Il coraggio di agire: un appello che si rivolge alle donne e che sembra quasi un paradosso lanciare in una società che si professa democratica. Bisogna davvero avere coraggio per agire contro soprusi, violenze, molestie, ingiustizie, contro disparità di trattamento, mortificazione dei diritti, degradazione dell’identità? Non sono forse questi mali contro i quali avrebbero dovuto vigilare il fuoco della Costituzione, del diritto, della giustizia, delle istituzioni? Che fine hanno fatto questi sacri presidi per ritrovarci a dover ricorrere alle ultime istanze delle responsabilità individuali e dei vincoli del patto sociale e civile? Una società che sia sanamente democratica non consentirebbe nemmeno la genesi di questi contesti patologici e i suoi presidi non scaricherebbero sui singoli la responsabilità di difendersi da essi. È per questo che le donne sono esortate ad agire con coraggio: madri, figlie, sorelle, nonne; studentesse, lavoratrici, pensionate, casalinghe chiamate a rivestire in prima persona il ruolo di presidio delle loro identità, volontà e diritti, dell’autodeterminazione contro il male che si chiama patriarcato. E questo è possibile solo facendolo insieme.
Il messaggio che arriva da “Il Coraggio di Agire”, l’iniziativa nazionale promossa unitariamente da Cgil, Cisl e Uil in occasione della Giornata Internazionale delle Donne che si è svolta questa mattina presso il Centro Congressi Cavour di Roma, si staglia forte e chiaro contro la coltre di indifferenza che per l’opinione pubblica avvolge la condizione della popolazione femminile per i restanti 364 giorni dell’anno. E arriva forte e chiaro perché lanciato sotto il segno dell’unità sindacale, vedendo finalmente riunite le tre sigle confederali per un obiettivo che non ammette divisioni. Le segretarie confederali di Cgil, Lara Ghiglione, Uil, Ivana Veronese, e la segretaria generale aggiunta della Cisl, Daniela Fumarola, ci mettono la faccia e dimostrano a un’ampia platea di presenti e in collegamento streaming che le donne uniscono e che solo uniti si vince. “Le nostre organizzazioni – dichiarano le tre segretarie– sono quotidianamente impegnate per promuovere la piena parità di genere e rimuovere discriminazioni e divari che, ancora oggi, la ostacolano. Le molteplici tematiche che vedono al centro le donne, anche a causa di fatti di cronaca eclatanti, non vanno mai a riposo e ci costringono ad una continua attività di vigilanza, di lotta, di rivendicazione e di promozione della cultura del rispetto e della non violenza. È necessario continuare a conferire centralità all’otto marzo, Giornata Internazionale delle Donne, anche considerando il grande valore che il movimento delle donne ha sempre assegnato a questa ricorrenza”.
“Non basta ricordarsi una volta all’anno dell’eroismo di qualcuna di noi e combattere i fatti di cronaca più terribili – afferma Veronese nel suo intervento -. Per la prassi sindacale, l’otto marzo è tutto l’anno. Ognuno nel proprio percorso conosce il valore del pluralismo sindacale, ma noi vediamo anche con chiarezza il valore dello stare assieme, la capacità di trovare punti di equilibrio, l’impegno di uomini e donne che credono nel sindacato confederale e si uniscono con forza e impegno”. Bene che le donne parlino delle donne, ma sarebbe bene anche le donne parlino delle donne all’attenzione degli uomini, che pure questa mattina rappresentavano una stretta minoranza. Il segno dell’unità, infatti, sta proprio nell’agire non contro gli uomini, ma con gli uomini contro un sistema culturale dannoso, a favore di un obiettivo comune: il benessere della collettività, perché la realizzazione delle donne che sia condotta su una strada priva di ostacoli pregiudiziali è un vantaggio per tutta la società. Il coraggio di agire, dunque, è un monito che si rivolge anche agli uomini.
Numerosi gli interventi e le voci che hanno scandito questa mattinata di confronto, affrontando i temi più disparati per discutere l’urgenza della piena parità di genere e l’eliminazione delle discriminazioni: segregazione formativa, part-time involontario, mancanza di servizi di welfare, gap retributivo e conseguente gap pensionistico, congedi parentali sbilanciati, concentrazione della popolazione lavorativa femminile nei settori a basse retribuzioni. “Le donne devono essere protagoniste, non spettatrici del cambiamento”, sostiene Fumarola nel suo speech, rilevando la distanza che ci separa ancora dagli obiettivi da raggiungere e per i quali si evoca coraggio. Viviamo in una società che nel 2024 non riesce a valorizzare il potenziale femminile e non è ancora pienamente consapevole che non si può far crescere un’economia lasciando fuori dal mercato del lavoro le donne e alimentando il ritardo per il sistema Paese nel suo complesso. “Non ce lo possiamo più permettere”: bisogna garantire alle donne un buon lavoro, dignitoso, che diventi strumento reale di emancipazione; una nuova e buona occupazione femminile e la costante promozione della cultura del rispetto; una cultura sindacale che valorizzi le diversità. “Il coraggio di agire è un imperativo per tutti per un mondo del lavoro più equo e inclusivo, rispettoso dei valori e dei diritti di tutti”, e ciò è possibile “a partire da corrette relazioni industriali e dal governo”.
