Che il reddito di cittadinanza (RdC) e l’annessa pensione di cittadinanza (PdC) non abbiano abolito la povertà è un dato reale e condiviso che si aggiunge al totale fallimento dell’istituto sul versante delle politiche attive. Ovviamente – come vedremo in seguito – l’impiego di 34 miliardi di euro per finanziare il provvedimento nel corso del periodo di vigenza (1° maggio 2019- 31 dicembre 2023) qualche effetto positivo lo ha determinato. Ma come ha dimostrato il Rapporto di monitoraggio del comitato scientifico, presieduto da Natale Forlani, reso noto nei giorni scorsi dal Ministero del Lavoro ha aperto uno scenario di riflessioni critiche relative a quella che appare come la principale ragione degli scarsi risultati.
L’assegno contro la povertà non intercetta i poveri
Per farla breve, per quanto riguarda i beneficiari del RdC le persone in condizione di povertà assoluta sono state raggiunte in misura parziale: in sostanza la prestazione che avrebbe dovuto alleviare le persone in condizioni di povertà assoluta non è riuscita ad intercettare i beneficiari a cui era rivolta il Rapporto spiega come abbia potuto determinarsi questo paradosso. Le famiglie con diritto di percepire il Reddito di Cittadinanza (RdC) e quelle in condizione di Povertà Assoluta sono due universi solo parzialmente sovrapponibili. L’accesso a questa integrazione al reddito (RdC), infatti, tiene conto di criteri diversi rispetto alle condizioni definite per la stima delle famiglie in condizione di povertà assoluta. Le principali differenze tra criteri di accessibilità al RdC e la condizione di povertà assoluta risiedono sia negli indicatori di benessere di riferimento, sia nell’universo di riferimento, sia nei livelli delle soglie.
I differenti indicatori
Il rapporto, poi, spiega: • per il RdC l’indicatore di benessere è costituito da redditi e patrimonio dichiarati tramite l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), integrato con ulteriori elementi. Per la stima della povertà assoluta l’Istat l’indicatore si basa, invece, sulle spese delle famiglie per consumi comprensive degli affitti figurativi. Per il RdC, inoltre, si fa riferimento alle dichiarazioni presentate dai richiedenti e sottoposte a verifica da parte dall’INPS. La povertà assoluta è stimata utilizzando i dati rilevati tramite indagine campionaria, definendo come povere assolute le famiglie (e tutti i loro componenti) che hanno una spesa per consumi inferiore alla propria soglia.Il RdC non è disegnato per contrastare specificamente la povertà assoluta, considera fattori patrimoniali e reddituali, la povertà assoluta la spesa per consumi. Il RdC è selettivo in negativo (ad es., stranieri) o in positivo (ad es., affittuari) su alcuni segmenti di popolazione. Le due misure utilizzano scale differenti. Il RdC ha un riferimento nazionale, la povertà assoluta tiene conto del costo differenziato sul territorio. Di conseguenza, secondo il rapporto di monitoraggio (e partendo da spese e povertà in assenza di RdC e valutando l’impatto dopo averlo aggiunto) delle famiglie stimate in povertà assoluta in assenza di sostegni, il 34,5% ha ricevuto il RdC nel 2020, il 38,0% nel 2021 e il 32,3% nel 2022. Letta dal lato del sussidio, il 55,2% delle erogazioni va a famiglie in povertà assoluta nel 2020, il 58,7% nel 2021 e il 53,4% nel 2022. La percentuale di famiglie beneficiarie di RdC tra le famiglie povere è più alta per alcuni sottogruppi di famiglie, legandosi alle specificità dei requisiti previsti per accedere alla misura di sostegno.
Le tipologie famigliari
Se consideriamo solamente le famiglie che prima dell’erogazione dei sussidi erano in povertà assoluta, le percentuali più alte di famiglie con RdC si raggiungono nel Mezzogiorno (46,0% sia nel Sud sia nelle Isole nel 2022; era il 56,0% nelle Isole nel 2021), dove i redditi sono mediamente più bassi e l’accesso al mercato del lavoro più difficile. Le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione sono raggiunte dal sussidio in oltre due casi su tre nei tre anni (67,6% nel 2022). Le famiglie con stranieri sono beneficiate meno delle famiglie di soli italiani (25,3% contro 35,1% nel 2022). Le famiglie in affitto sono percettrici di RdC in quasi metà dei casi nel 2020 (48,2%) per scendere al 40,2% nel 2022, il doppio rispetto alle famiglie proprietarie dell’abitazione in cui vivono (20,5%).
