Una vita senza internet è impossibile da concepire. Nel mondo circa 5 miliardi di individui dipendono dal funzionamento della rete e dei suoi servizi per il soddisfacimento di qualunque esigenza – shopping, informazione, studio, svago -, nonché per lo sviluppo e l’implementazione della ricerca, delle scienze, della cultura. L’avvento di internet ha ridisegnato la comunicazione intesa in senso lato, ridefinendo meriti e metodi delle interazioni: nato come strumento bellico durante la guerra fredda, il cui accesso quindi era riservato soltanto ai militari, con la sua liberalizzazione l’accesso è stato aperto a ogni tipologia di utente che ha così visto schiudersi dinanzi a sé la possibilità di esprimersi in piena libertà. Una promessa, più che un fatto, perché progressivamente le imprese hanno abbrancato questo neonato territorio di conquista per indirizzarlo verso specifici obiettivi di natura economica, dando l’avvio a un vero e proprio processo di privatizzazione con determinate regole e vincoli dettate dall’economia di mercato. Le aziende erogano agli utenti contenuti calati dall’alto, la cui fruizione è possibile solo attraverso piattaforme digitali concepite come spazi chiusi e privati. Si dissolve, così, quella promessa democratica di libertà alla base dell’apertura di internet in favore di una vera e propria “platform society”. In realtà, più che dissolversi, questa promessa continua a resistere, ma è solo l’habitus percepito dagli utenti dietro il quale, piuttosto, si malcela la rapacità dei colossi del digitale. La promessa di un mondo nuovo e libero continua a essere sbandierata dai “grandi della terra” – che non sono più i decisori politici, bensì i ceo di aziende come Amazon, Meta, Microsoft, Apple, Google, coloro i quali ormai dettano anche l’agenda politica -, ma in realtà si tratta solo di un nuovo modello capitalista basato interamente sulle informazioni personali degli utenti che vengono vendute e quindi monetizzate. Come affermò nel 2006 Clive Humby, data scientist e matematico inglese: «I dati sono il nuovo petrolio». Poche aziende private vedono ingigantire i loro profitti grazie alle nostre informazioni cedute a titolo gratuito per fruire dei servizi di rete e il loro dominio si fa sempre più incalzante sulle nostre vite in un tempo ormai pandigitale.
Nella sua ultima uscita editoriale dal titolo I 7 tradimenti del digitale (Editori Laterza, 2024, 144 pagine, 15,00 euro), il sociologo Vanni Codeluppi decostruisce in sette mosse una delle principali ideologie del nostro tempo: «Appare evidente – scrive Codeluppi – che le imprese hanno spesso presentato il Web 2.0 come una nuova possibilità a disposizione delle persone per consentire loro di esprimersi e di essere libere e creative, ma ciò è stato negli ultimi anni principalmente un alibi in grado di giustificare e promuovere l’utilizzo dei servizi offerti sul mercato. Si è configurata così una vera e propria ideologia in grado di sostenere lo sviluppo di internet dal punto di vista industriale e commerciale. Un’ideologia “che ha imposto alle nostre società un universo culturale di riferimento e che tutti noi abbiamo interiorizzato e fatto nostro”». Ideologia sostenuta da alcuni concetti chiave che l’autore mette in discussione ed etichetta come “tradimenti” dacché «il processo di privatizzazione di internet non ha portato […] i benefici sperati sia ai singoli individui che alla società nel suo complesso». Sperati, ma anche e soprattutto millantati.
L’analisi decostruzionista di Codeluppi, quindi, si articola in un agile volume composto da sette capitoli corrispondenti ai sette concetti chiave/tradimenti, corredata da un ricco compendio di fondi e voci bibliografiche che corroborano l’attenzione diffusa al disvelamento dell’incantesimo o del luogo comune. Si spazia dai fondamenti culturali del web – coincidenti con l’ideologia californiana «caratterizzata da un processo di fusione tra l’ambiente giovanile radicale e bohémien degli hippies formatisi nei campus universitari della California e quello delle industrie hi-tech della Silicon Valley, tenuti insieme dall’“idea che la tecnologia può trasformare il mondo in un posto migliore per tutti”» -, al mito del do it yourself di matrice protestante che ha mosso le intenzioni dei presunti pionieri della Silicon Valley e dei giovani nerd appassionati di informatica che costituiscono la spina dorsale di quel laboratorio a cielo aperto.
