Circa cento metri di lunghezza e sessanta di larghezza, queste sono le misure standard di un campo di calcio regolamentare. Quindi si tratta di un terreno più lungo che largo, mentre i nostri leader del cosiddetto centrosinistra hanno sempre parlato di un campo largo per potersi alleare elettoralmente e politicamente. Campo che finora non è mai stato costruito, anzi semmai è sempre stato demolito una volta da quello, un’altra da questo, non appena si fosse presentata l’occasione per dar vita a un’alleanza che potesse competere e magari sconfiggere la destra oggi al governo. Troppe differenze politiche tra l’uno e l’altro dei nostri protagonisti e soprattutto troppi personalismi e ambizioni: comando io, decido io, sono io il leader, quello non lo voglio, quell’altro non mi piace, … e così via nella inutile e dannosa fiera delle vanità.
Ora è successo un fatto che ha eccitato giornali e opinionisti vari, è successo che durante la partita tra politici e cantanti Elly Schlein e Matteo Renzi si siano abbracciati in campo, dopo che il leader di Italia viva aveva passato una buona palla alla segretaria del Pd che lei aveva messo in rete. Purtroppo il gol è stato annullato per fuorigioco ma l’abbraccio è rimasto immortalato nelle foto pubblicata a destra e a manca.
Basterà quell’abbraccio a rimettere in campo il campo largo (e scusate il bisticcio di parole)? E basterà la dichiarazione di Giuseppe Conte, secondo cui “Schlein e Renzi devono giocare in attacco”? Ovviamente non basteranno né l’uno né l’altra, per quante affinità si possano trovare, il calcio non è la politica. E viceversa. Troppe sono le differenze, anche caratteriali, anche di comportamento tra i vari protagonisti del centrosinistra nostrano, basti pensare alla proposta del referendum per abolire il jobs act avanzata dalla Cgil e firmata anche dalla leader del Pd, legge fortemente voluta da Renzi quando era premier e ancora oggi da lui difesa strenuamente. Oppure alle incursioni milionarie dello stesso Renzi in Arabia saudita, che tutti gli altri del campo progressista proprio non sopportano. Oppure ai cambiamenti di umore e di idee di Carlo Calenda che un giorno dice una cosa e il giorno dopo il suo contrario. Oppure, ancora, alla palese inaffidabilità di Conte che non si sa se sia di destra o di sinistra e, soprattutto, cosa intenda fare da grande e dove voglia collocare il suo Movimento. E infine alla lotta tra le correnti del Partito democratico che non perdono occasione per far sentire alla segretaria il peso delle loro tessere per condizionare tutte le sue scelte, nonostante il successo riportato dal Pd nei ballottaggi amministrativi.
Eppure, il momento sarebbe ottimo per affondare il colpo, viste le divisioni della destra e i problemi che sta incontrando la nostra premier in Europa, dove Salvini si è messo con Orban e Le Pen mentre Meloni è rimasta a dirigere il suo gruppetto conservatore Ecr. Nel frattempo, i figli di Silvio Berlusconi rilasciano dichiarazioni che certo non aiutano il governo, chi (Marina) sui diritti civili, chi (Pier Silvio) sull’aeroporto intitolato a suo padre dal leader della Lega senza neanche dirglielo prima. E il capo di Forza Italia Antonio Tajani si smarca spesso e volentieri dai suoi alleati, quando considera le loro decisioni o esternazioni troppo estreme. Insomma, la destra non è più quella falange macedone che sembrava essere quando vinse le elezioni due anni fa.
Quale migliore occasione, allora, per schierare tutta l’opposizione da una parte della barricata e far sentire al governo tutto il suo peso parlamentare e sociale per metterlo vieppiù in difficoltà. Invece, ancora si va avanti in ordine sparso, ognuno gioca la sua partita senza passare la palla al compagno di squadra ma cercando l’azione personale che poi finisce nel nulla, sia nel calcio sia in politica. Eppure non ci vorrebbe molto stavolta per imbastire un’azione corale e magari segnare un gol senza finire in fuorigioco.
Riccardo Barenghi