Prima di discutere e decidere per chi votare, bisogna pensare se votare o no. Questo purtroppo è il pensiero che circola nella testa di molti italiani, che da anni sono ormai disaffezionati alla politica, pensano che chiunque vinca e vada al potere, nulla cambierà per la loro vita, e allora tanto vale lasciar perdere, non recarsi alle urne e andarsene al mare. Tanto più se si tratta di elezioni europee, che ancor più di quelle nazionali sono percepite come ininfluenti sull’assetto delle nostre istituzioni e in particolare del nostro governo. E infatti già si prevede un poderoso aumento dell’astensione, sembra che andrà a votare meno del 50 per cento degli aventi diritto. Ovviamente non è una buona prospettiva, perché alla fine dei conti qualcuno decide e decide chi a votare ci va. Per dirla con Giorgio Gaber: “Libertà non è star sopra un albero, libertà è partecipazione”.
Dunque sarebbe meglio partecipare anche se non è facile trovare gli argomenti per convincere i disillusi a cambiare idea, loro temono che il loro voto non conterà nulla o quasi, ed è anche difficile dar loro torto. Tuttavia potrebbe non andare così, potrebbe accadere che il voto europeo riesca a determinare un nuovo assetto politico del nostro continente. Magari migliore di quello attuale. Potrebbe, ma il condizionale è d’obbligo.
In ogni caso più o meno la metà degli elettori italiani a votare ci andrà: ma per chi voterà? E soprattutto per cosa voterà? Voterà per un Europa che sia più forte nel mondo e più presente nelle politiche e nelle decisioni nazionali oppure per “meno Europa e più Italia” come dice uno slogan di Salvini? Voterà per un’Europa che si assuma l’onere di cercare sul serio una soluzione diplomatica per la pace in Ucraina oppure per lasciare le cose come stanno, ovvero continuare a fornire armi a Kiev nell’illusione che possa sul serio sconfiggere la Russia? Rischiando in questo caso che la guerra si allarghi e alla fine costringa pure altri Stati a entrare nel conflitto (il Presidente francese Macron non vede l’ora di mandare i suoi e nostri soldati al fronte)? Voterà per un’Europa che consenta a tutti i suoi membri di spendere di più per il proprio stato sociale, oppure per un’Unione che continui a mantenere la cinghia stretta? Per un Europa che si faccia carico dei migranti oppure che se ne freghi e li lasci in balia del mare e dei Paesi che non li vogliono e che quindi non li salvano nemmeno quando sono a rischio di annegare? E così via, con altre dieci o cento questioni che ci riguardano direttamente, anche se spesso tocca all’Europa affrontarle e decidere come procedere.
Ecco perché converrebbe votare e votare anche bene. Nel senso di premiare quelle forze politiche che non amano il sovranismo, questa nuova ideologia che va per la maggiore nel mondo delle destre europee. Un’ideologia che sostiene l’arcaico adagio “ognuno è padrone in casa propria”, quando è evidente che la “casa propria” è ormai da anni l’Europa e sempre più lo sarà. A condizione, ovviamente, che questa stessa Europa cambi radicalmente.
Il rischio però è che cambi in peggio, molto in peggio. E’ evidente che un’eventuale affermazione delle destre del continente, a cominciare da quella ungherese di Orban per finire con quella italiana di Salvini e Vannacci (e Meloni), passando per quella spagnola di Vox, quella francese di Marie Le Pen, quella neonazista tedesca e le tante che proliferano nei paesi dell’est, ma anche in Olanda, in Danimarca e nei paesi scandinavi, darebbe all’Unione europea una poderosa spinta regressiva. Spinta che tra qualche mese potrebbe giovarsi anche della possibile vittoria negli Usa di Donald Trump. Mettiamoci pure l’astensionismo che in questo caso rischia di penalizzare più le sinistre che le destra, e la frittata sarebbe fatta.
A meno che un sussulto democratico non riesca a smuovere i tanti elettori progressisti in letargo, convincendoli ad abbandonare il loro scetticismo cronico (peraltro parzialmente giustificato) e a votare per chi l’Europa la vuole cambiare in meglio. Forse è solo un sogno, ma a volte i sogni si avverano. Come si dice in gergo sportivo, bisognerebbe crederci.
Riccardo Barenghi