“Oggi la Repubblica Italiana è Brescia, è Piazza della Loggia, è questo teatro, con la presenza e il coinvolgimento di tante persone”. E ancora “Al di là delle doverose rievocazioni, il modo per ricordarli degnamente è quello di respingere e isolare i predicatori d’odio, gli operatori di mistificazione, i seminatori di discordia. È quello di rivendicare e vivere i principi e i valori su cui si basa la nostra Costituzione”. “L’Italia, oggi, abbraccia Brescia nel comune ricordo dei suoi martiri. Non saranno dimenticati perché il loro ricordo continua a suscitare impegno per la libertà, per la pace, per la democrazia”.
Sono alcuni passaggi del discorso tenuto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Brescia nelle commemorazioni per ricordare le vittime della strage, di matrice neofascista, di Piazza della Loggia cinquant’anni fa. Un discorso alto, nel quale da ogni parola trasuda l’importanza delle istituzioni e i valori della Costituzione che stanno alla base della Repubblica. Valori grazie ai quali è ancora possibile isolare e neutralizzare i predicatori d’odio, e affermare la libertà, la pace e la democrazia.
Nelle stesse ore la presidente del Consiglio, in visita a Caivano, per l’inaugurazione del centro sportivo dedicato a Pino Daniele, consuma la sua personale vendetta nei confronti del presidente della Regione Campania, De Luca.
Lo sguardo, la postura e l’incedere della premier ricordano le migliori ambientazioni da far west, dove i due pistoleri, attorniati da una folla silenziosa, si affrontano per l’ultimo scontro. Così quello che si consuma a Caivano è l’epilogo di quel “ma vai a lavorare stronza” rivolto da De Luca alla presidente del Consiglio a febbraio, durante le proteste per l’autonomia differenziata. La risposta della leader di Fratelli d’Italia non si fa attendere. Si percepisce che il colpo era in canna da tempo. “Sono quella stronza della Meloni” rivolgendosi a De Luca. Non si è mai visto in nessun paese che il primo ministro si dia dello stronzo da solo.
Brescia e Caivano. Mattarella e Meloni. Due stili e due posture agli antipodi nello svolgere la carica istituzionale e politica che ricoprono.
Insomma gli abiti da presidente del Consiglio che rappresenta tutti, l’intera nazione, proprio Meloni non riesce a indossarli. Si trova molto di più a suo agio nelle vesti di capo tribù, intenta ad aizzare i suoi, in stile branco contro la preda, verso il nemico di turno. Nella migliore delle ipotesi sbeffeggia chi non la pensa come lei oppure, prassi molto più ricorrente, viene additato come traditore della patria.
Le parole usate da De Luca sono sempre da condannare, ma quello che è successo a Caivano ci restituisce una premier nervosa, che si presta alle critiche, anche le più triviali, che non ha nulla di quel be presidential, che gli americani ricercano come prima dote nell’inquilino della Casa Bianca. Sorge anche il sospetto, anche se non se ne hanno le prove, che con questa uscita si sia voluto inquinare e volgarizzare una ricorrenza importante per la storia della Repubblica, e deprecabile per la destra.
Ma tant’è, questo è il livello offerto dalla nostra premier. E il dispiacere più grande è che, in vista delle prossime elezioni, non ci sia nessuna scheda da crocettare con il volto rassicurante e autorevole di Mattarella.
Tommaso Nutarelli