati a riconfermare. In mancanza di altro e, soprattutto, in vista della malaparata, per l’Europa, nel caso assai probabile di un cambio alla Casa Bianca da Biden a Trump. Per la premier italiana la strada sembrava spianata: entrare nella nuova maggioranza Ursula, dimostrare di essere davvero quella solida rappresentante di una destra europeista come i giornali italiani, ma anche esteri, da almeno due anni si ostinavano a descriverla.
E invece.
E invece non lo ha fatto. Non si è accodata a Ursula, no no: le ha votato contro, e lo ha fatto maldestramente, infantilmente, non da giocatrice di poker ma al massimo da rubamazzo. Traccheggiando per settimane, lasciando che i suoi ministri andassero a raccontare off the record ai giornalisti che “si, certo, ma ti pare che non la votiamo”; lasciando che i suoi rappresentanti al parlamento europeo, molto imbarazzati, peraltro, si trincerassero dietro un incredibile “cosa votiamo lo diremo dopo aver votato’’; lasciando che quel patrimonio accumulato dopo le elezioni europee scomparisse in un attimo, bruciato tutto in una mano a rubamazzo, il 18 luglio 2024, alle 14,30 di un pomeriggio di un giorno da cani, a Strasburgo.
Su questo esito inatteso si faranno per settimane grandi analisi politiche, sui giornali, nei talk, in Italia e in Europa. Si potrà chiamare in causa il timore di lasciare spazio al rivale Salvini – la solita regola del “nessun nemico a destra” – oppure la volontà di non snaturare il partito votando assieme ai socialisti. Si potrà accettare la consueta scusa portata da Meloni, e cioè che chi ha sbagliato non è lei – lei? mai! – ma Ursula, per l’incauta decisione di appoggiarsi, invece che a Fratelli d’Italia, ai Verdi. Si potrà dire di tutto, ma ci sono alcune realtà di cui tenere conto, perché ormai sono evidenti.
La prima, la più palese: Meloni e i suoi non sanno fare politica. Non sono capaci, anche se stanno in ballo da decenni, autosegregati nel piccolo mondo antico della destra d’opposizione non hanno avuto modo di imparare nemmeno le basi del far politica. La seconda: Meloni, qualunque cosa ne dicano i tanti che da due anni si ostinano nella narrazione di una Draghi in gonnella, non è la statista destinata a ricostruire quella destra democratica e moderata di cui l’Italia è priva. Il velo lo ha tolto bruscamente proprio la Von der Leyen, spiegando che quella maggioranza, proprio quella li, con i Verdi e senza i Fratelli di Giorgia, l’aveva pensata, costruita e voluta esattamente in quel modo: perché l’Europa ha bisogno di una maggioranza di forze “democratiche”, ed evidentemente non ritiene tali le forze che fanno capo alla premier italiana.
Dunque sarebbe forse il caso di smettere di illudersi che Meloni possa diventare quello che non è, e che mai sarà. Prendendo invece atto di quello che realmente è: come lei stessa si è descritta, è una underdog che tiene soprattutto alla propria “coerenza”, termine che si potrebbe più banalmente tradurre con “cocciutaggine”. E mai, mai, mai, sottovalutare la cocciutaggine di una underdog. Ma chissà, magari funziona benissimo anche cosi. I voti hanno dimostrato di prenderli, e il popolo italiano, al momento, è ancora fortemente con lei. Dunque, non è detto che la mossa europea sia per forza un errore. Tanto più che di errori ne ha fatti anche l’Europa. Uno in particolare piuttosto grave, quello di riconfermare praticamente in blocco una leadership che i cittadini europei avevano dimostrato di non gradire affatto, e che potrebbe avere conseguenze. Ma questo lo scopriremo solo vivendo. Oggi intanto, rispetto a Strasburgo, Borgo Egnazia è sulla Luna, forse su Marte addirittura.
Nunzia Penelope