Un interessante capitolo a cura di Maria Angela Polesana, sociologa dei media presso l’università IULM di Milano, affronta il ruolo dell’utente nel web che diventa prosumer, crasi tra consumer e producer, e cioè consumatore e produttore insieme di contenuti e servizi che alimenta il lavoro gratuito di cui si avvalgono le imprese digitali per la crescita dei loro profitti; nonché la messa in rilievo del fenomeno di disintermediazione digitale che ha investito anche la comunicazione politica, favorito «dai media digitali, che ha colpito la già fragile condizione dei cosiddetti “corpi sociali intermedi”, ossia associazioni, sindacati, partiti, luoghi di aggregazione di soggetti che col tempo hanno perso il loro ruolo e la loro credibilità. Negli ultimi decenni – precisa Polesana – una ostilità diffusa nei confronti dei corpi intermedi è stata alimentata dalle ideologie liberiste e populiste e, più in generale, da una cultura dominante permeata di individualismo e fiducia incondizionata nella disintermediazione sociale e politica». Nel web si organizza il consenso politico dei gruppi di opinione che si mobilitano senza la guida di un leader e «alla democrazia rappresentativa si oppone la democrazia diretta con irruzioni sulla scena politica di attori che danno vita a forme di espressione politica animate dai cittadini grazie, in particolare, alle piattaforme di social media».
Codeluppi, poi, affronta il delicato tema della privacy, che con la società delle piattaforme è venuta disgregandosi attraverso l’abbattimento del confine tra vita pubblica e privata degli utenti, che accettano come “nuova normalità” la ribalta di sé stessi e l’esposizione delle proprie esistenze. Si tratta di quello che la sociologa statunitense Shoshana Zuboff ha definito “capitalismo della sorveglianza”, un modello economico «che per produrre valore si appropria dell’esperienza umana usandola come materia prima da trasformare in dati sui comportamenti».
Immancabile, poi, data la stringentissima attualità, un capitolo dedicato all’intelligenza artificiale e al suo funzionamento, che traghetta la trattazione verso l’analisi del concetto di realtà virtuale e quindi del Metaverso, che stravolgeranno definitivamente i tradizionali rapporti tra le persone in tutti gli ambiti dell’esistenza.
Insomma, che lo si voglia o no, siamo aggrappati al funzionamento di un algoritmo. Si può provare a sfuggirgli esperendo forme di vita alternative, ma la datificazione della nostra persona precede la nostra volontà. La tecnologia dal volto umano, così come si ostinano a imbonirci, nel perseguimento della “trasparenza” e della “chiarezza”, è una mera chimera e forse ne siamo tutti consapevoli. Questa consapevolezza, in qualche modo, è diventata una nuova normalità che tuttavia accettiamo acriticamente. Con il suo volume, ultimo di una serie di pubblicazioni dedicate al digitale, Vanni Codeluppi illumina di luce critica questa normalità svelando quella miriade di punti ciechi che ci ostiniamo a ignorare, probabilmente per accidia, per paura o forse per disillusione di avere una qualche forma di ingerenza sulle azioni delle big tech. Processando – nell’accezione informatica quanto giurisprudenziale – questi tradimenti del digitale, l’autore ci imbocca con estrema chiarezza dei concetti che potrebbero anche apparire elementari, ma che proprio in quanto tali diamo per scontato e finiamo per dimenticare. Avere presenti le basi concettuali di un sistema che domina e pervade le nostre esistenze è fondamentale, perché senza una coscienza propedeutica il rischio è quello di appiattirsi su un gioco al quale forse non vogliamo più partecipare.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: I 7 tradimenti del digitale
Autore: Vanni Codeluppi
Editore: Laterza
Anno di pubblicazione: 2024
Pagine: 144 pp.
ISBN: 978-88-581-5460-1
Prezzo: 15,00€