Le condizioni di povertà per territorio, genere e professioni
Con il passare degli anni – sostiene il Rapporto di monitoraggio – la povertà ha coinvolto sempre più famiglie con occupati; sebbene infatti l’incidenza di povertà sia particolarmente elevata tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di lavoro (20,2% nel 2022), la quota di famiglie povere con persona di riferimento occupata ha raggiunto il 7,5% nel 2022, in crescita dal 6,8% del 2021. Nel complesso, gli occupati rappresentano il 30,5% dei poveri, poco più di 1,7 milioni di individui su un totale di 5,6 milioni di poveri.
Tra le diverse figure professionali, gli operai e assimilati sono l’unica categoria a presentare un’incidenza di povertà maggiore della media nazionale (13,6% vs 9,7%), e questo accade in tutte le ripartizioni. Gli operai poveri sono il 24,6% del totale dei poveri a Nord, il 23,1% al Centro e il 14,5% nel Sud e Isole. Questa distribuzione non meraviglia – sottolinea il Rapporto- visto che a Nord la percentuale di occupati è maggiore e, quindi, anche gli operai sono di più (in complesso, 16,1% della popolazione al Nord, 14,5% al Centro e 11,4% nel Mezzogiorno).
Beneficiari del RdC e della PdC
Dal 2020, il numero di nuclei familiari beneficiari di RdC/Pdc si è attestato attorno ai 1,6 milioni di nuclei, in crescita del 45% rispetto al 2019, quando i nuclei beneficiari2 erano pari a 1,1 milioni di nuclei. Nel 2021, il numero di nuclei beneficiari ha superato 1,6 milioni, ed è sceso a circa 1,570,000 nuclei nel 2022. La quota di beneficiari di Pdc si è ridotta nel tempo, passando dal 11% del 2019 al 7% del 2022, per un totale di 105 mila nuclei beneficiari Pdc nel 2022. Tra i beneficiari 2022, il 75% circa (approssimativamente 1,2 milioni di nuclei) ha concluso l’anno di riferimento essendo ancora beneficiario RdC/PdC e ricevendo, quindi, il beneficio economico. Il rimanente 25%, invece, ha terminato l’anno avendo perso il beneficio, a causa della decadenza della domanda per la sopravvenuta perdita dei requisiti (ad esempio a causa del miglioramento della condizione economica familiare) o a causa del termine per conclusione del ciclo di 18 mesi. Il dato è in crescita rispetto al 2021. Infatti, il ciclo di 18 mesi di questi nuclei era iniziato al più tardi nella seconda metà del 2020, un periodo di significativa crescita nel numero di beneficiari e di difficoltà economiche causate dalla pandemia di Covid-19. Pertanto, è probabile che molte famiglie, dopo aver terminato il ciclo di 18 mesi, non avessero più i requisiti necessari per richiedere il RdC. Questo dato sottolinea l’efficacia del RdC nel fornire una maggiore copertura durante i periodi di crisi economica, riducendo poi la sua portata all’atto del miglioramento delle condizioni economiche generali.
L’84% dei nuclei beneficiari del 2022 era già stato beneficiario nel 2021, continuando a soddisfare i criteri di accesso rivalutati da INPS ogni anno, alla presentazione della nuova DSU, o di una nuova domanda dopo la decadenza o il termine.
Il 2021 ha registrato un picco nel numero di nuclei che hanno ricevuto il beneficio economico durante l’anno ma la cui domanda è stata successivamente revocata per casi di accertamento del mancato possesso dei requisiti dichiarati5. I nuclei con sole domande revocate nel corso dell’anno di riferimento non sono inclusi nelle analisi del Rapporto.
Effetti del RdC
Il Reddito di Cittadinanza (RdC), per numerosità dei nuclei coinvolti e per importi erogati, ha costituito un unicum nel panorama delle politiche di inclusione sociale degli ultimi decenni. Per questa ragione, il programma è stato oggetto di un’intensa attenzione da parte degli esperti del settore, alimentando un vivace dibattito, spesso avvenuto sotto i riflettori dei media.
La peculiare natura del beneficio, erogato come integrazione rispetto a una soglia reddituale, infatti, ha fatto sì che durante il suo periodo di funzionamento (da aprile 2019 a dicembre 2023) ci fossero notevoli variazioni nel numero dei beneficiari a causa del cambiamento nelle loro condizioni economiche. Inoltre, ogni erogazione mensile è oggetto di validazioni automatiche da parte delle procedure informatiche dell’INPS, in grado di verificare mensilmente il soddisfacimento dei requisiti dichiarati sul modello ISEE; a ciò si aggiungono i controlli mirati in grado di determinare decadenze, revoche e sospensioni dei benefici. Questa struttura ha comportato delle variazioni – anche sostanziali – del numero dei percettori e degli individui coinvolti dalla misura. Il picco dei percettori si è riscontrato a metà nel 2021 e, a seguito di tale periodo, si è visto un graduale decremento del numero dei nuclei percettori, che superano di poco il milione di unità nel primo semestre del 2023.
