Volti ferini, deformi, malvagi. Sguardi spiritati, ghigni ebeti, bocche grifagne. E lui, Gesù, gli occhi chiusi, dolente e rassegnato in mezzo alla folla urlante, porta la croce. Il Cireneo, più che fornirgli un aiuto, sembra appesantirlo. La Veronica, con in mano la sindone già impressa, non riesce a guardare, dà le spalle alla sofferenza, anch’ella le palpebre abbassate, il capo chino, l’espressione assorta. Hieronymus Bosch dipinse “La salita al Calvario” tra il 1510 e il 1516, l’anno della morte. I personaggi sono ritratti con gli abiti del suo tempo, a significare la terribile attualità della scena.
Marguerite Yourcenar la vedeva invece così: “Il condannato, insultato, percosso, torturato da bruti ottusi di cui non pochi sono probabilmente buoni padri di famiglia, buoni vicini, bonaccioni, costretto a trascinare il palo del proprio patibolo, come nei lager, a volte, i prigionieri si portano dietro la pala per scavarsi la fossa”.
La scrittrice riteneva la sequenza di Pasqua, dall’ingresso in Gerusalemme alla Resurrezione, passando per l’ultima cena e la notte nel Getsemani, “una delle più belle storie del mondo”. Nel breve saggio, che è del 1977, raccontava di un giovane ufficiale che aveva fatto la guerra di Corea e che un giorno le disse: “Mi sentirei più vicino a Gesù se fosse stato fucilato anziché crocifisso”. “Proprio per lui- chiosava- e per tutti coloro che non riescono a ritrovare l’essenziale sotto ciò che potremmo chiamare gli accessori del passato, mi sono arrischiata a scrivere quanto precede”.
Già, l’essenziale. Di cosa si tratta? Che vogliono dirci il misterioso Hieronymus e l’inquieta Marguerite? La Pasqua 2024 è appena passata. E nulla resta, a parte le gite e i pranzi luculliani. Riti pagani, in verità. Poveri agnellini. I credenti hanno seguito la Via Crucis e ascoltate le parole del Papa sofferente. Gli appelli di pace hanno la valenza di uno stormir di palme. Chi non ha il dono della fede guarda attonito i bagliori di guerra e assorbe la sofferenza degli innocenti. Pasqua inutile e tragica. Per gli atei e per chi crede.
Come fermare le mani assassine? I visi belluini ritratti dal pittore fiammingo continuano a vomitare odio. Saranno anche buoni padri di famiglia, per dirla con l’autrice delle Memorie di Adriano, ma distruggono le famiglie dei presunti nemici.
Il giornalista britannico Gavin Evans proprio in questi giorni ha rilanciato le tesi che mettono in discussione l’esistenza stessa di un Cristo. Non certo figlio di Dio ma nemmeno personaggio storico, un predicatore, nato duemila anni fa in Galilea. Ben poco si sa, non ha lasciato nulla di scritto, i vangeli sono posteriori e contraddittori, nessuna lettera o documento ufficiale parla di lui. Un’invenzione. Una leggenda, costruita a posteriori. Come Robin Hood.
I dubbi sono leciti. Eppure, le parole di fratellanza, gli inviti al perdono, la comprensione dell’altro, il farsi carico, l’umiltà, la rinuncia alla violenza sono valori e sentimenti che continuano a soffiare da sotto gli ulivi insanguinati.
Sono un patrimonio dell’umanità. Alla quale, Marguerite Yourcenar ricordava la medesima conformazione: “Il tuo corpo composto per tre quarti di acqua, più un poco di minerali terrestri, un pugno scarso. E questa grande fiamma in te di cui non conosci la natura. E nei tuoi polmoni, presa e ripresa di continuo dentro la gabbia toracica, l’aria, l’ossigeno, questo splendido straniero, senza di cui non puoi vivere”.
Altro che leggi del sangue, identità, sovranismo, nazione, confini, barriere, cannoni. No, la Pasqua non è inutile se almeno ci induce a queste riflessioni. Ecco l’essenziale
Marco Cianca