Poco ancora si sa di quanto vorrebbe fare il nuovo presidente di Confindustria. Si conoscono alcune sue parole d’ordine. Le prime sono “unità” e “identità”. Giustamente perché per la confederazione degli industriali l’unità è la prima necessità, dopo le traversie degli ultimi anni, soprattutto dopo l’ultima campagna presidenziale, quanto meno turbolenta e divisiva. Unità, dunque, e, subito dopo identità, perché è con l’identità, con la coincidenza degli interessi, che si cementa l’unità. La terza parola d’ordine è “dialogo”, perché il suo mandato sia svolto all’insegna del confronto civile con le forze con le quali si vuole costruire il futuro.
Emanuele Orsini ha specificato che vuole dialogare con le forze politiche, tutte, di maggioranza e di opposizione. E ha cominciato subito incontrando il ministro del Made in Italy Adolfo Urso e dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, per discutere con loro delle urgenze, il via a una nuova politica industriale e la strategia per superare la transizione energetica, la più complessa. Nulla finora Orsini ha detto in merito a una ripresa di contatti con il sindacato confederale. L’ultimo confindustriale a parlare dell’opportunità della ripresa del confronto tra le parti sociali è stato Maurizio Stirpe, che ha sottolineato l’urgenza e la convenienza di riprendere il dialogo, soprattutto per rivedere e completare quel Patto della fabbrica del 2018 che ha cercato di rimettere ordine nel vasto campo delle relazioni industriali. Ma Stirpe ha ormai lasciato la carica di vicepresidente dei problemi del lavoro.
Dal settimo piano di viale dell’Astronomia nulla di più in questo campo. Eppure, ci sarebbe bisogno di riprendere il dialogo con le parti sociali, quanto meno per risolvere una volta per tutte il nodo della rappresentanza. È emerso nei giorni scorsi, e Il diario del lavoro ne ha dato immediata notizia, che i conti sulla rappresentatività, almeno quelli relativi alle categorie più importanti, sono ormai definiti, pronti, ma vengono tenuti riservati dalle confederazioni sindacali. Riprendere il dialogo potrebbe servire a fare chiarezza, oltre che a riprendere il tema del calcolo della rappresentatività delle organizzazioni datoriali, operazione che Confindustria non ha mai boicottato. E che sarebbe molto utile nell’azione di disboscamento della foresta dei contratti pirata.
Ma forse la disponibilità di Confindustria a riprendere quel dialogo potrebbe non essere sufficiente, perché se la Cisl continua a premere tutti i giorni sulla necessità di un nuovo grande patto sociale, la Cgil sembra poco interessata all’argomento. Al momento nel panorama della confederazione di Maurizio Landini ci sono soprattutto i referendum abrogativi che ha avviato e per i quali ha impegnato tutte le forze della confederazione. Forse è anche per questo che la nuova presidenza di Confindustria non spinge per una ripresa del dialogo tra parti sociali, perché nessuno è interessato a farsi chiudere la porta in faccia.
Tutto giusto, ma forse le parti sociali, gli imprenditori e i rappresentanti dei lavoratori, dovrebbero cercare di volare un po’ più in alto. Nessuno chiede loro di esercitare una supplenza rispetto alla politica, come pure è avvenuto in passato. Adesso i partiti politici sono forti, semmai il problema è che sono troppo forti. Ma le forze sociali devono agire per la difesa dei loro interessi, ma quelli più alti, mentre invece sembra che si stia litigando per gli spiccioli. Adesso si vive di tempi brevi, sempre più brevi, siamo al tempo dei like, non c’è pensiero politico che possa dirsi tale. E invece questo è il momento per cercare un nuovo protagonismo perché le transizioni si fanno stringenti, è venuto il momento di decisioni forti ed è necessario che le forze sociali siano in campo. Non basta rinnovare i contratti di lavoro, che pure sono atto importante, spesso coraggioso, è necessario affrontare i nodi di fonda della convivenza e della coesione sociale.
Massimo Mascini