Con il passare del tempo, i nuclei che sono rimasti nella misura sono quelli a più alto rischio di esclusione sociale, indicato dai più bassi valori medi dell’indicatore di condizione economica (ISEE) e dall’importo medio più elevato dei benefici erogati.
I nuclei uscenti hanno una quota più elevata e crescente nel tempo di individui in età da lavoro.
L’erogazione del RdC ha permesso a 404 mila famiglie nel 2020, a 484 mila nel 2021 e a 454 mila famiglie nel 2022 di uscire dalla condizione di povertà o di non cadervi (rispettivamente, il 16,6%, il 19,3% e il 17,1% delle famiglie che erano in povertà assoluta), per un totale di 876mila individui nel 2020 e di oltre un milione sia nel 2021 che nel 2022 (il 14,0%, il 16,9% e il 15,4% dei poveri assoluti stimati in assenza di sussidi).
Nel 2020, l’incidenza familiare scende di 1,6 p.p. (1,5 p.p. l’incidenza individuale); nel 2021 di 1,9 p.p. (1,8 p.p. l’individuale); e nel 2022 di 1,7 p.p (1,8 p.p. l’incidenza individuale). Nel 2022, nel Sud -3,8 p.p. (-211 mila famiglie) e nelle Isole -3,9 p.p. (-109 mila famiglie); nel Nord-ovest e nel Nord-est meno di un p.p. (rispettivamente, -37 e – 35 mila famiglie).
Tra le famiglie in affitto -5.1 p.p., tra le famiglie proprietarie -0,7 p.p. (l’incidenza resta comunque 21,2 vs 4,8 nel 2022).
Tra le famiglie con PR in cerca di occupazione -13,7 p.p. nel 2022.
Famiglie con stranieri -3,3 p.p. vs -1,6 circa per le famiglie di soli italiani (per arrivare a un’incidenza di 28,9% vs 6,4% nel 2022)
Le professioni interessate
Le professioni dei beneficiari sono concentrate sui segmenti meno pregiati, con rilevanti specificità di genere. L’incidenza di professioni non qualificate tra le donne è quasi quattro volte quella che si registra sull’intera popolazione, per gli uomini è più di tre volte; notevole è anche la porzione impegnata in professioni legate alle attività commerciali.
La professione più frequente fra gli uomini è quella di addetto nelle attività di ristorazione; seguono le professioni artigiane e operaie (nelle costruzioni), le professioni agricole non qualificate, le professioni nella filiera logistica, quelle dei servizi di pulizia. In particolare, i beneficiari RED rappresentano quasi un quarto degli occupati che si dichiarano venditori ambulanti, un settimo delle professioni agricole non specializzate, un ottavo del personale non qualificato nei servizi di pulizia.
Le professioni femminili sono molto più concentrate su un numero ridotto di modalità. In particolare, più di una su cinque svolge servizi domestici: le beneficiarie RdC rappresentano infatti poco meno del 20% del totale delle donne attive in questa professione stimate attraverso LFS. Seguono come importanza le professioni qualificate nei servizi personali e nei servizi di pulizia e le addette nei servizi di ristorazione. Le prime quattro professioni includono oltre il 60% delle occupate beneficiarie di RdC.
L’attività di formazione
Nel complessivo processo di attuazione del Reddito di Cittadinanza, sono state implementate numerose attività ed iniziative finalizzate ad una migliore e più efficace gestione del sistema di presa in carico, nel rispetto dell’attuale quadro normativo di riferimento. Tra queste, sono state svolte molteplici attività formative.
Formazione sui Patti per l’inclusione sociale e sui Progetti utili alla collettività: formazione attraverso una piattaforma di e-learnig indirizzata agli operatori. Per gli assistenti sociali iscritti all’Ordine, la partecipazione al corso vede il riconoscimento del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS), che assegna crediti formativi e deontologici. Il corso, a fine 2022, risultava superato da 1984 operatori.
Formazione continua: in risposta all’esigenza espressa dai territori di ricevere continuo supporto formativo rispetto all’attuazione della componente sociale del RdC, la Direzione organizza, con l’assistenza della Banca Mondiale in raccordo con le Regioni, diversi cicli di eventi formativi a distanza (webinar) sul contenuto della misura RdC, sul processo di presa in carico da parte dei Servizi sociali tramite la Piattaforma GePI e sull’avvio dei PUC. Tra il 2020 e il 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha organizzato con il supporto della Banca Mondiale 183 eventi formativi sul GePI, con 32.626 partecipanti.
Giuliano Cazzola