Porta il titolo “Alé” il libro che Alessandra Servidori ha scritto per le edizioni Pendragon. E già nel titolo c’è la sintesi del tutto: il memoir, richiamato dal nome, Ale, ma anche lo spirito che l’ha condotta, sempre battagliera, attraverso le molte esperienze politiche e professionali della sua vita: Alé, appunto, ovvero farcela, anche quando sembra di no. ‘’Il racconto di una vita attraverso l’esperienza civica, sociale, economica, politica’’, recita il sottotitolo del volume, che l’autrice, tuttavia, preferisce definire ‘’un quaderno’’: ‘’non esageriamo’’, osserva con un certo understatement.
Docente universitaria, consigliera di diversi governi, componente del Comitato Consultivo Commissione Europea per le Politiche di Pari opportunità, nelle pagine del libro Servidori intreccia storie private e privatissime -la famiglia, l’amore, un aborto subìto con grande sofferenza, una figlia, Francesca, avuta con enorme gioia, così come i piccoli nipoti, Ettore e Alessandro- con vicende collettive: i cortei studenteschi, frequentati con gran scandalo della famiglia di origine, non esattamente ‘rivoluzionaria’, o gli angeli del fango di Firenze, epica prova che unì centinaia di giovani degli anni Sessanta nel salvataggio del patrimonio culturale devastato dall’alluvione del ’66. Ma anche la passione per la politica, ispirata dal nonno partigiano e socialista, e le prime esperienze lavorative, nate dall’esigenza di mettere insieme qualche spicciolo distribuendo volantini elettorali, o respirando l’odore delle barbabietole nelle campagne saccarifere dell’Emilia Romagna. “Eridania garantiva un ottimo compenso, che poi mi permise di esplorare Parigi nell’anno mitico 1970”: partita con 50 mila lire, e rimasta in Francia ben più del previsto lavorando come cameriera nelle brasserie.
Ma d’altra parte tutto il personale è sempre anche politico, come insegnavano gli slogan di un tempo; le vicende private di Servidori diventano cosi’ lo spunto per riflettere su temi più generali come la maternità e i suoi diritti, la tutela della disabilità, le discriminazioni di genere, la sanità, l’accoglienza. Capitolo a sé l’argomento lavoro, cui sono dedicate molte pagine del volume, a partire dal ricordo di quanto sul tema dell’occupazione fece, o cercò di fare, fino alla sua morte, Marco Biagi, a cui l’autrice era legata da un rapporto di amicizia e stima: “il lavoro di Biagi resta un faro straordinario per chi studia il trend del mercato del lavoro”. Così come una serie di riflessioni sui temi oggi assai attuali del salario minimo e i contratti nazionali, dell’inflazione, del Pnrr, ma arrivando poi anche alle recentissime guerre in Ucraina e Israele. In alcuni casi i capitoli assumono l’aspetto di veri e propri brevi e documentatissimi ‘’saggi’’ sul tema. Ma sempre con un riporto a qualche esperienza diretta, vita vissuta, osservazione personale. Nel capitolo ‘’Amore e sindacato’’ per esempio, tratta in parallelo l’esperienza nella Cgil all’epoca delle componenti, il ‘’settarismo’’ che per un lungo periodo caratterizzò la vita del sindacato, e la sua relazione, oggi quarantennale, con Giuliano Cazzola, conosciuto appunto nella Cgil dove entrambi lavoravano e suo marito dal 2013: “ci siamo sposati dopo trent’anni di un sentimento fortissimo che chiamarlo semplicemente affetto è sbagliato, e non parliamo poi d’amore’’.
Una parte importante del volume è dedicata a temi che riguardano le donne. Dai femminicidi alle molestie, sottolineando il fallimento sostanziale del Codice Rosso, all’occupazione, con lo scandalo di un paese dove alle donne l’accesso al lavoro è reso difficile da migliaia di assurdi ostacoli, alla differenza salariale che penalizza assurdamente le donne, alla ‘’marchetta della certificazione di genere’’. Giudizio pesante sui decisori: ‘’non se ne può più di mettere nell’agenda di governo e poi smuovere solo la sabbia”, sbotta Servidori, tanto più che relegando le donne ai margini “l’Italia non sta utilizzando al meglio una parte importante del suo capitale umano’’. Donne che non lavorano, ma nemmeno fanno figli, nell’Italia che si avvia verso il declino demografico, a differenza di quei paesi dove il tasso di occupazione femminile e quello di natalità virano verso l’alto, come per esempio la Svezia.
Nel volume si parla di maternità ma anche di aborto, su cui Servidori osserva: ‘’è sempre stato un argomento moralmente controverso, non se ne parla quasi mai se non in termini di dolore inconsolabile e di scelta drammatica e traumatica. Lo stigma e il senso di colpa vengono usati per rendere una scelta non davvero una scelta, ma una inevitabile ferita. Si dimentica spesso che l’alternativa all’aborto volontario è la gravidanza imposta. Che è una alternativa moralmente ripugnante, e che sarebbe anche una alternativa molto difficile da garantire, costituzionalmente vietata’’. E tuttavia, le difficoltà privatissime di compiere una scelta oggi sono aggravate dal dissesto del sistema sanitario nazionale, dallo smantellamento dei consultori, dall’obiezione di coscienza, ma non solo: l’autrice avverte che “contraccezione e aborto non vengono insegnati ai medici nelle facoltà di medicina, né alle ostetriche, né alle infermiere”; e dunque, “come si può imparare a svolgere il percorso della IVG”, a rapportarsi con le donne, con le giovani ragazze, se non se ne sente mai parlare nel corso di tutti gli anni di studio? Tranchant il giudizio sulla maternità surrogata: “non è un atto di libertà né un atto d’amore, la ritengo una forma di schiavismo”. Piuttosto, andrebbe reso più semplice il percorso delle adozioni, e ‘’per tutti’’, senza distinzioni di stato civile, genere, o altro.
Il tema donne torna infine nelle conclusioni, con un appassionato e personalissimo “manifesto” dell’amicizia e la solidarietà femminile: elemento essenziale, dice Servidori, per ‘’trovare comprensione nel proprio mondo interiore, abbracciare altre prospettive della vita, condividere pesi, sofferenze, paure, ma anche progetti, sogni, ideali’’.
Nunzia Penelope