Confindustria sta dando una pessima immagine di se stessa. Il guaio è che questa non è una falsa rappresentazione, descrive quello che davvero è diventata la confederazione degli industriali italiani. La corsa per la sostituzione di Carlo Bonomi, cominciata male, sta finendo nel peggiore dei modi. All’inizio sembrava un sintomo di cattiva salute dell’organizzazione il fatto che non si palesasse un vero candidato per il quadriennio a venire, quasi che la carica non interessasse nessuno. Alla fine dell’anno scorso o poco prima non esisteva un candidato vero e la cosa aveva iniziato a preoccupare un po’ tutti, perché la presidenza di Bonomi era stata molto debole, al limite dell’inesistenza, e questo aveva indebolito tutta l’organizzazione. Tanto che un grande conoscitore degli affari interni di Confindustria come Innocenzo Cipolletta, che della confederazione degli industriali è stato a lungo autorevolissimo direttore generale, in un’intervista a Dario Di Vico aveva sostenuto con forza che Confindustria aveva bisogno di un grande presidente e un grande direttore generale che l’aiutassero a riacquistare quel ruolo e quel prestigio che per tanti anni aveva avuto.
Poi, improvvisamente, è iniziata la corsa alla presidenza. Sono apparsi ben quattro aspiranti presidenti che hanno cominciato a darsi battaglia. In maniera però molto anomala, ben lontana dall’aplomb che per decenni ha caratterizzato la confederazione degli industriali. Accuse reciproche, lettere anonime, fake news distribuite senza una vera logica. È stato un tutti contro tutti che ha fatto davvero male alla confederazione. Sono dovuti intervenire i probiviri, che nella lunga storia di Confindustria avevano avuto solo un ruolo di facciata, senza mai scendere veramente in campo. Siamo arrivati all’assurdo che uno dei candidati, escluso dalla corsa dai tre saggi incaricati di seguire l’iter dell’elezione, non ha escluso di presentare un ricorso non alle istituzioni interne della confederazione, ma alla giustizia civile.
Tutto ciò fa male alla Confindustria, che al contrario avrebbe bisogno di calma e tranquillità e buon lavoro, come aveva chiesto Cipolletta. Adesso si va alla conta finale, con tutta probabilità tra due candidati che difficilmente riusciranno a governare bene la confederazione. Non perché non ne abbiano la capacità, ma perché il sistema non sembra consentirlo.
In particolare, è il meccanismo elettorale di Confindustria che non sembra aiutare la scelta del vertice dell’organizzazione. Troppo burocratizzato, troppo complicato, incapace di scegliere il migliore e soprattutto di pacificare la confederazione dopo elezioni che spesso vedono contrapposizioni molto dure che poi è difficile o impossibile superare. Ne fanno fede le difficili elezioni che Giorgio Squinzi nel 2012 e di Vincenzo Boccia nel 2016, sempre risolte per una manciata di voti, che hanno prodotto presidenti deboli. Forse sarebbe il caso di tornare al sistema che esisteva una volta, quando il vertice degli industriali, i più autorevoli, i più rappresentativi, si riunivano ai piani alti della confederazione e sceglievano il nuovo presidente. Era un sistema basato sulla cooptazione, che non è il massimo per assicurare un vero ricambio nell’organizzazione, ma assicurava una grande attenzione agli equilibri interni del sistema Confindustria. Lo stesso che hanno continuato a fare poi i “saggi” che erano incaricati di sondare a lungo il mondo confindustriale e, dopo aver viaggiato su e giù per tutto il paese, indicavano la persona su cui puntare. Questo nuovo sistema, arrivato qualche anno fa, non sembra in grado di consentire una scelta oculata del nuovo vertice. È basato sulle autocandidature, ma spesso sarebbe più opportuno un intervento diverso, esterno, che consenta new entry non autoprogrammate.
È per questo che le speranze che i guasti di Confindustria spariscano velocemente rischiano di andare deluse. Un danno per tutto il paese, perché nel sistema della rappresentanza sociale Confindustria ha sempre svolto un ruolo da prim’attore, molto importante. Se ne sente adesso la mancanza, se ne sentirà ancora di più nel prossimo futuro.
Massimo Mascini