Di intelligenza artificiale ne abbiamo pieni gli occhi e le orecchie. Certo è un’autentica rivoluzione culturale che sta modificando radicalmente e in maniera irreversibile le nostre società, ma non è più un fatto nuovo, integrato com’è nelle nostre vite. Sottilmente o palesemente, il quotidiano è innervato da mille e una applicazioni dell’intelligenza artificiale, che solletica l’immaginazione per quello che sarà a venire. Tra presente e futuro, infatti, si frappone uno spazio animato sostanzialmente dall’emotività più selvaggia che dirige il nostro sentire, agitato da una parte da entusiasmi avveniristici per un progresso profittevole per tutti e dall’altro da cupe inquietudini per un mondo sopraffatto da macchine e algoritmi che renderanno l’umano pressoché inutile. Le arti visive, in questo senso, hanno una grossa parte di responsabilità riguardo alla nostra percezione dell’intelligenza artificiale e della robotica; così come le definizioni utilizzate dalla nuova retorica, che confluisce in una narrazione pressoché trascendentale del fenomeno: celebrandone il mito e sostanziandone “fantasmi” e aggettivandoli con parole come “intelligenza”, “oracolo”, “allucinazioni”, “incantesimi”, ci è stato iniettato latentemente un pregiudizio culturale che disinnesca la necessaria neutralità con cui guardare al fenomeno. In questa massimizzazione delle percezioni, però, vige una quasi totale misconoscenza: cos’è davvero l’intelligenza artificiale? O più sottilmente: cos’è l’intelligenza? È una proprietà consustanziale ed esclusiva dell’essere umano? La soggettivazione delle tecnologie è cosa giusta? Ma non si incorra nell’errore di attribuire l’assenza di questa terza dimensione percettiva solo al sentire comune, poiché anche i più esperti sono inevitabilmente condizionati da questo tipo di portato culturale. Soprattutto i giuristi, tanto che alla pur necessaria azione regolatoria che richiede il fenomeno spesso si risponde con l’emanazione di interventi legislativi emergenziali dettati dall’ansia di rincorrere per precedere gli effetti – prevedibili e non, a basso o ad alto livello di rischio.
La regola resta una e una sola soltanto: conoscere per capire, capire per comprendere, comprendere per normare. Il nuovo libro di Giusella Finocchiaro, Intelligenza artificiale. Quali regole? (il Mulino editore, 2024) si inserisce esattamente all’inizio di questo articolato. Docente di Diritto privato e Diritto di internet all’Università di Bologna, avvocata cassazionista e fondatrice e partner di DigitalMediaLaws, Finocchiaro mette a punto un agile volume che si propone di individuare alcune direttrici lungo le quali ordinare il discorso e si rivolge dichiaratamente (e giustamente) a tutti: «[…] dunque non solo esclusivamente a un pubblico di giuristi o di informatici, che sarebbero i naturali destinatari di una riflessione sulle regole dell’intelligenza artificiale. Infatti, la questione coinvolge un numero crescente di persone in svariati aspetti dello loro vita quotidiana» e per questo viene impiegato «un linguaggio atecnico, per quanto possibile» e «uno stile diverso da quello tecnico-giuridico». Le regole che invocano il titolo, infatti, sono sì interpretate e create in un ambito nazionale o sovranazionale, ma riguardano l’intera collettività ed occorre esserne a conoscenza e capirle fino in fondo per poter agire i propri diritti secondo quanto dettato dalle carte costituzionali. Sì, ma quali sono queste regole?
La trattazione si compone di quattro parti propedeutiche: nelle prime due si delineano dapprima un contesto in cui evocativamente vige quella «paura del nuovo» – demagogicamente tradotta con una retorica e una terminologia niente affatto conciliante – e che richiede delle regole per essere governata. Ma più che regole, Finocchiaro parla di “modelli regolatori”, nuovi paradigmi sia teorici che etico-giuridici che salvaguardino innanzitutto la persona umana dai rischi e dai pericoli conseguenti alla diffusione di applicazioni in intelligenza artificiale, ma che osservino anche i valori pertinenti alle diverse culture e relativi sistemi giuridici – operazione complessa che si inserisce in una visione “regionalistica” comunque da sorpassare per poter approdare a un sistema di regole comuni a livello globale -. Inoltre la regolazione deve favorire le relazioni sociali e il traffico di merci, così come non deve ostacolare il progresso tecnologico (favorendo la neutralità tecnologica). Un percorso che non si limita a dare risposte semplicistiche, ma è ricco di domande che fanno progressivamente approdare proprio a quella terza dimensione percettiva prima richiamata: cosa regolare? l’intelligenza artificiale o le sue applicazioni? Come farlo, attraverso principi o regole? In quale ambito, nazionale o sovranazionale? E come farlo, con un approccio orizzontale o verticale?