In questo senso la contrattazione collettiva, il più potente strumento di regolazione, gioca un ruolo fondamentale: che non abbia solo finalità redistributive, ma anche la responsabilità della cura della persona, come sostiene Enrica Mammuccari, segretaria nazionale Uila. La persona deve essere considerata nella sua dimensione olistica, che significa governare e gestire l’interruolo rivestito dalla donna attraverso il potenziamento del welfare sussidiario e integrativo cui la contrattazione ha aggiunto negli anni delle leve fondamentali. “La promozione della cultura paritetica si fonda su principio di reciprocità”, che significa tutela sanitaria, previdenza complementare, ma anche misure economica di sostegno alle vittime di violenza, mensilità aggiuntive, istituzione di casse mutua per la copertura delle retribuzioni per i congedi parentali (uomini, donne, adozioni), superando il confine tradizionale che l’attività di cura si esaurisce solo nell’occuparsi dei figli; congedi di paternità più sostanziosi. Ma senza formazione tutto ciò avrebbe il seguito auspicato: il nostro potere negoziale passa attraverso l’acquisizione e l’implementazione di competenze abilità professionali che ci fanno sentire più forti e il diritto soggettivo della formazione si esplica nell’identificazione in un numero congruo di ore per tutti che ha a che fare con la visione di essere di più rispetto a quello che siamo. C’è un patrimonio di ricchezza che le organizzazioni hanno saputo realizzare, anche se si ha la sensazione di procedere con lentezza. “Questa è la forza del sindacato e delle donne – conclude Mammuccari -. Siamo luce che dirada le ombre dell’oscurantismo del modello patriarcale. Abbiamo un portafoglio di idee e risorse che ci consentono di ricucire le reti spezzate nell’organizzazione e fuori, nel mondo del lavoro e della società civile. Unione, condivisione e valori fondanti dei sindacati”.
L’impatto delle politiche contrattuali ha poi effetto diretto sul benessere degli individui. In questo senso secondo Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp-Cgil, benessere organizzativo, lavorativo e partecipazione delle donne al mercato del lavoro devono essere ragionati come tre variabili dipendenti. Ad esempio, le donne aggiungono 5 ore e 15 minuti in più di mansioni di cura non retribuito al lavoro ordinario, mentre gli uomini solo uomini un’ora e 48 in più. Ma non solo: il benessere personale è un altro tema di rilevanza strategica che richiama l’urgenza di implementare la medicina del lavoro e combinarla con la medicina di genere, solo recentemente affacciatasi in Italia. C’è bisogno quindi anche di una rivoluzione culturale, che ribalti quella divisione produttiva e riproduttiva ancora troppo radicata. Questo richiama una battaglia per un welfare di cittadinanza e di comunità, per un fisco più giusto ed equo; un welfare per le donne che sia orientato non solo alle famiglie, ma alle donne stesse, che rimetta al centro la persona e la possibilità di autodeterminarsi. Sorrentino evoca una mobilitazione per cambiare lo stigma che pesa sulle donne in una società diseguale, che significa intraprendere una battaglia di civiltà.
Una battaglia culturale richiamata anche da Tania Scacchetti dello Spi-Cgil per scardinare quei rapporti di forza squilibrati ormai istituzionalizzati. “Non una parità che sia adeguamento al modello maschile, non politiche di pari opportunità che si esauriscano sul piano normativo. Bisogna valorizzare il potenziale femminile con un approccio che valorizzi le differenze di visioni, aspirazioni, idee di trasformazione per il sistema produttivo […] considerare empatia e vulnerabilità delle donne non come debolezza, ma come potenzialità per una rivoluzione gentile ma determinata”. Inverare i valori della Costituzione è quello che serve: “Contrastare con forza la grande regressione culturale che viviamo anche per colpa dell’approccio di questo governo orientato a prestabilire da solo il nostro posto nel mondo. Ma serve anche fare memoria: costruire un cambiamento significa conoscere e partire da dove siamo venuti. Ci rendiamo conto della nostra voce solo quando siamo messe a tacere”, citando Malala Yousafzai, “ma dobbiamo accompagnare alle parole una grande capacità di azione. Il coraggio non ci manca”.
Elettra Raffaela Melucci