Lettere anonime, veleni, scandali veri o presunti, ma che finiscono sulle pagine dei quotidiani. E’ pesante il clima alla vigilia della corsa per il nuovo presidente di Confindustria. Tra gli imprenditori serpeggia un disagio sempre più forte, anche tra coloro che sono stati colonne storiche del sistema associativo. Come Alessandro Riello, già presidente dei giovani confindustriali negli anni d’oro, poi a capo di varie strutture territoriali. Oggi parla da semplice associato, come industriale del Triveneto, patron della sua Aermec, e solo a sentire la parola Confindustria si dichiara subito “demoralizzato”.
“Lo dico sinceramente: non mi riconosco più in questa Confindustria. Noi, che tuonavamo contro la cattiva politica, oggi abbiamo assunto la postura, lo stile, della peggiore politica. L’associazione sta precipitando in un baratro, e mi chiedo che immagine diamo all’esterno, che forza di rappresentanza possiamo avere, in queste condizioni. Io stesso medito se valga la pena di restare associato”.
Parole gravi, specie dette da chi come lei della Confindustria è stato a lungo un esponente di peso.
Ma guardi che non è solo un mio stato d’animo personale: il popolo degli imprenditori, di cui faccio parte, si sente sempre più disorientato, non rappresentato. Quando dobbiamo affrontare i mercati, le sfide quotidiane di ogni impresa, chi ci rappresenta? Questa Confindustria qui? E nei confronti dei governi, delle istituzioni, che peso può avere una associazione ridotta in queste condizioni? Per questo molti sono usciti, e molti hanno sempre più la tentazione di farlo, come anche io.
Ma a cosa attribuisce questo declino dell’associazione, che al di là della questione contingente della successione a Bonomi e delle polemiche che si tira dietro, certo non è iniziato oggi?
Penso che si siano commessi in passato due errori. Il primo, quando si decise di aprire le porte alle grandi aziende pubbliche, privilegiando la massa di contributi che avrebbero portato all’associazione, e trascurando il fatto che proprio in virtu’ del forte apporto economico avrebbero avuto alla fine un peso maggiore delle aziende private, introducendo in associazione anche logiche diverse rispetto alle logiche che appartengono alle aziende private. Confindustria, lo ricordo, nasce come rappresentanza delle industrie private, e tale forse avrebbe dovuto restare.
E il secondo errore?
Il secondo errore, più recente, è stato quello di aprire all’associazione di una miriade di imprese che di industriale non avevano nulla, con poco o niente manifatturiero e con pochissimi dipendenti. Aziende che erano sostanzialmente fornitrici di servizi, entrate in associazione più che altro per cercarsi nuovi clienti. Anche in questo caso, l’altra caratteristica storica di Confindustria, cioè di avere dentro il lavoro, le persone, è stata snaturata. In due passaggi, insomma, è stata stravolta la vera essenza dell’associazione.
E adesso come se ne esce? La successione a Bonomi sembra sia partita col piede sbagliato, ancora non è iniziata e già girano veleni.
Non entro nel merito delle vicende, ma le dico una cosa: dei quattro nomi che si sono presentati come candidati ufficiali ne vedo soltanto uno in grado di rifondare daccapo Confindustria, restituendole ruolo e peso, ed è Edoardo Garrone.
Lo dice forse perché è stato un suo collega alla presidenza dei Giovani, quando i Giovani ancora contavano?
Ovviamente l’ho conosciuto bene perché, si, è stato anche lui, come me, presidente dei Giovani, quando i Giovani rappresentavano l’anima innovativa, lo stimolo, per tutto il sistema confindustriale. Garrone fu all’epoca un ottimo presidente, dimostrando capacità, pacatezza e buon senso. Qualità che poi ha confermato negli anni, in ogni ruolo che ha ricoperto. Oggi è un signor imprenditore, che ha a cuore il nostro paese, e che conosce il sistema associativo come le sue tasche.
È questo che occorre? Qualcuno che conosca bene il sistema per rivoltarlo?
In Confindustria occorre entrare con l’aratro e rovesciare le zolle, altrimenti è destinata alla scomparsa. Va smontata e rimontata, ma per farlo, serve appunto qualcuno che la conosca benissimo, che vi abbia fatto una lunga gavetta, esattamente come Garrone, e che sappia passo passo riportarla ad avere il peso che merita. Altrimenti, come le ho detto, è finita.
Nunzia Penelope