L’insediamento ufficiale di Emanuele Orsini come nuovo presidente di Confindustria non ha dato sorprese. Ma ha fornito qualche elemento per capire meglio quale Confindustria il neo leader abbia in testa. In assenza di un testo programmatico (che arriverà si presume solo a settembre, quando ci sarà il vero debutto e il presidente parlerà all’assemblea generale) restano le frasi pronunciate nella sua prima conferenza stampa, subito dopo l’elezione da parte dei delegati. Per la cronaca: con 789 voti a favore, 4 contrari e 55 schede bianche. Se ne deduce che ci sarebbero una sessantina di persone quanto meno non convinte della scelta, ma sugli 865 aventi diritto al voto sono davvero cosa da poco. E infatti Orsini ha sottolineato con soddisfazione la “ritrovata unità” dopo una campagna elettorale alquanto travagliata. Non che ci fossero dubbi, al proposito: è capitato spesso di vedere la Confindustria spaccarsi e poi magicamente ricompattarsi sul presidente eletto.
Tornando agli enunciati del presidente, basta scorrere i quotidiani del giorno dopo per capire che non c’è stato nessun messaggio così forte da dettare titoli univoci. “Avanti per far crescere il paese”, è il mantra di Orsini, che però non spiega esattamente come, limitandosi a citare i tre “pilastri” del suo mandato, che saranno “dialogo, identità, unità”. Il risultato, dal punto di vista dei media, è che i principali quotidiani nazionali hanno spizzicato qua e là: Repubblica titola sulla richiesta (giustissima) di case per giovani e migranti, Il Sole 24 ore sull’unità ritrovata di Confindustria, il Corriere sulla vocazione al nucleare del nuovo presidente, la Stampa sul cuneo fiscale e gli sgravi alle imprese, e così via.
Dalla conferenza stampa emergono comunque spunti interessanti. Sull’autonomia differenziata, per esempio, il neo presidente sembra prudente, spingendosi a chiedere al governo di “rivedere alcuni capitoli” perché “il paese ha bisogno di unità”. Sembrerebbe una semi bocciatura. Così come è sicuramente una bocciatura quella sulle decisioni del Governo rispetto al superbonus: “d’accordo che venga chiuso, ma almeno facciamo finire i lavori alle imprese. Se non facciamo scontare loro il credito è un problema”. E comunque “no ai provvedimenti retroattivi”, perché causano una perdita di fiducia nel sistema. Sempre rivolto al governo, Orsini chiede “investimenti” e soprattutto “industria 5.0, che stiamo aspettando da tempo”. Freddezza, o per lo meno scetticismo, per il Ponte di Messina: “sono favorevole al ponte come a tutte le infrastrutture, ma poi bisogna arrivarci…”. Bene la riduzione del cuneo fiscale, e si anche al nucleare, recentemente riproposto dal governo. Si direbbe ci sia invece una certa freddezza verso Stellantis, che “spero realizzi la promessa di un milione di auto”; e ancora, sempre relativamente all’automotive, no agli incentivi “per auto che vengono da fuori Europa”, e no anche allo stop per i motori endotermici come deciso dall’Ue.
Passando ai rapporti coi sindacati, Orsini afferma di credere nel dialogo e nel confronto, anzi, di ritenerlo necessario, cosi come ritiene necessaria l’unità fra le confederazioni, che oggi sono però più divise di sempre. In ogni caso, per non far torto a nessuno, il neo eletto boccia sia il referendum sul Jobs act della Cgil, sia la legge sulla partecipazione della Cisl. “Parlare di jobs act in una nazione dove i ragazzi decidono in quale azienda andare mi pare una pazzia”, scandisce, e quanto alla legge Cisl, che peraltro è stata da pochissimi giorni fatta propria dalla maggioranza di governo e che dovrebbe essere approvata in prima lettura entro l’estate, è tranchant: “non ci trova d’accordo”. Il che è singolare, considerando che la partecipazione è uno dei capitoli contenuti nel Patto della fabbrica, firmato proprio dalla Confindustria nel 2018 e ancora in vigore. Tra l’altro, Orsini non ha accennato alla necessità di rivedere il Patto, fondamentale per regolare la contrattazione e secondo i sindacati ormai vetusto rispetto ai tempi, né ha rilanciato quel “grande patto sociale” che Carlo Bonomi propose tre anni fa trovando il pieno sostegno di Draghi, ma poi lasciato cadere nel dimenticatoio. In ogni caso, i sindacati hanno salutato l’arrivo del nuovo inquilino di Viale dell’Astronomia con favore, augurandosi di potersi confrontare presto sui temi di maggiore emergenza del paese: lavoro, sicurezza, ecc.
Per quanto riguarda invece il rilancio dell’associazione di Viale dell’Astronomia, afflitta ormai da un certo declino, Orsini ha in mente da un lato un rafforzamento a livello europeo, guardando già alla prossima Commissione che dovrà “mettere al centro l’industria, la competitività e la crescita”, e dall’altro un riavvicinamento del centro confindustriale alle strutture territoriali e di categoria. Un ruolo importante in questa necessaria ristrutturazione lo avrà il nuovo direttore generale, Maurizio Tarquini, figura di spicco e di lunghissimo corso in Unindustria di Roma e Lazio, da tempo una delle più forti ed efficienti d’Italia. L’idea è di tornare a una Confindustria che dialoga maggiormente e costantemente con la sua base, creando una sorta di “linea aperta” che tenga conto delle esigenze di tutti, grandi e piccoli, nord e sud, cercando di ricostruire quel peso specifico che caratterizzava l’associazione, diventato negli anni sempre più leggero. Se l’operazione riuscirà lo capiremo meglio nei prossimi mesi, e soprattutto a partire dal confronto col governo sulla legge di Bilancio: un passaggio cruciale sia per il difficile quadro economico che si profila in autunno, sia perché rappresenterà il primo vero banco di prova del nuovo presidente.
Nunzia Penelope