Nel sempre ottimo Annuario del lavoro Vincenzo Bavaro ragiona di salario minimo sotto il titolo “Salario giusto contrattuale.” La battaglia per un salario decente è lunga come il lavoro salariato. E infatti l’autore ci da conto di una proposta di Legge del 14 maggio 1954 “avente come primi firmatari Teresa Noce e Giuseppe Di Vittorio, che prevedeva un salario minimo giornaliero di 800 lire per 8 ore giornaliere da rivalutare ope legis con la scala mobile.”
Del resto nei miei tre anni di Cgil siciliana (1999-2002), scartabellando vecchi documenti anche per celebrare Placido Rizzotto e le decine di sindacalisti ammazzati dalla mafia, salta fuori che quasi sempre le piattaforme rivendicative di quel periodo portavano al primo punto la richiesta che fossero rispettati i Contratti di lavoro.
Non è un caso che nel 1959 si arriva alla Legge Vigorelli (la n. 751). Una Legge sui minimi e la sostanza di una estensione erga omnes dei Contratti collettivi attraverso un loro “recepimento” tramite decreti ministeriali. Tutto al di fuori del contesto complessivo previsto dalla Costituzione (per intendersi non solo l’art. 36, ma pure il 39). La Corte costituzionale ritiene ammissibile tale normativa in ragione della sua temporaneità, transitorietà e straordinarietà. La stessa Corte abrogò, invece, la successiva disposizione di proroga del termine originariamente previsto, ritenendola in contrasto con la natura necessariamente transitoria e provvisoria di quel sistema di estensione dei Contratti collettivi in quanto non correlato alla applicazione dell’articolo 39.
E’ paradossale che si intenda intervenire sul trattamento contrattuale dei lavoratori aggrappandosi all’art. 36 della Costituzione seguitando ad aggirare l’articolo 39.
Pare che si tema una sia pur lieve “istituzionalizzazione” dei sindacati che a me parrebbe una buona cosa seppure nella forma lieve accennata. Vero che Cisl seguita a dichiararsi contraria, ma è pur vero che ne ha condiviso tante di leggi anche se intervenivano su normative contrattuali (vedi Art. 8 del Decreto 138 del 2011) e adesso è portatrice di una importante soluzione legislativa sulla “partecipazione” dei lavoratori nelle imprese. Si può anche osservare che nella premessa al Contratto del commercio (il più importante di tutti in quanto a numero di persone e imprese interessate) è detto con solennità (e a firma di tutti i contraenti) che “Le parti, ritengono tutt’ora necessario ribadire l’opportunità dell’emanazione di un apposito provvedimento legislativo, inteso a garantire il conseguimento della normalizzazione delle condizioni di concorrenza tra le aziende dei settori rappresentati mediante l’estensione generalizzata del presente sistema normativo contrattuale in tutte le sue articolazioni. In questo quadro le parti si impegnano a proseguire la loro azione presso Governo e istituzioni per conseguire l’approvazione del suddetto provvedimenti.”
Un esito della attuale procedura parlamentare che, intanto, approdasse a una tale soluzione sarebbe un bel progresso anche se rinviasse ad una fase successiva la soluzione del minimo.
Il Prof. Bavaro ci fornisce una ricognizione della situazione esistente in Europa nei suoi sviluppi anche recenti e dalla quale emergono difformità anche non lievi rispetto alle versioni correnti.
Con dati riferiti al 2021, la Slovenia, ha il salario minimo legale sotto i 7,50 euro corrispondenti ad una percentuale superiore al 60% del salario mediano; la Francia, pur avendo un salario minimo legale sopra gli 11 euro, è di poco al di sotto del 60% del salario mediano; la Germania, che nel 2021 aveva un salario legale sotto i 10 euro era al 40% del salario mediano (attualmente, con 12 euro è di poco sopra il 50% del salario mediano).
A quanto ammonta il salario mediano in Italia? Secondo il XXII Rapporto nazionale Inps presentato nel settembre 2023, che ha utilizzato soltanto i dati relativi al solo mese di ottobre 2022, la retribuzione mediana annua di un lavoratore full time è di 27.229 euro, che corrispondono a 80,60 euro al giorno, cioè – dividendo per 8 ore giornaliere – a circa 10 euro per ora di lavoro.
In Germania, dove nel gennaio 2022, il salario legale fissato a 9,82 euro l’ora era a una soglia inferiore a tutti i Contratti nazionali; quando nell’ottobre 2022, il salario legale è stato aumentato fino alla soglia di 12 euro l’ora almeno 5 Contratti nazionali (lavoro interinale, smaltimento rifiuti, industria delle carni, pittura e verniciatura, pulizie commerciali) dovevano necessariamente innalzare i salari orari previsti per i livelli più bassi.
E conclude come segue: “una legge siffatta (cioè la proposta n. 1275) aiuterà ad avere finalmente una forte contrattazione collettiva nel settore del multiservizi o degli operai agricoli? Aiuterà i sindacati a chiedere l’aumento anche dei salari che oggi sono a livello superiore i 9 euro, di una quota almeno proporzionata? La risposta credo spetti agli attori del sistema di relazioni industriali.”
Aldo Amoretti
Presidente Professione in Famiglia