Nella terza parte vengono poi affrontate tre questioni cardine della discussione sull’intelligenza artificiale in termini giuridici: la responsabilità per danni – attraverso esempi come omicidio per incidenti con auto a guida autonoma e diffamazione tramite ChatGPT, quest’ultimo in particolare che lascia emergere il rischio «assai insidioso e più difficile da rilevare di falsa rappresentazione della conoscenza»- per cui si configura la necessità di un nuovo modello di responsabilità articolato su regole esistenti e regole da costruire (de iure condito e de iure condendo); la protezione dei dati personali e il regolamento per il loro relativo sfruttamento – di cui pure l’intelligenza artificiale si nutre, il “nuovo petrolio” come definito da una fortunata espressione dell’Economist, per cui il legislatore europeo in particolare si muove tra l’esigenza di favorire lo sviluppo del mercato digitale e, «il cui bene di scambio è costituito dall’informazione e dai dati personali» e quella di tutelare i diritti fondamentali della persona, da cui il regolamento GDPR; la questione del diritto d’autore per le opere create dall’intelligenza artificiale – in cui il problema è duplice e riguarda, da un lato, i diritti sulle opere oggetto di elaborazione da parte delle applicazioni di intelligenza artificiale, e, dall’altro, i diritti sulle nuove opere da esse create.
Infine, nella quarta e ultima parte viene affrontato l’attuale scenario regolatorio dell’intelligenza artificiale di Cina, Stati Uniti ed Europa, rilevandone differenze per il tipo di interessi di mercato che le tre potenze perseguono e che dipendono, a loro volta, dal grado di sviluppo dell’industria e della ricerca nel campo delle applicazioni dell’intelligenza artificiale. In particolare, l’autrice si sofferma sull’approccio europeo e l’analisi della proposta di Regolamento sull’intelligenza artificiale, il cosiddetto AI Act, che in capo a una definizione piuttosto generica – «un sistema automatizzato progettato per operare con livelli di autonomia variabili e che, per obiettivi espliciti o impliciti, può generare output quali previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti fisici o virtuali» – e basato sostanzialmente sulla gestione del rischio, rischia di andare in contro a una burocratizzazione digitale e isolamento europeo anche a causa della rigidità della normativa prevista.
Con Intelligenza artificiale. Quali regole? Giusella Finocchiaro mette in luce la necessità di maggiore flessibilità e apertura da parte della sapienza giurisprudenziale per essere all’altezza delle implicazioni che le rivoluzioni tecnologiche stanno imponendo. Non più, quindi, una rincorsa a due velocità per tappare buchi normativi, ma un accompagnamento reciproco e graduale di scienza e giurisprudenza per una sana e corretta gestione di un fenomeno che nuovo più non è. Al centro, e questo l’Europa lo tiene sempre ben a mente, ci sono i diritti fondamentali dell’uomo, ma che questi non siano un ostacolo, bensì un incentivo al progresso. La pandemia e la gestione dei dati sanitari sono un caso di scuola, la confusione generata con l’avvio delle campagne vaccinali una lezione sulla lezione per prepararsi alle nuove sfide a venire che saranno sempre più ostiche. Con una collettiva consapevolezza, da parte del legislatore e dei cittadini, è possibile gestire il progresso.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Intelligenza artificiale. Quali regole?
Autore: Giusella Finocchiaro
Editore: il Mulino
Anno di pubblicazione: 2024
Pagine: 125 pp.
ISBN: 978-88-15-38835-3
Prezzo: 12,00€