Calma e gesso, compagni, si direbbe se fossimo di fronte a un tavolo da biliardo. E si intende che il giocatore, prima di tirare, è meglio che rifletta e mentre riflette strofinare il gessetto blu sulla punta della stecca. Poi, quando avrà pensato bene a dove e come tirare, diritto, forte, piano, a effetto, di calcio, di spaccio, le varianti sono molteplici, provare a mettere la pallina in buca. Questo dovrebbe fare il centrosinistra che ha appena vinto le elezioni in Sardegna, dovrebbe appunto riflettere senza farsi prendere dall’entusiasmo e dalla fretta, che nel gioco del biliardo e in politica producono solo errori.
Intanto però non va sottovalutato il risultato sardo, che non era affatto scontato, tutt’altro, e che ha rianimato l’opposizione al governo Meloni, che sembrava ormai rassegnata a rimanere nell’angolo per tutta la legislatura. Ma la Sardegna è appunto solo il primo passo, importante ovviamente anche perché ha vinto una donna per la prima volta nella storia, sconfiggendo non tanto e non solo il suo rivale Paolo Truzzu, attuale sindaco di Cagliari che è stato capace di perdere anche nella sua città, ma un’altra donna, ovvero la premier Giorgia Meloni. La quale aveva tappezzato l’isola con la sua faccia e la scritta “Forte e fiera”. Forte non tanto, come si è visto, fiera forse ma comunque sconfitta da Alessandra Todde, una persona di valore, anche culturale, che ha vinto grazie alla sua giusta idea di rivolgersi direttamente al popolo sardo, anzi su populu sardu, occupandosi in prima persona dei problemi dei suoi cittadini, dalla sanità alla scuola, fino al lavoro che manca.
Adesso tocca a lei dimostrare, governando, che un’altra Sardegna è possibile. Mentre tocca al resto del centrosinistra, Da Elly Schlein a Giuseppe Conte, da Nicola Fratoianni a Angelo Bonelli, fino forse a Carlo Calenda e Emma Bonino, mettersi in gioco per fare in modo che un’altra Italia sia possibile.
Si comincia in Abruzzo tra pochi giorni e lì il campo largo o campo giusto o chiamatelo come volete, si presenta unito, mentre in Basilicata e in Piemonte sono ancora divisi e pure litigiosi. Quindi un buon segnale e due pessimi, quando invece proprio perché in Sardegna hanno vinto uniti dovrebbero quantomeno presentarsi insieme, al di là di quello che poi sarà il risultato. Meglio perdere che perdersi, disse una volta Walter Veltroni in un’intervista al “manifesto”: ecco, tutto dovrebbero fare i leader del centrosinistra tranne perdersi in mille fesserie, gelosie, tutto dovrebbero fare tranne correre uno contro l’altro. Ma le prediche stanno a zero, dunque è probabile purtroppo che a Potenza e a Torino non riusciranno a mettersi insieme e così perderanno.
Poi però arriveranno le elezioni europee, in cui si vota col sistema proporzionale, quindi ognuno per sé. Tuttavia, se almeno fossero capaci di firmare un’intesa politica, una sorta di “contratto” che dicesse che loro marciano divisi per colpire uniti, già sarebbe un risultato. Almeno dimostrerebbero agli elettori che esiste la volontà di battere la destra, intanto sommando i numeri di ogni partito nel voto europeo dimostrando così che loro sono maggioranza nel Paese, se lo saranno. E aprendo una profonda crisi nell’attuale maggioranza di destra che certo non gode di buona salute dopo il voto sardo.
Non è un mistero che Meloni e Salvini non si amino particolarmente (eufemismo) e che sono in totale concorrenza tra loro, chi per prendere più voti possibili (Meloni) e chi per perderne il meno possibile (Salvini). Ecco, non è fantapolitica pensare che se il voto europeo di giugno dovesse certificare che l’attuale maggioranza di governo è diventata minoranza, nella coalizione di destra succederebbe un cataclisma che potrebbe sfociare in una crisi di governo e magari nelle elezioni anticipate in autunno. E, hai visto mai, nella vittoria del centrosinistra
Sarebbe un epilogo che farebbe molto piacere a due personaggi fondamentali nella storia della sinistra italiana, nati e cresciuti proprio in Sardegna: Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer.