Uno studio di Neodemos su dati Istat a proposito di natalità ci consegna risultati molto interessanti, che ridimensionano la questione sulla fondamentale situazione dei servizi alla prima infanzia. I quali, contrariamente a quanto abbiamo sempre affermato, influenzano relativamente i comportamenti riproduttivi perché abbiamo delle differenze territoriali italiane sostanziali, sia per i servizi pubblici che privati, anche in base all’età dei genitori, e in modo differenziato in base al livello d’istruzione e alla condizione occupazionale.
Certo l’istruzione ha un ruolo importante nel modulare il legame tra servizi alla prima infanzia e comportamenti riproduttivi: gli effetti positivi dei servizi pubblici si manifestano in modo più marcato tra le donne e uomini poco o mediamente istruiti, mentre gli effetti positivi della disponibilità di servizi privati si concentrano soprattutto tra donne con un livello più elevato di istruzione.
Attenzione perché non vi sono evidenze che gli asili nido abbiano un impatto differenziato per coloro che sono occupati rispetto a coloro che non lo sono. Dunque l’aumento della disponibilità di servizi educativi per la prima infanzia, sebbene fondamentale sotto diversi aspetti, tra cui la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non sarà sufficiente da solo a invertire i trend negativi della fecondità.
In buona sostanza bisogna operare per un completo progetto di politiche che, unite sinergicamente, possono consentire alle persone di realizzare i loro desideri di avere (più) figli di quelli che attualmente hanno.
E sull’occupazione quindi il governo a livello nazionale e territoriale deve prioritariamente, insieme all’inverno demografico che sta colpendo anche l’Europa, accelerare su strumenti finanziati con il Fondo sociale europeo, sulla contrattazione di prossimità, sulla bilateralità per accedere a congegni di flessibilità lavorativa, sull’accesso agevolato al credito per i giovani- coinvolgendo anche le Fondazioni per creare un sistema economico che sostenga gli interessi collettivi e non la filantropia sterile.
Dunque la politica faccia scelte coraggiose e costruisca un piano uniforme e straordinario interdisciplinare solidaristico per la natalità territoriale e intergenerazionale e vada oltre la politica delle decontribuzioni alle aziende e alle pseudo certificazioni di parità di genere, che rappresentano aspirina in una Italia ammalata gravemente con sempre meno giovani e sempre più cronicamente anziana.
Alessandra Servidori