Cara Europa,
ti scrivo perché sono molto confuso e preoccupato. Tu fosti rapita da Zeus apparso con le sembianze di un bianco toro mentre coglievi fiori su una spiaggia fenicia. Ti portò in groppa fino a Creta, dove generasti Minosse, Sarpedone e Adamante e sposasti re Asterione, il quale adottò i tuoi figli. Sei considerata come una dea. Una dea mediterranea, eppure i greci usarono il tuo nome per indicare tutte le terre che avevano sulla testa. Forse perché la mancanza di deserti, di foreste pluviali, di invalicabili catene montuose rendevano quell’immenso territorio una zona aperta, come fosse un mare. E questa conformazione ha agevolato i rapporti tra i vari popoli, creando le basi per una civiltà unitaria.
I mitografi celebrano la tua bellezza ed esaltano il tuo coraggio: nemmeno il signore dell’Olimpo ti indusse timore. Dal palazzo di Cnosso (ancora una volta sul dorso del candido toro?) sei passata nelle sale di Bruxelles e di Strasburgo. E da lì, invisibile e solerte guardiana, sovrintendi alla nostra vita comunitaria. Ora, noi abitanti dei 27 Paesi che hanno stretto il patto di coesione, dobbiamo eleggere i nuovi rappresentanti che dovrai ispirare e proteggere. E qui nasce la mia confusione. Molti dei candidati fanno discorsi strani, contraddittori. Vorrebbero che tu cambiassi volto, fino ad avvizzire. E già perché, quando si esaltano i confini e le nazioni, resta poco posto per le aspirazioni di una crescente unità.
L’Italia, da dove ti scrivo, è l’albero proteso nel tuo Mediterraneo, la cui larga chioma sorregge il continente che si chiama come te. E se qui da noi vacilla la fede nella fratellanza senza barriere, vuol dire che le cose si mettono male. Oscilliamo tra Marine Le Pen, Santiago Abascal e Victor Orban, avviati verso una capocrazia illiberale. Elezione diretta del premier, autonomia differenziata (un’espressione apparentemente neutra che però significa crescita del già insostenibile divario tra nord e sud con cittadini di serie A, B, C), magistratura sotto botta, mordacchia al sistema dell’informazione. In aggiunta, ostacoli all’aborto, diritti individuali come l’identità di genere messi all’indice, accoglienza dei migranti negata, pugno duro con chi dissente o scende in piazza per protestare. Stravolgono i dettami costituzionali, ancor prima di cambiarli formalmente.
Pene draconiane per i piccoli reati, tolleranza, se non compiacimento, con gli evasori fiscali. Due pesi e due misure in tutto. Accogliamo come un eroe un connazionale condannato per omicidio negli Stati Uniti e vituperiamo una giovane incatenata a Budapest con l’accusa di aver aggredito dei neonazisti.
Il degrado morale e politico e la corruzione si assommano alla crisi economica, al debito pubblico, alla povertà crescente ma la propaganda del governo nasconde la realtà stimolando i più vieti istinti tribali. Un continuo appello all’italianità (non si sa che cosa significhi) e al nativismo, valori aleatori e strumentali contrapposti al pericolo dello straniero. La religione ha i tratti di Torquemada e non certo quelli di San Francesco. L’opposizione, pur divisa e imbelle, viene accusata di fare il gioco dei nemici, come ai tempi del regime fascista. “Viene sempre enfatizzata la contrapposizione tra il popolo genuino e puro e l’élite corrotta e malvagia”, rimarca il politologo Mattia Zulianello, studioso della Destra. Lo ha fatto di nuovo Giorgia Meloni, ironizzando su quelli che si fanno chiamare “dottori” perché sono riusciti a laurearsi. E parlando ai franchisti di Vox se l’è presa con i “cattivi maestri” ambientalisti. Sul banco degli imputati c’è sempre il presunto establishment “globalista e nichilista”.
Lo so, cara Europa, tu hai la tentazione di fuggire e di tornare a passeggiare sul lungomare di Tiro, nei luoghi natali, tra la tua gente, grandi navigatori, mercanti, esploratori, che ha diffuso la civiltà. Ma il tuo abbandono equivarrebbe al crollo di quell’ Unione che te celebra e al trionfo di un belluino e guerrafondaio nazionalismo.
No, resta dove sei. Zeus ti regalò un robot di bronzo, un cane dall’olfatto insuperabile, una lancia. Difendi l’utopia che simboleggi.
Marco Cianca